Adrian Paci è nato in Albania quasi cinquant’anni fa, ma da una ventina vive e lavora a Milano, cui è arrivato grazie ad una borsa di studio e a cui è tornato dopo pochi anni di insegnamento di Storia dell’arte all’Università di Scutari, sua città natale. Dopo la fine della dittatura nel 1992, e dopo i nuovi disordini del 1997, Paci ha infatti scelto di lasciare la sua terra, e da allora il suo lavoro è quasi totalmente rivolto a raccontare la sua storia e quella del suo paese.
Racconti che si susseguono tramite progetti artistici – fotografici, scultorei, installativi – rimarcando come l’arte abbia sempre avuto un ruolo cruciale nella sua esistenza, fin da quando rappresentava un mondo di possibilità da sfogliare sui libri ed i cataloghi del padre pittore, quando veniva considerata uno strumento ambivalente – perchè a servizio della propaganda o della denuncia – ed in seguito quando divenne una scelta di vita consapevole.
Perché è quasi inutile precisare che Paci ha fatto parte di quella generazione di giovani che, pur essendo cresciuti nella morsa e nella paura del regime, hanno contribuito attivamente alla caduta del sistema politico albanese di inizio anni Novanta. Non senza che questo lasciasse un segno. “La dittatura in Albania è durata cinquant’anni ed una delle sue caratteristiche era la riduzione totale dello spazio privato, intimo. Non soltanto era impensabile costruire un pensiero alternativo e proclamarlo pubblicamente, ma era quasi impossibile ritirarsi nel privato per fare quel che si desiderava.”
Gran parte della riflessione di Adrian Paci è dedicata alla tematica della perdita, dell’abbandono forzato della propria terra per offrire a sé stessi e alla propria famiglia un futuro più sereno. L’esperienza dell’emigrazione, espressa attraverso il racconto del ricordo personale ma soprattutto condiviso, racconta molto più vividamente le dinamiche sociali e politiche del suo paese che non i fatti di cronaca stessi. La sensibilità nei confronti della storia dei suoi connazionali è molto più significativa a livello poetico e di condivisione con il pubblico, ed è il motivo per cui le sue opere ad oggi hanno incontrato l’interesse di privati ed Istituzioni a livello internazionale.
Secondo la curatrice Gabi Scardi “Per Adrian Paci l’arte è ricerca di senso indotta da necessità interiori, e un modo attivo di pensare la contemporaneità. Nel suo lavoro convivono l’osservazione per le dinamiche sociali del presente, l’attenzione per la densità simbolica dei gesti e un interesse per le possibilità interpretative delle immagini che nasce dalla profonda familiarità con la storia dell’arte.”
Ne sono un esempio lavori come Apparizione del 2001, una ripresa video che mostra la figlia di Paci recitare una parte di una filastrocca in albanese, filastrocca che viene conclusa in una seconda ripresa da tutti i parenti rimasti a Scutari. L’opera di Paci è un omaggio al legame che lo unisce alla famiglia lontana e allo stesso tempo una riflessione sulla difficoltà di alimentare questi rapporti umani, sempre meno intimi a causa della lontananza fisica e geografica. Non che il video sia il suo media favorito, ma la scelta di utilizzare un canale di comunicazione piuttosto che un altro è fondamentale nella ricerca di Paci ”Tu come artista non devi raccontare agli altri i tuoi problemi, né mostrare la tua bravura o le tue mancanze, il tuo virtuosismo o la tua incapacità. Tu devi stabilire un rapporto con qualcosa. Il video era il filtro necessario e quello più immediato – non vuole compiacersi di sé come mezzo, né desidera compiacere il suo autore.”
L’ultima occasione in cui i lavori di Paci sono stati raccolti in una personale in Italia è la mostra The Guardians, prorogata fino al 1 ottobre 2017 nel Complesso Museale dei Chiostri di Sant’Eustorgio di Milano.
Il percorso espositivo presenta un’importante panoramica della produzione di Paci, spaziando da fotografie e video, a sculture e mosaici, ripercorrendo i diversi periodi creativi dell’artista, che ha da poco dichiarato la sua intenzione di riprendersi tempo e spazio per la pittura, sua vocazione e suo primo amore.
@benedettabodo
Adrian Paci. The Guardians
28 marzo – 01 ottobre.2017
Museo Diocesano Carlo Maria Martini, Milano
http://www.clponline.it/mostre/adrian-paci-guardians
Racconti che si susseguono tramite progetti artistici – fotografici, scultorei, installativi – rimarcando come l’arte abbia sempre avuto un ruolo cruciale nella sua esistenza, fin da quando rappresentava un mondo di possibilità da sfogliare sui libri ed i cataloghi del padre pittore, quando veniva considerata uno strumento ambivalente – perchè a servizio della propaganda o della denuncia – ed in seguito quando divenne una scelta di vita consapevole.