Mentre tutti gli occhi erano puntati su San Pietroburgo in attesa della riapparizione di Putin, un bel po’ più a nord, 80mila soldati russi affollavano i ghiacci e i mari artici in una delle più grandi esercitazioni militari che si ricordino. È l’ennesima prova che la Russia al Polo fa sul serio.
Secondo RT, l’imponente esercitazione durata cinque giorni serve a prevenire uno scenario terroristico e a pacificare l’artico. Se nessuno di noi aveva prima d’ora avuto notizia di un imminente pericolo terroristico al Polo probabilmente è perché non disponiamo del sistema di informazioni dei servizi segreti militari russi. Non c’è altra spiegazione.
L’ordine di mobilitazione generale, partito da Putin ma diramato dal ministro della Difesa, Dmitri Shoigu, ha davvero smosso le acque dei mari del nord. La bellezza di 80mila soldati, 220 aerei, 41 navi e 15 sottomarini hanno giocato a fare la guerra a sommergibili e corazzate virtuali. Tipici mezzi usati dai terroristi. Un’imponenza paragonabile all’intera dotazione di un esercito nazionale di media grandezza. Fanno davvero così paura i terroristi artici?
Gli occhi sul Polo
Le grandi manovre di qualche giorno fa son solo l’ultima mossa di Mosca nel Grande nord, e l’ennesima riprova che la Russia al Polo fa sul serio.
Putin in persona non ha mai fatto segreto di puntare alla conquista dei ghiacci artici (e soprattutto del loro sottosuolo). Finora, non con mezzi militari, bensì accampando un diritto esclusivo di sfruttamento. Sempre di più, però, queste pretese vanno di pari passo a dimostrazioni muscolari e a ben più concrete mosse di militarizzazione dell’Artico.
Nemmeno un anno fa, Putin ha dato il via a un programma pluriennale per ripristinare numerose basi militari nel Nord russo. Entro la fine di quest’anno saranno rimesse in esercizio 10 basi aeree in disuso dai tempi dell’Urss, che porteranno il totale delle basi nell’estremo nord a 14. Entro la fine del 2016 sarà poi terminata la base di Nagurskoye, sulla Terra di Francesco Giuseppe, la più a nord di tutte. Da sola, un investimento di 130 milioni di dollari. Intanto a dicembre si è completata la creazione del super-distretto militare con l’entrata in funzione del comando dell’Artico, che raggruppa sotto di sé tutta la forza di aria, terra e mare dislocata al Polo.
“Ancora una volta voglio sottolineare che non stiamo avviando alcuna militarizzazione dell’Artico”, ha detto Putin a dicembre. “Le nostre azioni nella regione sono misurate e ragionevolmente moderate”.
Oro bianco
Le mire espansionistiche nel Nord risalgono al 2007, quando un sottomarino robot piantò la bandiera russa sul fondo marino nel punto esatto del Polo. “L’Artico appartiene alla Russia. Il Polo nord è un’estensione della placca continentale russa“, disse il capo missione Arthur Chilingarov. Da allora, il tema si è fatto sempre più serio.
Secondo gli scienziati la calotta polare artica si è ridotta del 40 per cento negli ultimi vent’anni ed è destinata a scomparire nel giro di un’altra decina. Succhiare gas e petrolio dove ora c’è ghiaccio non sarà più impossibile. L’Artico si appresta a essere un duro campo di battaglia tra la Russia e gli altri Paesi artici, Stati Uniti e Canada prima di tutti, e Chilingarov è l’uomo chiave. Il ghiaccio polare che si sta sciogliendo sta per liberare un’immensa ricchezza in termini di gas e petrolio: riserve stimate nel 10-15% di tutto il petrolio e addirittura nel 30% di tutto il gas non ancora scoperti rendono l’Artico il più grande giacimento di risorse naturali ancora non sfruttate. Il gigante di stato Gazprom ha investito finora miliardi di dollari in prospezioni e progetti di sfruttamento. Il suo fiore all’occhiello, da solo costato 6 miliardi di dollari, è il progetto Prirazlomnaja, la gigantesca piattaforma marina dell’affaire Greenpeace del 2013.
Se per qualcuno il presso in discesa del petrolio e la situazione economica in Russia avevano fatto accantonare il progetto artico, queste esercitazioni sono la dimostrazione del contrario.
@daniloeliatweet