Gli ultimi anni sono stati fondamentali per la regione nordafricana e, a oltre un anno e mezzo dall’inizio delle rivolte, sembra finalmente che una ventata d’aria “nuova” si arrivata ad alleviare la calda estate politica dell’Africa settentrionale.
Se i risultati delle prime elezioni libere nei paesi della Primavera araba hanno generalmente segnato una forte performance elettorale dei partiti islamici, come in Tunisia ed Egitto, la Libia, inizialmente il caso più preoccupante, ha superato invece ogni aspettativa. Le prime elezioni libere per l’Assemblea Nazionale, tenutesi dopo 42 anni di dittatura, si sono infatti svolte in modo pacifico e non può essere considerata se non positivamente la vittoria dell’Alleanza delle forze nazionali, vicina alle istanze occidentali e guidata da Mahmoud Jibril, ex Primo Ministro del Consiglio Nazionale di Transizione. Il risultato delle elezioni libiche costituisce inoltre “un’eccezione” importante all’ascesa dell’islam politico in atto negli altri paesi del Nord Africa. Nel complesso. quindi, salutiamo con particolare favore il processo di transizione del paese verso in modello democratico e, al contempo, guardiamo con grande fiducia alla trasformazione istituzionale in atto e alla classe dirigente che la guiderà. La Libia ha scelto e il Parlamento ha confermato la scelta del popolo libico, con la nomina a Primo Ministro di Mustafa Abu-Shakour, primo Capo di Governo eletto dalla caduta di Gheddafi. Abu-Shakour, tornato dalla Libia dagli Stati Uniti come membro del Consiglio Nazionale di Transizione, e il Presidente Mohammed el-Magarief, storico oppositore del regime e leader del Fronte Nazionale in esilio fin dagli anni Ottanta, saranno quindi i garanti del processo democratico avviato. Si chiude così il capitolo del regime di Gheddafi e se ne apre un nuovo pieno di speranze che vede in una democrazia più liberale il suo fine ultimo. Il rafforzamento del governo centrale e la necessità di riportare il paese in condizioni di sicurezza rimangono le sfide più importanti e più difficili, come ha ben dimostrato l’incapacità delle forse dell’ordine libiche di proteggere il Consolato americano; del resto la scelta di un Primo Ministro come Abu-Shakour, pur di formazione liberale, sembra apprezzata dagli islamici e rispettata dalle milizie armate che ancora pervadono il paese, e fa dunque ben sperare in un governo autorevole che riprenda rapidamente il controllo del territorio. Non saranno poche le difficoltà che il paese dovrà superare per costruire, in assenza dei fondamenti necessari, un sistema democratico, ma il vento delle opportunità soffia indubbiamente a favore del paese, spinto anche dal forte sostegno internazionale. In questo contesto, l’Italia, considerati gli importanti legami storici, culturali ed economici, non deve perdere l’occasione di porsi come leader di un’Europa pronta a supportare il processo di transizione in atto nel paese. Il confortante risultato della coalizione moderata e la scelta del duo di vertice el-Magarief/Abu-Shakour sono ottime notizie per il nostro paese, che non potrà che trarre giovamento dalla stabilizzazione democratica di uno dei suoi più importanti “vicini”. Oltre che politicamente, i futuri rapporti economici fra i due paesi hanno un’importanza strategica non solo in chiave di approvvigionamento petrolifero, ma anche da un punto di vista strettamente industriale: la ricostruzione della Libia offre uno sbocco produttivo importante a centinaia di piccole e medie imprese italiane delle costruzioni, dell’impiantistica, della meccanica, solo per citare i settori più importanti, oggi alle prese con la necessità di esportare per sottrarsi all’attuale stagnazione del mercato interno. Non possiamo non cogliere questa grande occasione per riuscire a contribuire alla costruzione di una Libia democratica. Un percorso fondamentale per la stabilità della regione euromediterranea e per l’apertura di un nuovo capitolo nella storia del paese.
Gli ultimi anni sono stati fondamentali per la regione nordafricana e, a oltre un anno e mezzo dall’inizio delle rivolte, sembra finalmente che una ventata d’aria “nuova” si arrivata ad alleviare la calda estate politica dell’Africa settentrionale.