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L’Isis addestra bambini yazidi come uomini bomba


È da poco passato mezzogiorno quando incontro Hawas Alì, seduto su una panchina in abete nuova fiammante. I quattro piedi in ferro sprofondano nella terra inzuppata da giorni di piogge ininterrotte. Attorno a noi si estende la tendopoli di Idomeni, il più importante campo indipendente della Grecia, schiacciato a ridosso della barriera di rete e filo spinato che sigilla il confine macedone, e blocca l’esodo di migranti diretti in Nord Europa. Tra qualche settimana, il 24 maggio, con un colpo di mano il governo Tsipras invierà agenti e mezzi per lo sgombero dell’area. Oggi però, nel fitto delle tende la speranza è viva. Ciascuno dei 12 mila qui al campo sogna la propria Europa, un lavoro, la fine dell’esodo.  

È da poco passato mezzogiorno quando incontro Hawas Alì, seduto su una panchina in abete nuova fiammante. I quattro piedi in ferro sprofondano nella terra inzuppata da giorni di piogge ininterrotte. Attorno a noi si estende la tendopoli di Idomeni, il più importante campo indipendente della Grecia, schiacciato a ridosso della barriera di rete e filo spinato che sigilla il confine macedone, e blocca l’esodo di migranti diretti in Nord Europa. Tra qualche settimana, il 24 maggio, con un colpo di mano il governo Tsipras invierà agenti e mezzi per lo sgombero dell’area. Oggi però, nel fitto delle tende la speranza è viva. Ciascuno dei 12 mila qui al campo sogna la propria Europa, un lavoro, la fine dell’esodo.  

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