Al meeting del G20 di Mosca l’India si oppone all’interventismo di Stati Uniti e Francia in Siria, chiarendo che senza l’ombrello dell’Onu nessuno ha il diritto di andare a casa di altri a dettare regole.

Lo ha detto molto chiaramente il primo ministro Manmohan Singh, ripreso tra gli altri dal Times of India, ribadendo comunque la condanna per l’uso di armi chimiche in Siria come in ogni altro paese del mondo. Una posizione in linea con gli altri grandi oppositori all’interno del Consiglio di sicurezza dell’Onu, la Russia e la Cina sempre in disaccordo quando si discute di imporre presunte ragioni “internazionali” sulle dinamiche complesse della politica nazionale, anche e soprattutto in caso di conflitti.
L’inazione e il ruolo sempre più marginale dell’Onu, sistematicamente bypassato dagli Stati Uniti quando gli interessi nazionali – di reputazione e d’immagine, come nel caso specifico – hanno la meglio sui processi tortuosi della diplomazia, è una questione sulla quale si dibatte ormai da anni. In particolare proprio analizzando le dinamiche interne del Consiglio di sicurezza (Unsc), dove il diritto di veto cinese e russo spesso intralcia le “campagne di libertà” promosse con vigore dal blocco occidentale.
Si è pensato, anche per accordare una rappresentanza maggiore ai nuovi protagonisti della politica internazionale emersi dal 1945 ad oggi, ad un allargamento dei membri permanenti dell’Unsc, e i nomi che girano dal 2005 ad oggi sono sempre gli stessi: Brasile, India, Giappone e Germania.
Chiaramente uno stravolgimento simile degli equilibri interni allo Unsc ha fatto emergere una serie di veti incrociati e sottili giochi di alleanze. E i retroscena della candidatura indiana sono il simbolo di quanto l’acronimo Brics, promosso da gruppo di stati interessanti dal punto di vista finanziario a nuovo blocco immaginario della geopolitica mondiale, descriva comunioni d’intenti inesistenti.
L’India ha incassato immediatamente l’appoggio – rimanendo nell’analisi dei paesi “che contano” – di Regno Unito, Francia e Russia, riuscendo a portare dalla propria parte anche gli Stati Uniti, titubianti nell’allargare il Unsc ad un’altra potenza nucleare.
Il discorso si complica con la Cina, inizialmente strenua oppositrice del seggio indiano per mantenere a distanza il secondo gigante d’Asia. Ma nonostante i continui screzi al confine dei territori contesi dai due (strisce di terra sull’Himalaya, un po’ questione di principio e un po’ sfruttamento delle risorse naturali), Pechino ha avanzato una timidissima apertura verso Delhi, a patto che l’India ritiri insindacabilmente il proprio supporto all’ipotetico seggio giapponese.
La partita è ancora aperta, e considerando gli ultimi eventi internazionali, rimanere con un Unsc dove sono rappresentati solo i vincitori di una guerra vecchia di 60 anni, dà la misura dell’urgenza di includere altri attori fondamentali nella geopolitica contemporanea.
Al meeting del G20 di Mosca l’India si oppone all’interventismo di Stati Uniti e Francia in Siria, chiarendo che senza l’ombrello dell’Onu nessuno ha il diritto di andare a casa di altri a dettare regole.