Tutte le religioni privilegiano l’istruzione dei bambini nelle proprie credenze. È la chiave della loro sopravvivenza.

La parola “religione” deriva dal Latino “religare”, cioè “legare” o “vincolare”. Se la fede ha il compito di “vincolare” i credenti, è fondamentale istruire i bambini sulle confessioni e le appropriate pratiche religiose. Questo è il punto di base per la diffusione e la sopravvivenza di tutte le religioni, antiche e moderne, e pertanto non è trascurabile.
Solitamente impartita dal clero, l’istruzione religiosa rientra anche tra le responsabilità della famiglia e della comunità più allargata dei credenti. L’impegno della famiglia e di agenti esterni in questo senso varia a seconda del paese e della confessione religiosa.
A volte, dalla predominanza di una confessione in una società scaturisce l’obbligo per le famiglie di garantire l’istruzione religiosa dei propri figli. In questi casi, le minoranze religiose sono indotte, o obbligate per legge, a frequentare lezioni sulla religione dominante. In quei paesi musulmani dove l’ordinamento giuridico incorpora i precetti della Sharia, l’islam è presente nel curriculum scolastico di ogni istituto, compresi quelli di diverso orientamento religioso, tra cui i cristiani.
Nella maggioranza delle nazioni occidentali, l’istruzione religiosa è trattata nelle scuole spesso come attività extracurriculare facoltativa e su richiesta delle famiglie. La difficoltà nel reperire insegnanti di ogni confessione religiosa potrebbe innescare un dibattito pubblico e creare tensioni all’interno della comunità educativa.
Generalmente, il punto di partenza dell’istruzione religiosa è la spiegazione delle feste più importanti: il Ramadan per i musulmani, il Natale per i cristiani, la Pasqua ebraica per gli ebrei e il Vesak per i buddisti. La dottrina è adattata, nella forma e nella sostanza, per essere compresa dai bambini.
Anche la preghiera è pratica comune. Spesso gli studenti esaminano il ruolo delle Sacre scritture e della tradizione orale nelle rispettive religioni. Ai cristiani ortodossi, ai cattolici e agli evangelici si insegna la Bibbia, analizzata con particolare enfasi in seno alle confessioni protestanti. I bambini musulmani vengono istruiti sul Corano, che per i seguaci dell’islam contiene la rivelazione di Allah al profeta Maometto. I bambini ebrei studiano la Torah, i primi cinque libri della Bibbia ebraica, e gli studenti indù la Bhagavad Gita, testo nel quale vengono spiegati l’etica personale e il dovere, oltre che il rapporto dell’uomo con la divinità.
Gli alunni imparano storie della creazione, nomi e simboli: la croce per i cristiani, la stella di David per gli ebrei, e la luna crescente per i musulmani.
Vengono istruiti sui precetti riguardanti la nutrizione: per gli ebrei e i musulmani, il divieto di mangiare maiale o i molluschi; per i cristiani, l’astensione dalla carne i venerdì di quaresima; per gli induisti, il divieto di cibarsi della carne delle mucche, considerate sacre; per i monaci buddisti l’astensione dal cibo solido dopo mezzogiorno, oltre che il digiuno nei giorni di luna nuova e di plenilunio.
Lo scopo più importante è trasmettere ai bambini i valori e i principi della religione della loro comunità.
Nel cristianesimo, l’istruzione religiosa si impartisce prevalentemente attraverso la catechesi con l’insegnamento del Vangelo. Nella Chiesa cattolica, questo inizia in parrocchia preparandosi alla prima comunione, sacramento che i bambini cattolici ricevono all’età di sette anni. Nella confessione protestante, con la sua enfasi sullo studio della Bibbia, le lezioni si tengono nelle chiese, prima della messa domenicale. Nel mondo musulmano, i bambini imparano a leggere l’arabo (anche se non risiedono in un paese di lingua araba) e memorizzano i principali capitoli (i Surah) del Corano e alcune regole della Sharia. In molti paesi musulmani esistono scuole islamiche statali (le madrasah) frequentate soprattutto da ragazzi, talvolta anche da ragazze, che studiano separatamente. I bambini ebrei, destinatari di un’educazione tradizionale, studiano l’ebraico della Bibbia, imparando brani tratti dalla Torah e dal Talmud. Il luogo dove un tempo, il precettore insegnava ai suoi alunni era l’heder, che significa “stanza”.
Al giorno d’oggi, nell’heder si svolgono lezioni extracurriculari di religione sotto il controllo della Sinagoga. Alle lezioni partecipano anche le ragazze, che studiano insieme ai ragazzi o in gruppi separati. Dopo l’heder, si può proseguire lo studio del Talmud frequentando una yeshivah (una “sessione”). La Bhagavad Gita, il sanscrito e la filosofia vedica, oltre ad altri testi sacri – le Upanishad – sono la materia di studio dei giovani induisti indiani, nelle scuole religiose e in quelle laiche. Nel Buddismo, le scuole dhamma forniscono ai bambini gli strumenti spirituali adatti a perseguire un “modo giusto” di vivere, secondo i valori buddisti.
L’istruzione religiosa non dovrebbe essere confusa con l’educazione religiosa, e cioè l’insegnamento delle religioni, della loro storia e dottrina, intesa come materia di cultura generale. Nonostante sia incentrata sull’apprendimento di nozioni neutrali riguardanti diverse religioni nel mondo, questa seconda opzione è ancora controversa. Le minoranze potrebbero temere che la confessione religiosa più diffusa di un paese finisca per dominare sia l’educazione che l’istruzione religiosa.
Anche gli atei e gli agnostici ritengono che i loro valori debbano essere insegnati nelle scuole, una posizione che è spesso fonte di irritazione tra i credenti. In generale ci si aspetta che i bambini – quale che sia la loro confessione religiosa – imparino i precetti della loro fede, e, che soprattutto, capiscano i motivi per osservarli.
Tutte le religioni privilegiano l’istruzione dei bambini nelle proprie credenze. È la chiave della loro sopravvivenza.