Non si può prescindere dal mare per creare sviluppo nel nostro paese. Nel 2011 le attività riconducibili all’economia del mare hanno generato un valore complessivo di € 41 miliardi, pari al 2,9% del PIL.
Solo per fare un paragone, le telecomunicazioni che sembrano essere la spina dorsale di ogni moderna economia si fermano a €22 miliardi di valore aggiunto. Per non parlare poi del numero di occupati del settore dell’economia del mare, circa 800 mila, rispetto al settore finanziario-assicurativo che ne occupa circa 640 mila. In termini regionali, ad esempio, in Liguria il valore aggiunto prodotto dall’economia del mare fa segnare un’incidenza a due cifre sul totale regionale, pari all’11,9% del PIL; un peso che non si registra in nessun altra regione italiana. Il sistema mare fa parte quindi a pieno titolo del sistema Italia. Un valore, quello generato dall’economia del mare, determinato non solo dalle attività economiche che ne fanno parte direttamente, ma rintracciabile anche in tutte quelle attività che vengono attivate indirettamente, tanto a monte quanto a valle della filiera. Pertanto, attraverso questi calcoli, i €41 miliardi prodotti nel 2011 costituiscono l’input di un valore complessivo totale pari a €118 miliardi. Sotto il profilo internazionale,va certamente segnalata anche la crescita dell’interscambio commerciale dell’Italia con il mondo avvenuta via mare tra il 2001 ed il 2012: il valore riferibile all’attività commerciale via mare è cresciuto dal 23,8% al 27,9%, per quanto riguarda le esportazioni; il peso relativo, invece, delle importazioni è cresciuto ad un ritmo ancora più elevato (dal 26,4% al 34,7%), ampliando il differenziale di specializzazione con i flussi in uscita.
Le sfide future
Ma quale futuro per l’economia del mare? Quanto le dinamiche internazionali potrebbero influire sul sistema mare, soprattutto sul settore del trasporto merci, che di quei €41 miliardi prodotti nel 2011 è il settore che ha la più alta capacità di generare moltiplicatore economico? Il confronto con i porti del nord Europa (si veda grafico qui sotto) resta impietoso nei numeri, e la loro efficienza è tale da riuscire a convincere gli spedizionieri ad allungare i giorni di viaggio dall’Asia pur di servirsi di Anversa o Rotterdam.
Nuove rotte commerciali. Inoltre, come se non bastasse, a settembre del 2013 la nave cinese Yong Sheng partita da Dalian (Cina) ha raggiunto Rotterdam senza attraversare Suez servendosi della via artica e scrivendo quindi una pagina di storia, con il primo carico commerciale che effettua quel tragitto. E’ vero che si tratta di una rotta percorribile oggi pochi mesi all’anno e con l’ausilio di navi differenti ma, a fronte di 15 giorni in meno di navigazione e di un risparmio notevole sui costi di assicurazione (vista la mancanza di pirati nell’area), ogni tentativo è lecito. Percorrendo questa via, infatti, i tempi di navigazione ed i costi di carburante subirebbero un drastico calo. Inoltre, i costi per affittare una rompighiaccio russa che apra la strada – quando necessario – sono inferiori ai diritti di passaggio per Suez o Panama.
Nuove rotte artiche
Non è un caso infatti che Panama, attualmente nel pieno dei lavori per l’allargamento del suo canale, si preoccupi delle nuove rotte artiche, e che Singapore – città all’ingresso di uno dei colli di bottiglia più importanti del pianeta per il traffico marittimo, lo stretto di Malacca – abbia di recente aderito al Consiglio artico come osservatore permanente, quasi a voler monitorare da vicino un cambiamento che sul lungo periodo potrebbe trasformarla in una Venezia del 21° secolo, tagliata fuori dalle nuove rotte commerciali proprio all’apice del suo splendore. D’altra parte, la Russia, padrona del tratto di mare percorribile, sta già investendo in infrastrutture di assistenza lungo la rotta, con le naturali importanti implicazioni geopolitiche che ne conseguono.
Per tutte queste ragioni, dunque, i porti del Mediterraneo e Genova, in particolare, non possono stare a guardare. Oltre a tener conto di quelle che sono le nuove sfide che la geopolitica del mare pone al nostro paese, è utile valutare anche quali invece sono le opportunità che occorre cogliere per valorizzare le potenzialità della nostra posizione geografica. Nuovi mercati si affacciano, infatti, e nuove rotte potrebbero aprirsi. Il Nord Africa, ad esempio, costituisce un mercato interessante per l’Italia, considerata la possibilità di incrementare le Short Sea Shipping (SSS) (il trasporto marittimo a corto raggio)tra le due sponde. La navigazione a corto raggio è un segmento di mercato che presenta per l’Italia, infatti, ampi margini di crescita sia per l’impulso delle politiche comunitarie e nazionali per lo sviluppo dell’intermodalità (tipologia particolare di trasporto, effettuato, come dice il nome, con l’ausilio di una combinazione di mezzi diversi), sia per il processo di integrazione economica e commerciale dell’area mediterranea. L’Italia in quest’ambito gode dunque di vantaggi strategici importanti: nel 2009, ad esempio, si è attestata quale leader tra i Paesi dell’Ue 27 per il trasporto di merci in SSS nel Mediterraneo con 235,6 milioni di tonnellate, pari al 41,6% del totale.
Non si può prescindere dal mare per creare sviluppo nel nostro paese. Nel 2011 le attività riconducibili all’economia del mare hanno generato un valore complessivo di € 41 miliardi, pari al 2,9% del PIL.