In Cina si discute ancora del primato, o meno, mondiale, mentre l’economia nazionale si contrae, preoccupando la leadership e gli investitori. Il Global Times, giornale del Partito in inglese, in un editoriale ha scritto che «l’idea che l’economia cinese possa essere prima al mondo, non è una sciocchezza, ma non riflette quanto pensano i cinesi».
Al di là dell’affidabilità dei dati e soprattutto dei parametri (usati ad esempio dal report della banca mondiale che avrebbe annunciato il sorpasso cinese sugli Usa) i cinesi tengono un atteggiamento piuttosto di basso profilo al riguardo. Come ha riportato il Wall Street Journal, anche la Xinhua, l’agenzia ufficiale cinese, ha spiegato che il PPP (acronimo del potere d’acquisto) «è di secondaria importanza, dal momento che la Cina continua a rimanere molto indietro rispetto agli Stati Uniti economicamente. Il suo PIL pro capite, per esempio, è a meno di un settimo di quello statunitense. Questo paese ha percorso una lunga strada, ha detto l’agenzia. Ma rimane – innegabilmente – un paese in via di sviluppo con troppe gatte da pelare».
Le ragioni di questo atteggiamento sono molte chiare: innanzitutto è vero che in Cina esistono ancora ampie zone di povertà e in via di sviluppo, inoltre la politica estera ed economica della Cina ha sempre puntato tutto sulla considerazione di essere ancora un «paese in via di sviluppo», in termini di concessioni su tutta una serie di argomenti, a cominciare dai parametri ambientali, ad esempio.
Non solo. Come specifica il già citato articolo del Wall Street Journal, «con le crescenti preoccupazioni per l’occupazione, l’aumento dello stress sociale e la sfida di affrontare l’inquinamento del paese, il nuovo gruppo dirigente sotto il presidente Xi Jinping sta cercando di focalizzare l’attenzione più sulla qualità della produzione del Pil, piuttosto che sulla crescita fine a se stessa, dicono gli analisti».

Quindi la Cina «potrebbe anche trovare preferibile essere vista come un paese in via di sviluppo che fatica, dicono gli analisti – in particolare durante un anno elettorale negli Stati Uniti, quando la pressione politica potrebbe intensificarsi per creare una moneta convertibile, liberalizzare i suoi conti capitale e comunque aprire il settore finanziario».
La paura cinese dunque quale sarebbe? Seconodo un economista di Citybank la questione è molto chiara: essere la prima economia mondiale, significherebbe «dover aprire al resto del mondo i propri mercati».
C’è poi una questione squisitamente politica: il gruppo dirigente cinese ha evidenziato aree di intervento ben precise, è racchiuso in un discorso politico ed economico, squisitamente interno.
E nuovi dati usciti in questi giorni, confermano una difficoltà reale dell’economia nazionale, per quanto il Pcc sottolinei come tutto sia sotto controllo. Il Financial Times ha scritto che «l’Hsbc ha annunciato una misura dell’indice dei responsabili degli acquisti (Pmi) per il mese di aprile pari al 48,1, leggermente superiore al livello più basso degli ultimi otto mesi – 48 – registrato a marzo, ma ha rafforzato le indicazioni precedenti che l’attività manifatturiera è rallentata. La misura di aprile ha segnato il quarto mese consecutivo di Pmi al di sotto della soglia dei 50 punti che separa la crescita dalla contrazione».
La prova del rallentamento nei settori dell’industria pesante – ad esempio – sarebbe stata evidente anche nel mese di aprile, «con una crescita del consumo di carbone per la produzione di energia rallentata al 4,4% su base annua, dal 6,8% di marzo. Ciò era coerente con un rallentamento della crescita della produzione di energia a circa il 3% l’anno nel mese di aprile, dal 6,2% di marzo».
Cosa ci si aspetta dunque? Un sostegno. Scrive il Financial Times, «diversi economisti prevedevano che Pechino, colpita dal rallentamento della dinamica economica nel mese di aprile, sarà incentivata a stimolare l’attività. “Crediamo che il rischio di ribasso per la crescita economica della Cina sta crescendo”, ha detto Shen Jianguang, economista di Mizuho Securities. Come risultato, il governo lancerà misure di stimolo più efficaci a breve per frenare la recessione».
In Cina si discute ancora del primato, o meno, mondiale, mentre l’economia nazionale si contrae, preoccupando la leadership e gli investitori. Il Global Times, giornale del Partito in inglese, in un editoriale ha scritto che «l’idea che l’economia cinese possa essere prima al mondo, non è una sciocchezza, ma non riflette quanto pensano i cinesi».