Anno 1976, Martigny, Svizzera. L’ingegnere, artista e mecenate Léonard Gianadda avvia i lavori di costruzione della propria abitazione a pochi passi dall’entrata del Passo del Gran San Bernardo – una delle poche vie che le Alpi hanno concesso per collegare l’Italia e la Svizzera – imbattendosi dopo poco tempo nei resti sepolti e dimenticati del più antico tempio gallo-romano del paese, dedicato a Mercurio.
Fu così che Gianadda decise di convertire il progetto da casa privata a centro culturale – provvisto di uno spazio per le esposizioni temporanee, un museo romano, un museo dell’automobile, un parco delle sculture, una piccola collezione permanente e una sala di concerti – e di dedicarlo alla memoria del fratello Pierre, scomparso prematuramente nello stesso anno.
Anno 2016, da quarant’anni la Fondazione Gianadda opera con successo nel panorama artistico internazionale, con oltre 6 milioni di passaggi ed una pacifica cittadina vallesana che è divenuta una piccola capitale dell’arte moderna e contemporanea. L’ultima esposizione della Fondazione – a cavallo tra la fine del 2015 e l’inizio di questo nuovo anno – è anche la prima grande retrospettiva svizzera dedicata ad uno dei più grandi pittori contemporanei, il franco-cinese Zao Wou-Ki, scomparso due anni fa proprio tra i pendii del Canton Vaud.
Nato a Pechino nel 1920, Zao Wou-Ki crebbe a Shanghai e, figlio di intellettuali e letterati, studiò alla prestigiosa Accademia d’Arte di Hangzhou, manifestando da subito il suo interesse nei confronti della pittura occidentale. La sua vocazione lo spinse in giovane età a trasferirsi nella Parigi di metà Novecento, dove entrò presto per merito nella cerchia aurea di artisti dell’epoca, un gruppo eccezionale famoso per i sodalizi umani e professionali, solo per citarne alcuni, tra Mirò, Giacometti, Leger, Dubuffet, Hans Hartung, Joan Mitchell.
Zao Wou-Ki divenne francese a tutti gli effetti nel 1964, assorbendo nel frattempo tutte le influenze occidentali dell’epoca: impressionismo e cubismo picassiano, la pittura segnica di Klee e il modernismo, l’attrazione nei confronti dell’astrattismo. È così che Zao Wou-ki iniziò ad incamerare e trasformare forme e colori, ad elaborare superfici segnate e grandi vuoti, a mescolare le tradizioni e gli insegnamenti dei suoi maestri al suo senso di appartenenza europeo, lasciando che la sua essenza si imprimesse ed esprimesse sulla tela. Un’essenza fatta di trasparenze d’inchiostro, scritture orientali e spazialità prospettiche, di sospensioni dai colori vividi e di paesaggi onirici, per giungere all’espressione ultima attraverso la scelta del monocromo.
Il critico d’arte Henri Michaux “I tratti finissimi del suo disegno a zigzag, infedelmente esatti, danno un’idea del paesaggio senza tracciarlo e regalano una vitalità inedita agli sfondi”.
La Fondazione Pierre Gianadda ha raccolto in un percorso ascensionale una cinquantina di dipinti ad olio ed una trentina di opere su carta dell’artista, invitando i visitatori a seguire le numerose fasi della vita di Zao Wou-ki, passando dalla ricerca cromatica alle sperimentazioni su grandi dimensioni, dagli acquerelli e gli olii alla dedizione nei confronti della litografia e dei disegni a china.
Sessant’anni di carriera, un viaggio nell’arte di un pittore che ha realmente tratteggiato un collegamento tra Oriente ed Occidente, e l’ha fatto con pennello ed inchiostro.
@benedettabodo
ZAO WOU-KI
Fondazione Pierre Gianadda, Martigny
4 dicembre 2015 – 12 giugno 2016
http://www.gianadda.ch
Anno 1976, Martigny, Svizzera. L’ingegnere, artista e mecenate Léonard Gianadda avvia i lavori di costruzione della propria abitazione a pochi passi dall’entrata del Passo del Gran San Bernardo – una delle poche vie che le Alpi hanno concesso per collegare l’Italia e la Svizzera – imbattendosi dopo poco tempo nei resti sepolti e dimenticati del più antico tempio gallo-romano del paese, dedicato a Mercurio.
Fu così che Gianadda decise di convertire il progetto da casa privata a centro culturale – provvisto di uno spazio per le esposizioni temporanee, un museo romano, un museo dell’automobile, un parco delle sculture, una piccola collezione permanente e una sala di concerti – e di dedicarlo alla memoria del fratello Pierre, scomparso prematuramente nello stesso anno.