Trovarsi di fronte alle sue sculture inevitabilmente fa sentire molto piccoli o troppo grandi. Non solo perché raramente i suoi soggetti sono in scala reale, ma anche perché la gamma delle sensazioni ed emozioni chiamate in causa è ampia e variegata, nascosta nelle rughe d’espressione, nelle pieghe della pelle, nell’aggrottarsi di un sopracciglio dei modelli, che siano neonati, vecchi o di mezza età. I dettagli di una vita impressi nel silicone e nella vetroresina, ma reali quanto i peli ed i capelli che l’artista utilizza per realizzare le sue sculture, rifinite a lungo nella creta.
Parliamo del perfezionismo di Ron Mueck, artista australiano trapiantato a Londra da decenni. Un passato da figlio di artigiani specializzati nel creare giocattoli, grazie ai quali si cimentò presto nella pratica di assembramento e di manipolazione di diversi materiali. Un talento, quello di imparare a soffermarsi e dedicarsi ad ogni dettaglio, che venne riversato inizialmente in una carriera nel mondo della televisione e del cinema come esperto di effetti speciali. Fu solo alla fine degli anni Novanta, a quarant’anni, che il destino di Mueck si legò all’ambiente artistico, più precisamente in occasione della mostra Sensation alla Royal Academy di Londra, dove presentò il suo Dead Dad, una scultura in scala 1:2 incredibilmente realistica. Da allora, questo artista riservato e incredibilmente toccante ha lasciato segni indelebili in ogni spazio che ha avuto la fortuna – data la parsimonia e il lento processo attraverso cui Mueck dà vita a nuove opere – di ospitare una sua esposizione.
In questo caso, il Theseus Temple del Kunsthistorisches Museum di Vienna è orgoglioso di presentare l’opera intitolata Man in a Boat, che venne ispirata nell’ambito di una residenza d’artista alla National Gallery di Londra, durante la quale Mueck immaginò l’opera che poi realizzò tra il 2000 e il 2002. Un tempo lungo, ma necessario a mettere in atto il processo creativo che accompagna ogni sua scultura.
Mueck, che lavora partendo da una serie di fotografie e realizzando modellini in creta incredibilmente accurati, è solito procedere con la scultura definitiva in un secondo momento, quando è certo degli elementi che andranno a comporre la scultura definitiva. A questo punto, costruisce un’armatura in metallo su cui modella la figura utilizzando fibra di vetro, resine e schiuma di poliuretano. La base che si viene a creare dona la forma definitiva alla scultura, la cui famosa verosimiglianza è invece legata al terzo step creativo: Mueck dipinge ogni dettaglio – dalle macchie alle rughe – della pelle, ed infine aggiunge a uno a uno i peli, i capelli e le sopracciglia.
Nel caso di Man in a Boat la scultura è composta da una vera barca in legno, segnata dalle intemperie e dalla salsedine, una vecchia imbarcazione che suggerisce l’idea di andare alla deriva. Al suo interno, un uomo nudo, di dimensioni ridotte rispetto al reale, le braccia strette al petto come a difendere la sua vulnerabilità e a tenersi caldo, lo sguardo diffidente punta dritto davanti a sé. Un sopravvissuto.
Ron Mueck
Theseus Temple – Kunsthistorisches Museum Vienna
20 aprile – 6 settembre 2016
https://www.khm.at/en/visit/exhibitions/ron-mueck/
Trovarsi di fronte alle sue sculture inevitabilmente fa sentire molto piccoli o troppo grandi. Non solo perché raramente i suoi soggetti sono in scala reale, ma anche perché la gamma delle sensazioni ed emozioni chiamate in causa è ampia e variegata, nascosta nelle rughe d’espressione, nelle pieghe della pelle, nell’aggrottarsi di un sopracciglio dei modelli, che siano neonati, vecchi o di mezza età. I dettagli di una vita impressi nel silicone e nella vetroresina, ma reali quanto i peli ed i capelli che l’artista utilizza per realizzare le sue sculture, rifinite a lungo nella creta.