Ieri sono ufficialmente terminate le elezioni in India ed è arrivato il temuto momento degli exit poll, portatori di euforia e disperazione, dispensatori di lavoro per schiere di giornalisti e opinionisti in fuga perenne dall’horror vacui da homepage. Modi ha stravinto? Parrebbe di sì.

Premessa importante: gli exit poll in India sono tradizionalmente noti per essere decisamente poco affidabili, tanto che cercando nemmeno troppo a fondo tra i media indiani si trovano pezzi ad hoc, come quello uscito sull’Economic Times che, in fondo, spiega:
In una società profondamente gerarchica e suddivisa in caste come quella indiana, quasi tutte le élite dichiarano il proprio voto senza paura, a differenza dei gruppi sociali subalterni. La reticenza delle minoranze, dei dalit e delle caste più basse a parlare apertamente del proprio voto – temendo rappresaglie – è un altro fattore determinante per lo spostamento di dati riguardo raggruppamenti di casta, religione e minoranze. E il partito che di solito prende quei voti rischia di essere penalizzato [dagli exit poll].
Detto questo, l’incognita della cosiddetta Modi Wave potrebbe stravolgere il ragionamento di cui sopra, a fronte di exit poll sui media indiani che unanimemente danno la coalizione della National Democratic Alliance (Nda) – guidata dal Bjp di Narendra Modi – in enorme vantaggio rispetto alla United Progressive Alliance (Upa) capeggiata dall’Indian National Congress (Inc) di Rahul Gandhi. In numeri assoluti, le proiezioni danno all’Nda tra i 250 e i 280 seggi, lasciano l’Inc intorno al centinaio di deputati eletti. Considerando che per formar un governo sono necessari 273 seggi, i giornali e le televisioni indiane hanno dato ampio spazio all’equazione “in testa negli exit poll = vittoria”, annunciando l’avvento di un ineluttabile Modi Sarkar (governo Modi).
Nel 2009, ad esempio, gli exit poll davano per certa la vittoria del Bjp, salvo essere stati in seguito completamente sbugiardati dalla conta finale (che quest’anno terminerà venerdì prossimo, 16 maggio), con la vittoria dell’Inc. Insomma, c’è da stare cauti, ma si può iniziare un’analisi a spanne del voto 2014 in India.
Negli stati meridionali di Tamil Nadu e Kerala il Bjp si è confermato largamente minoritario, specie nel primo dei due, dove l’Aiadmk di Jayalalithaa si sarebbe aggiudicato il 40 per cento delle preferenze. Stesso discorso in Bengala Occidentale, dove Mamata è stata riconfermata (ma il Bjp è in timida risalita). Nel resto del paese, dalla roccaforte del Gujarat passando per gli stati anti-Congress di Rajasthan, Jharkhand, Chhattisgarh, Madhya Pradesh etc., il Bjp è stato in grado ri rosicchiare voti all’Inc.
Ma la partita vera, come annunciato dalla scelta del guarati Modi di candidarsi anche al seggio di Varanasi, si è giocata in Uttar Pradesh (Up). Lì il Bjp pare abbia raccolto i frutti della cosiddetta Modi Wave (se reale o indotta dai media, è ancora da appurare), emergendo come primo partito con oltre il 30 per cento (alcuni dicono addirittura oltre il 40) delle preferenze in un territorio che dà diritto – tra Uttar Pradesh e Bihar, molto vicino a Varanasi – a ben 120 seggi, spazzando via sia il Congress che le formazioni regionali del Samajwadi Party (caste basse) e Bahujan Samaj Party (dalit).
Significa che oltre a consolidare la propria base elettorale tradizionale (caste alte ed élite urbane), Modi ha saputo attrarre il voto delle caste basse e delle masse dell’India rurale, convinte non tanto dalle promesse di crescita di NaMo, ma da un lavoro capillare dei politici locali, abili nell’indirizzare il voto puntando sui temi identitari di casta, religione, etnia (e di questo ne parleremo meglio prossimamente).
Il Congress conferma le aspettative più buie, perdendo quasi ovunque e disertando gli studi televisivi nella giornata di ieri. Mentre in tv si suonavano le campane a morto alla dinastia Nehru-Gandhi, nessun rappresentante del partito più longevo del panorama politico indiano ha avuto il fegato di presentarsi in persona a difesa della propria – catastrofica – campagna elettorale.
Ultima nota per l’Aam Admi Party di Arvind Kejriwal: il partito della società civile si è confermato irrisorio in termini nazionali. Presentando candidati in 400 circoscrizioni, sembra sarà in grado di aggiudicarsi massimo quattro seggi (due a Delhi, dove ha replicato le cifre della tornata elettorale locale; uno in Punjab e uno in Maharashtra). Kejriwal, in particolare, si era candidato a Varanasi per fronteggiare Modi. E, stando ai sondaggi, ha fatto ridere.
La rivoluzione della società civile dovrà attendere.
Ieri sono ufficialmente terminate le elezioni in India ed è arrivato il temuto momento degli exit poll, portatori di euforia e disperazione, dispensatori di lavoro per schiere di giornalisti e opinionisti in fuga perenne dall’horror vacui da homepage. Modi ha stravinto? Parrebbe di sì.