Nel susseguirsi di commenti sulle motivazioni che lo scorso 15 luglio hanno indotto una parte dell’esercito turco a orchestrare un tentativo di colpo di stato in Turchia, gli analisti hanno riservato ampio spazio alle scelte, non sempre vincenti, che hanno caratterizzato la politica estera di Ankara incentrata sulla prospettiva di proiettare il Paese alla guida del mondo musulmano.
Le relazioni internazionali del governo Erdogan sono state caratterizzate da una buona dose di pragmatismo, attraverso il quale ha rivolto il suo sguardo anche all’Africa, dove ha adottato una politica mirata, concentrando in particolare la sua attenzione sulla crisi in Somalia.
1998: Ankara inaugura la sua politica africana
L’attivismo ottomano verso il continente africano è stata avviato in occasione dell’Africa Action Plan, lanciato nel 1998 dalla Banca Mondiale. Da allora, anche grazie ai legami storici e culturali, i rapporti fra le due realtà geografiche si sono incrementati, sia in ambito commerciale sia nella sfera istituzionale.
Nel 2003, l’esecutivo di Erdogan, da poco insediato, ha incaricato il ministero per il Commercio estero di preparare una strategia per lo sviluppo delle relazioni economiche con i Paesi africani. Tuttavia, l’espansione delle relazioni tra la Turchia e l’Africa si concretizza quando il governo turco decide di dichiarare il 2005 “Anno dell’Africa” e il premier si reca in visita in Etiopia e Sudafrica.
Nello stesso anno, alla Turchia è accordato lo status di osservatore all’interno dell’Unione Africana e l’anno seguente, la Tuskon, la confederazione degli industriali e imprenditori, organizza il primo Trade Bridge fra Turchia e Africa.
Nel maggio 2007, Ankara è accettata come membro non regionale alla Banca africana dello sviluppo, un riconoscimento che consentirà alle imprese turche operanti in Africa di aggiudicarsi l’appalto di importanti progetti infrastrutturali.
Quello che però, a tutti gli effetti, può essere considerato l’anno di svolta nelle relazioni turco-africane è il 2008, all’inizio del quale, la Turchia viene dichiarata partner strategico dell’Unione Africana.
L’evento del 2008 che segna in maniera indelebile le relazioni tra le due aree geografiche è lo svolgimento a Istanbul, dal 18 al 21 agosto, del vertice per la cooperazione Turchia-Africa, cui partecipano quarantanove Stati africani, dando inizio a un processo di cooperazione stabile e duraturo sancito dall’adozione della Dichiarazione di Istanbul.
L’apertura verso il continente africano occupa anche un posto speciale nella politica estera degli “zero problemi con i vicini”, elaborata e messa in atto nel 2010 dall’allora ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu.
Poi, nel maggio 2011, la Turchia ospita la quarta conferenza delle Nazioni Unite sui Paesi meno sviluppati e dopo il meeting si propone come “la voce dell’Africa”, in tutti i consessi internazionali di cui fa parte.
Mentre nel novembre 2014, nella capitale della Guinea Equatoriale Malabo, si tiene il secondo vertice di cooperazione Turchia-Africa, alla fine del quale viene siglato il 2015-2019 Joint Implementation Plan.
Le recenti visite di Erdogan in Africa
Negli ultimi mesi, le visite ufficiali del premier turco nelle capitali africane si sono susseguite in un crescendo di stipule di accordi bilaterali. Alla fine di gennaio, Erdogan ha guidato una delegazione d’affari in Etiopia, Gibuti e in Somalia. Tra febbraio e marzo ha visitato Guinea, Costa d’Avorio, Ghana, Nigeria e Senegal con l’obiettivo di estendere la sfera d’influenza turca anche nell’area afro-occidentale.
Poi, all’inizio di giugno, Erdogan si è recato a Kampala e a Nairobi per colloqui strategici con il presidente ugandese Yoweri Museveni e con il presidente keniano Uhuru Kenyatta. E ha proseguito il suo tour diplomatico in Somalia, dove ha inaugurato la sede dell’ambasciata, la più grande del governo turco in tutto il continente africano.
Le relazioni della Turchia con la Somalia sono molto estese, come prova il fatto che nell’agosto 2011, Erdogan è stato il primo leader non africano a visitare il Paese del Corno d’Africa negli ultimi due decenni. Inoltre, per trovare una soluzione alla crisi somala, nel maggio 2010 e nel giugno 2012, la Turchia ha ospitato due conferenze internazionali a Istanbul.
L’esperienza del martoriato Paese è l’esempio di come Ankara utilizzi tutti gli strumenti di ‘soft-power’ a sua disposizione per accrescere la propria influenza nel continente.
In questo modo, in pochi anni le relazioni diplomatiche e commerciali della Turchia con il continente nero si sono trasformate. Dal 2009, Ankara ha triplicato il numero delle sue ambasciate in Africa, che oggi ammontano a 39. Mentre, la Tika (Agenzia turca per lo sviluppo e la cooperazione) attualmente gestisce 15 Uffici di coordinamento programmi in Africa.
Ankara ha pure rafforzato i collegamenti aerei con l’Africa sub-sahariana con nuove rotte della Turkish Airlines. La compagnia di bandiera turca è attualmente operativa verso cinquanta destinazioni che coprono 34 paesi del continente ed è la prima aerolinea al mondo per numero di collegamenti con le capitali africane.
Sul versante economico, il volume degli scambi bilaterali della Turchia con l’Africa ha raggiunto i 17,5 miliardi di dollari nel 2015, equivalente al triplo di quello registrato nel 2003. Numeri eloquenti che evidenziano non solo un incremento quantitativo, ma anche un salto qualitativo nei rapporti tra Turchia e Africa.
@afrofocus
Nel susseguirsi di commenti sulle motivazioni che lo scorso 15 luglio hanno indotto una parte dell’esercito turco a orchestrare un tentativo di colpo di stato in Turchia, gli analisti hanno riservato ampio spazio alle scelte, non sempre vincenti, che hanno caratterizzato la politica estera di Ankara incentrata sulla prospettiva di proiettare il Paese alla guida del mondo musulmano.