Il problema degli scarsi risultati della politica di attrazione degli investimenti in Italia non è esclusivamente risolvibile con uno sforzo coordinato ed iniziative di carattere promozionale sull’offerta nel paese.
La reale difficoltà è legata alla mancanza di attrattività del nostro business environment. Per “Doing business” della World Bank l’Italia si classifica 73 su 185 paesi nel complesso con un ranking però ancora più penalizzante su alcune singole attività come creare una società 84, ottenere permessi di costruzione 103, ottenere connessioni elettriche 107, ottenere finanziamenti 104, peso delle tasse 131 (!!), e ottenere l’applicazione e rispetto dei contratti 160(!!!!). Analoga analisi viene fuori dall’Economic Freedom score della Heritage Foundation che pone il nostro paese al 92simo posto ed al 36 in Europa (su 43 paesi). Problemi principali identificati: inefficienza del sistema giudiziario, dell’amministrazione, corruzione, alto peso fiscale
Queste problematiche penalizzano non solo gli investimenti esteri in Italia ma anche la competitività delle imprese italiane. Un programma di sostegno all’internazionalizzazione ed all’attrazione degli investimenti dovrebbe quindi anche prevedere delle riforme che vadano nel senso della soluzione di queste gravi lacune italiane, lo studio di una riforma del sistema giudiziario, il potenziamento delle iniziative di lotta alla corruzione, l’identificazione di incentivi di carattere fiscale.
Dal punto di vista di iniziative più limitate in termini di impatto politico e meno impegnative si possono citare ad integrazione di quelle già menzionate:
– semplificazione delle procedure e delle regole amministrative per l’apertura di società, registrazione della proprietà, dei brevetti, per attività di costruzione ed export;
– Ristrutturazione e riforma di Invitalia;
– Coinvolgimento di Invitalia e delle sue società nella cabina di regia e nella definizione delle strategie di attrazione degli investimenti esteri in particolare per l’individuazione di settori ed aree da promuovere;
– Ottima l’idea, già citata nel documento, di desk per gli investimenti nei mercati chiave ma con personale altamente specializzato nella gestione della relazione con potenziali grandi investitori esteri sia di carattere istituzionale (fondi sovrani) che privati.
Promozione dell’internazionalizzazione
Per quanto attiene invece alla promozione dell’internazionalizzazione il documento elenca giustamente tutte le strutture di carattere pubblico già esistenti per informare ed accompagnare le imprese nelle loro operazioni commerciali o di investimento all’estero. Lavorando su questo potenziale l’attenzione dovrebbe andare al miglioramento della qualità dei servizi di supporto forniti, alla loro specializzazione sulle necessità ed esigenze delle imprese in particolare PMI, alla fornitura di servizi sempre più tailor made ed al passaggio da attività di informazione a vera e propria consulenza da parte delle strutture preposte. L’informazione sui mercati ormai è largamente accessibile via internet mentre l’attività di networking e la consulenza specializzata sono servizi essenziali.Questo richiederebbe un’allocazione delle risorse affinché queste non siano esclusivamente impegnate in azioni di carattere promozionale all’estero ma che siano in parte destinate ad attività di formazione e qualificazione delle risorse umane già operanti nel settore anche in particolare, come già evidenziato da Fabrizio, su nuove tecnologie e strumenti di promozione commerciale. In questo senso occorrerebbe sviluppare anche in Italia dei desk di accoglienza delle PMI interessate a processi di internazionalizzazione in grado di realizzare una diagnostica della capacità e del reale potenziale delle società ad operare sui mercati esteri, assisterle nella più puntuale individuazione dei loro bisogni e delle loro necessità, nella definizione delle loro strategie all’internazionalizzazione (individuazione dei mercati, delle modalità di internazionalizzazione, dei canali più adeguati, necessità finanziarie, ecc) per poi indirizzarle agli interlocutori pubblici e privati in grado di supportarle nella fase più operativa. Questo potrebbe essere realizzato utilizzando le strutture e la rete italiana dei soggetti pubblici nazionali già individuati – ed in particolare del sistema camerale – sviluppando collaborazioni anche con strutture private (banche, professionisti, ecc.). Qualora nell’accorpamento e nel coordinamento tra strutture pubbliche italiane operanti all’estero si liberassero degli spazi potrebbe essere molto utile per le PMi che si affacciano su questi mercati utilizzare queste strutture come basi logistiche di supporto ed uffici mobili, magari a pagamento a condizioni agevolate dove poter svolgere attività lavorativa durante soggiorni di tempo limitato. Importante anche che nei paesi non prioritari, dove non esistano strutture dedicate all’attività commerciale, l’ambasciata sviluppi attività di networking con gli operatori anche privati di origine italiana presenti in loco al fine di facilitare attività di liaison con le istituzioni-aziende locali. Rispetto a quanto proposto nel documento importante supportare tutti i tipi di processi di internazionalizzazione delle PMI, che non possono essere penalizzate se costrette dalle condizioni del mercato a delocalizzare del tutto o in parte la loro produzione all’estero.
Finanziamento delle operazioni di internazionalizzazione
Importante anche facilitare l’accesso al credito e l’utilizzo di strumenti finanziari. Mentre non è pensabile che il sistema bancario italiano investa all’estero in maniera strutturata perché motivato da incentivi potrebbero essere invece realizzate iniziative volte a promuovere collaborazioni tra le banche italiane e loro controparti nei mercati internazionali attraverso accordi bilaterali per il supporto alle imprese dei reciproci paesi. Per quanto attiene invece ai gruppi bancari che hanno una presenza stabile all’estero occorrerebbe sviluppare forme di più stretta collaborazione con le strutture pubbliche di promozione dell’internazionalizzazione promuovendo la lo sviluppo di accordi di collaborazione tra queste banche con Ice o Camere di Commercio. Con riferimento invece alle forme di incentivazione finanziaria pubblica già esistenti (linee di credito, simest, sace) più che potenziare gli strumenti sarebbe necessario ampliare il loro raggio di intervento (area geografica, soggetti beneficiari, tipologia di progetti ed operazioni, ecc.) e semplificare e velocizzare i processi per l’avviamento e conclusione delle pratiche.
Il problema degli scarsi risultati della politica di attrazione degli investimenti in Italia non è esclusivamente risolvibile con uno sforzo coordinato ed iniziative di carattere promozionale sull’offerta nel paese.