Si è svolto senza grandi incidenti il temuto viaggio del presidente serbo. Vucic elogia Milosevic, ma non rilancia le sue promesse ai serbi del Kosovo, né parla dello scambio di territori con Pristina che potrebbe chiudere la questione. La sua linea ondivaga però ha i giorni contati
Belgrado – Il presidente serbo Aleksandar Vucic ha trascorso lo scorso weekend in Kosovo in una due giorni fitta di incontri e visite tra i serbi del nord. La visita ufficiale si è svolta senza grandi incidenti – se non per i blocchi stradali attorno a Banja che hanno impedito che Vucic facesse visita all’enclave serba dove vivono trecento persone. Il discorso di domenica davanti alla folla di Mitrovica invece, non verrà ricordato come un discorso storico, e forse oggi tra i serbi del Kosovo c’è maggiore consapevolezza circa il proprio destino.
Le premesse e le promesse
Solo due giorni prima della visita ufficiale, Aleksandar Vucic e il presidente kosovaro Hashim Thaci erano a Bruxelles per un altro round di negoziati con l’Alto rappresentante Ue Federica Mogherini: ma non c’è stato alcun meeting trilaterale, i due presidenti hanno discusso con la Mogherini in forma bilaterale in due incontri separati. Simultaneamente, infatti, Pristina aveva intimato a Belgrado di non fare provocazioni su suolo kosovaro. E se fino all’ultimo la visita di Vucic è sembrata sul punto di saltare, le aspettative che sarebbe andato in scena un altro episodio del teatrino che vede coinvolti i due attori balcanici sono state alte per tutto il weekend.
Dopo un’estate passata a ventilare l’ipotesi di uno scambio di territori su base etnica, la prima tappa della visita di Vucic in Kosovo presso il lago artificiale di Gazivode è sembrata confermare questo scenario. Situato a ridosso del confine sud della Serbia e per il 70% su suolo kosovaro, con il piano di ridefinizione dei confini questo bacino d’acqua di fondamentale importanza economica ed energetica passerebbe totalmente sotto l’autorità di Belgrado. Ed era stata proprio la visita a Gazivode che aveva generato l’insofferenza di Pristina, che da quel bacino d’acqua dipende sia per l’approvvigionamento idrico che elettrico.
Nel pomeriggio di sabato, il presidente serbo ha fatto una serie di promesse che riguardano investimenti e nuovi posti di lavoro nella regione attorno a Gazivode, che di fatto avrebbe un unico obiettivo: la permanenza della popolazione locale, ovvero “la sopravvivenza del popolo serbo”, come si ripete da diverso tempo a Belgrado.
La versione di Aleksandar
Nella mattinata di domenica, invece, era in programma la visita all’enclave serba di Banje, piccolo villaggio di trecento persone, ma in cui il presidente serbo non è mai arrivato. La polizia kosovara ha infatti bloccato la strada a Vucic, a cui Pristina aveva espressamente vietato di recarsi a Banje. Inoltre, sulle strade che portano a questo villaggio si sono riversate centinaia di albanesi (tra cui diversi veterani dell’Uck) che hanno improvvisato dei blocchi stradali con tronchi d’albero, macchine agricole e copertoni in fiamme per impedire il passaggio a Vucic. Diversi media riportano anche di attacchi contro giornalisti a bordo di auto con targhe serbe, tra cui due giornaliste di Deutsche Welle. La Tv nazionale serba Rts riporta che le barricate sarebbero state organizzate dalle autorità dei comuni circostanti, su esplicito ordine del presidente del parlamento kosovaro Kadri Veseli.
Vucic ha fatto quindi dietrofront in direzione di Mitrovica.
Se la giornata di sabato era sembrata avvalorare l’ipotesi che la Serbia sarebbe presto tornata in possesso dei territori a nord dell’Ibar o che comunque ci si stia avvicinando ad una soluzione della questione, la giornata di domenica si è svolta secondo i tradizionali crismi della diplomazia nella regione, dove dimostrazioni di forza e parole di carattere nazionalista si prendono il palcoscenico.
Ad attendere Vucic sulla piazza di quella che di fatto è la capitale dei serbi del Kosovo, c’erano migliaia di persone. Forse non tutte, ma molte probabilmente si aspettavano la versione di Aleksandar dello storico discorso di Milosevic a Gazimestan del 1989, quando il leader serbo conquistò definitivamente il cuore dei nazionalisti in quello che fu il tramonto della Jugoslavia socialista. Non è andata così. O almeno, Vucic non ha citato Milosevic, ma l’ha comunque omaggiato: “Milosevic è stato un grande leader serbo, le sue intenzioni erano sicuramente le migliori, ma i risultati sono stati molto peggio. Non perché lui volesse questo, bensì perché gli obiettivi non erano realistici, e perché abbiamo trascurato gli interessi e le ambizioni degli altri popoli. E per questo abbiamo pagato il prezzo più caro e più pesante”.
Per quanto questo aperto elogio a Milosevic abbia riportato alla memoria il decennio di guerre e l’idea che la convivenza tra serbi e albanesi nella regione sia impossibile, il discorso di Vucic ha lasciato molta più rassegnazione tra i serbi del Kosovo di quanto non fece il suo predecessore quasi trent’anni fa. Alla folla di Mitrovica, Vucic non ha parlato né di scambio di territori né di soluzioni definitive, ma si è limitato a promettere che la Serbia non permetterà che ai serbi del Kosovo venga sottratto con l’uso della forza quel che è loro. Ma a parte questa, le promesse del presidente si sono limitate alla retorica e il discorso di Mitrovica sembra riflettere la sua politica ondivaga, in costante oscillazione tra il desiderio di preservare le istituzioni serbe in Kosovo ma anche la pace e la stabilità. E mentre il tempo preme verso un compromesso definitivo, questi due elementi non sembrano essere compatibili l’uno con l’altro.
@Gio_Fruscione
Si è svolto senza grandi incidenti il temuto viaggio del presidente serbo. Vucic elogia Milosevic, ma non rilancia le sue promesse ai serbi del Kosovo, né parla dello scambio di territori con Pristina che potrebbe chiudere la questione. La sua linea ondivaga però ha i giorni contati