spot_img

La narcoguerra insanguina il Messico: 600 morti in 100 giorni


La faida tra i narcos "Los Chapitos" e "La Mayiza" mette nuovamente a ferro e fuoco il paese. Forti anche le ricadute sulla relazione con gli Usa, a pochi giorni dall'inizio del secondo governo Trump.

Una nuova guerra tra i narcos sta insanguinando il Messico in questi giorni. Dal 9 settembre scorso, a seguito di un attacco ordinato da una delle fazioni che cerca di assicurarsi il controllo del Cartello di Sinaloa, la più grande organizzazione narcotrafficante del Messico, si è aperto un conflitto che ha già provocato 600 morti e il sequestro di 700 persone in poco più di 100 giorni. L'origine della faida risiede nella rivalità tra i figli dello storico capo del Cartello, Joaquín Guzmán Loera, alias "El Chapo" (arrestato per la terza volta nel 2017 ed estradato negli Stati Uniti), e uno dei principali leader dell'organizzazione, Ismael Zambada García, detto "El Mayo", arrestato negli Stati Uniti in circostanze poco chiare. Secondo quanto denunciato dallo stesso Zambada in una lettera pubblicata sul Los Angeles Times, il suo arresto sarebbe stato il frutto di un tradimento da parte di Joaquín Guzmán López, uno dei figli di "El Chapo", che lo avrebbe ingannato per sequestrarlo e consegnarlo alle autorità statunitensi al confine con il Texas.

L'arresto di Zambada ha scatenato una guerra interna. "Los Chapitos", come viene chiamata la fazione guidata dai figli dell'ex leader, hanno condotto diverse operazioni per recuperare il controllo di territori strategici lungo le rotte del narcotraffico nello stato di Sinaloa. Il conflitto ha raggiunto livelli senza precedenti: a inizio novembre, il gruppo de "Los Chapitos" ha persino effettuato bombardamenti aerei contro le installazioni strategiche della famiglia Cabrera Sarabia, un clan storicamente alleato dei rivali guidati da "El Mayo" Zambada.

Il Cartello di Sinaloa è l'organizzazione criminale più potente ed estesa dell'intero continente americano. Con una presenza consolidata in 27 dei 31 stati messicani, si dedica principalmente al traffico di fentanyl, cocaina e metanfetamine verso gli Stati Uniti. Gli esperti sostengono che siano stati proprio i leader de "Los Chapitos" a lanciare con forza il traffico di fentanyl, la cosiddetta "droga degli zombie", negli Stati Uniti. Questa attività ha creato seri problemi a livello bilaterale: Donald Trump, ad esempio, ha minacciato di imporre dazi altissimi su tutti i prodotti messicani se il governo di Claudia Sheinbaum non riuscirà a porre fine alle attività del Cartello di Sinaloa. Nel 2023, su 100.000 casi di morte per overdose registrati negli Stati Uniti, circa l'80% è stato causato proprio dall'uso di questa droga sintetica. La Casa Bianca, da tempo, esercita pressioni sul Messico affinché rafforzi i controlli alla frontiera. Il Cartello di Sinaloa non si limita però al traffico di droga: la sua vasta rete gli consente di imporre un pizzo alla maggior parte delle organizzazioni coinvolte in traffici illegali al confine tra Messico e Stati Uniti, in particolare ai trafficanti di esseri umani.

Sorto alla fine degli anni '70 come una rete di famiglie contadine dedite alla coltivazione di marijuana e papavero da oppio (piantagioni particolarmente diffuse nella zona di Sinaloa), il cartello ha inizialmente avuto l'obiettivo di proteggere i membri e favorire la cooperazione per espandere i propri affari. Il salto di qualità è avvenuto negli anni '80, quando gli affiliati hanno iniziato a trafficare grandi quantità di cocaina verso gli Stati Uniti. Questo traffico ha portato i leader storici dell'organizzazione, tra cui Joaquín Guzmán Loera, alias "El Chapo", a stabilire un sodalizio con il Cartello di Medellín, in Colombia, che ha garantito l'afflusso di enormi quantità di droga via aerea o via mare in territorio messicano. Il trasporto verso il mercato statunitense, gestito attraverso una vasta rete di agenti e funzionari corrotti su entrambi i lati della frontiera, è diventato la grande specialità del Cartello di Sinaloa.

Nei primi anni 2000, durante una delle più sanguinose guerre per il controllo del cartello, "El Chapo" Guzmán mise a capo dell'organizzazione due suoi luogotenenti: Ismael Zambada García, alias "El Mayo", e Juan José Esparragoza Moreno, alias "El Azul". Furono loro a dirigere le operazioni del narcotraffico messicano dopo l'arresto di Guzmán nel 2014 e la sua ricattura nel 2017. Dopo la morte di Esparragoza Moreno, alias "El Azul" (ufficialmente deceduto per un infarto, anche se molte voci sostengono che sia ancora vivo e nascosto in un bunker nel sud del Messico), Zambada García, alias "El Mayo", ha cercato di assumere il controllo totale dell'organizzazione, tentando di eliminare la concorrenza rappresentata dai figli di Guzmán, estradato negli Stati Uniti. Questo è all'origine dell'attuale conflitto tra "Los Chapitos" e "La Mayiza", la fazione fedele a "El Mayo", che sta scuotendo l'intero paese.

Durante il fine settimana, la presidente messicana Claudia Sheinbaum ha visitato lo stato di Sinaloa in un chiaro segnale di sostegno al governatore Rubén Rocha Moya. Secondo "El Mayo", il giorno del suo sequestro si stava dirigendo a una riunione proprio con il governatore Rocha Moya.

Durante la visita nell'epicentro della guerra civile, la presidente messicana ha risposto anche al presidente eletto Trump, che durante un meeting dell'organizzazione ultranazionalista Turning Point a Phoenix, in Arizona, ha annunciato l'intenzione di includere i cartelli della droga messicani nella lista delle organizzazioni terroristiche degli Stati Uniti. "Là si consuma la droga, principalmente, da lì vengono le armi, e qui mettiamo le vite", ha dichiarato Sheinbaum. "Noi collaboriamo, ci coordiniamo, lavoriamo insieme, ma non ci sottometteremo mai. Il Messico è un paese libero, sovrano e indipendente. E non accettiamo interferenze nel nostro paese".

 

ARTICOLI CORRELATI

La Presidenta del Messico

Messico al voto: le elezioni più violente di sempre

Al via la campagna elettorale in Messico

rivista di geopolitica, geopolitica e notizie dal mondo