In soli due giorni entrambe le camere del parlamento indiano hanno dato l’ok alla famosa proposta di legge anticorruzione “Lokpal Bill”, pietra angolare del movimento animato due anni fa dall’attivista Anna Hazare. Un’epifania sospetta.

Il Lokpal Bill, una legge la cui gestazione risale agli anni ’60, prevede la creazione di un organo ad hoc in grado di indagare e punire episodi di corruzione che coinvolgano politici o impiegati della pubblica amministrazione. Nelle manifestazioni oceaniche che nel 2012 videro l’ascesa del movimento della società civile guidato da Anna Hazare – dalla qui costola nacque l’Aam Aadmi Party di Arvind Kejriwa – la battaglia per l’introduzione del Lokpal Bill era vista come la risposta più determinata e immediata per contrastare la corruzione dilagante nel paese, probabilmente il principale ostacolo che divide l’India dal diventare una superpotenza economica e politica.
All’epoca tutto l’arco parlamentare era unito nel respingere le istanze della piazza (al massimo, far passare una versione della legge molto edulcorata), scavando ancora più in profondità il fosso che divide l’elettorato dalla rappresentanza partitica. Un’opposizione interpretata dagli indiani come l’estrema difesa corporativa della “casta” davanti alla spinta verso il cambiamento arrivata dall’India “migliore”, quella senza connivenze politiche, la società civile.
Dal 2011 ad oggi, evidentemente, il termometro dell’elettorato ha dato segnali inequivocabili: l’indignazione anticorruzione non era un fuoco di paglia destinato a estinguersi passata la frenesia della folla, ma ha invece alimentato un sentimento diffuso di frustrazione, necessità di rivoluzionare il sistema della gestione pubblica in India e provare a ripartire, uscendo dal pantano della crisi economica (che anche l’India, in misura aritmeticamente minore, sta soffrendo sensibilmente da almeno un anno).
L’esito inaspettato delle elezioni a New Delhi, con Aap a stravincere soffiando sul fuoco di “a casa tutti i corrotti”, ha probabilmente dato l’allarme alla politica tradizionale: occorre adeguarsi e seguire il sentimento popolare.
Così, negli ultimi giorni, Rahul Gandhi (probabile candidato premier per il Congress) ha intrattenuto uno scambio epistolare con Anna Hazare – reso pubblico – con reciproche “pacche sulle spalle”, uniti finalmente nell’obiettivo di formulare un Lokpal Bill condiviso. Durante la sessione parlamentare (dove solo il Samajwadi Party di Mulayam Singh Yadav ha mantenuto la propria posizione contraria alla legge, uscendo dall’aula al momento delle votazioni), la capogruppo del Bjp Sushma Swaraj ha riposizionato abilmente il proprio partito sul sentimento popolare, lodando l’iniziativa di Anna Hazare e di quanti scesero in piazza con lui.
In definitiva, la legge è virtualmente passata (manca solo la firma del presidente Mukherjee, una formalità) in una versione abbastanza annaccquata rispetto alla proposta di Hazare.
Entro un anno verranno formati un organo centrale (Lokpal) a livello federale e uno per ogni stato (Lokyuktas). Il membri del Lokpal, nello specifico, saranno otto (di cui quattro provenienti dal potere giudiziario) e per almeno il 50 per cento dovranno essere espressione di minoranze etniche, donne, minoranze religiose, casse basse e tribali. Le pene previste vanno fino ad un massimo di 10 anni di reclusione.
Questo nuovo organo sarà fatto, letteralmente, “a difesa del popolo”. Come il resto delle virtuose leggi indiane, rimane da vedere se l’applicazione effettiva sortirà gli effetti sperati sulla carta.
In soli due giorni entrambe le camere del parlamento indiano hanno dato l’ok alla famosa proposta di legge anticorruzione “Lokpal Bill”, pietra angolare del movimento animato due anni fa dall’attivista Anna Hazare. Un’epifania sospetta.