Zehra Dogan scrive, dipinge e racconta. È colpevole di usare i suoi pennelli contro gli oppressori.
Pochi segni geometrici sul muro a evocare simbolicamente i giorni, tutti uguali, dietro le sbarre di una prigione.
Un volto di una donna, unica concessione figurativa in una composizione minimale e asciutta, quello di Zehra Doğan (1989) artista e giornalista curda con cittadinanza turca.
Sotto una scritta che recita “Free Zehra Dogan”.
Banksy, noto writer britannico, dedica questo a Zehra nel 2018.
Il suo murales di 20 metri è in uno spazio pubblico di New York, a Manhattan nel Lower Est Side, ben visibile.
E’ un gesto di solidarietà intenso ed energico per la sua “collega” Zehra Doğan, arrestata in Siria nel 2016 da Erdogan, colpevole di aver rappresentato la violenza della guerra attraverso un dipinto in cui si raccontava la distruzione di una cittadina a maggioranza curda –Nusaybin- da parte delle forze di sicurezza turche. L’azione della ventinovenne infatti fu considerata “propaganda terroristica” nei confronti dello Stato, avendo postato lei stessa l’opera sui social.
Zehra scrive, disegna, dipinge frammenti di vita, e utilizza tutti i mezzi (carta stampata, pittura, parole, web) per raccontare fatti scomodi, rappresentando la feroce realtà che ogni giorno si traduce in paesaggi di rovine e in diritti calpestati.
Poco conosciuta agli occhi di molti come artista, sicuramente oggi la fama e la storia di Zehra Doğan sono sulle strade di una delle città più famose del mondo e sulla bocca di chi scrive e legge di lei e delle sue difficoltà, come artista e come donna curda.
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Zehra Dogan scrive, dipinge e racconta. È colpevole di usare i suoi pennelli contro gli oppressori.