Alexander Zaitchik è un giornalista indipendente americano il cui lavoro appare in Rolling Stone, Foreign Policy, Slate, e altre pubblicazioni di alto profilo negli Stati Uniti e a livello internazionale. Il suo ultimo libro, The Gilded Rage (La rabbia dorata), è stato appena pubblicato.
Alexander Zaitchik è un giornalista indipendente americano il cui lavoro appare in Rolling Stone, Foreign Policy, Slate, e altre pubblicazioni di alto profilo negli Stati Uniti e a livello internazionale. Il suo ultimo libro, The Gilded Rage (La rabbia dorata), è stato appena pubblicato.
CL: Potresti presentarti in poche parole, e spiegarci l’argomento del libro?
AZ: Ho fatto il freelance nel mondo del giornalismo per pubblicazioni americane per circa venti anni, sia qui negli Stati Uniti che all’estero. La maggior parte dei giornalisti qui, come nella maggior parte di paesi, sono barricati nelle capitali – e anche a New York – e c’è stata una sorta di rivolta contro quell’establishment, ‘guardiano’ dell’opinione pubblica, e contro i confini di quella che era considerata come la politica accettabile nel sistema di due partiti.
Così sono andato fuori, in quei luoghi dove si trova Donald Trump, che è una manifestazione di quella rivolta – l’altro è Bernie Sanders, che però non è riescito a catturare il suo partito nello stesso modo in cui Trump ha catturato il proprio – sono uscito e ho parlato con la gente in quei luoghi dove Trump gode il suo più forte sostegno. Luoghi come Appalachia, West Virginia, dove in alcune contee raggiunge l’80%, 85% nei sondaggi, il che è praticamente inaudito.
Sono andato alle regioni di confine con il Messico, dove è molto popolare: il ‘Rust Belt’ [‘nastro di ruggine’ – grande zona industriale nel nord degli Stati Uniti], Wisconsin, Pennsylvania … luoghi in cui esisteva molta industria e lavoro sindacalizzato, ora ridotti a lavori di servizio, in gran parte non-sindacalizzati e sotto pagato, e ho fatto lunghe interviste con persone del posto, con l’idea di tastare un pò il polso.
CL: Ho letto il tuo libro, e quello che colpisce subito è come la gente sembra normale. Siamo abituati a persone come il Tea Party, oppure la sorprendente campagna di Sarah Palin, e i messaggi di Fox News e tutte queste persone di destra… e ci sembra che siano tutti pazzi: ma molti sostenitori di Trump sembrano essere semplicemente degli americani normali. Come si spiega questo?
AZ: La prima cosa da notare è che il fenomeno ‘Tea Party’ può superficialmente apparire come precursore dell’insurrezione Trump, ma è importante ricordare che il Tea Party è stato essenzialmente una falsa esplosione finanziata dalle grandi imprese. Volevano mettere il bastone tra le ruote ai piani di Obama, è stato finanziato dai fratelli Koch, i nostri più grandi industriali e hanno voluto spronare gli evangelici, metterli in frenesia, e tutto questo aveva un sapore molto diverso rispetto al fenomeno Trump, che non è molto religioso.
Nessun evangelico considera Trump un candidato ideale, per molte ragioni ovvie. Alla sua candidatura è stato contrario fin dall’inizio anche il Big Money, le tasche profonde, e le reti di lobbisti che accolgono tradizionalmente i vincitori del partito repubblicano e che hanno anche fabbricato il Tea Party. Trump rappresenta tutti coloro che si sentono gabbati da decenni dalla politica repubblicana dei grandi soldi multinazionali e che si rendono conto di ciò che è stato il Tea Party; e fondamentalmente questa è la loro vendetta.
Fin dall’inizio loro hanno reagito dicendo che Trump non era un candidato accettabile: chi vota per Trump non è un buon repubblicano, è forse un essere umano malvagio… ma gli elettori hanno detto che ne se fregano! Che sono stufi di ascoltare. Non hanno accettato Jeb Bush, John Kasich, Marco Rubio o qualsiasi di questo tipo di repubblicani ‘corporate’ che conoscono da sempre; alla tua domanda sulle persone normali, si, sono americani medi; non sono attivisti pagati, non sono i matti evangelici che descrivevi. Molti di loro erano democratici conservatori, hanno lavorato per la maggior parte della loro vita in posti ben pagati, un lavoro sindacalizzato, e adesso vedono le loro comunità diventate parcheggi, McDonald, centri commerciali e una gran quantità di eroinomani.
E’ davvero difficile spiegare a qual punto la devastazione abbia colpito queste parti del paese, dove la gente si mantiene a galla, passando da un lavoro all’altro, e anche le persone che hanno la pensione o che hanno risparmiato durante l’epoca d’oro dell’economia americana vedono le prossime generazioni con prospettive sempre più scarse, è da lì che l’ira del titolo proviene. Tanta rabbia, prossima alla disperazione, e hanno smesso di dare ascolto ai loro padroni repubblicani che li hanno portati a questo punto.
CL: Penso che questo fenomeno sia più diffuso di quanto si possa pensare, ci sono molte analogie con la Gran Bretagna, per esempio; intere zone in Gran Bretagna sono altrettanto devastate. Per continuare con Trump, pensi che le persone con cui hai parlato credono veramente ai suoi messaggi estremi, alla costruzione del muro e all’espulsione di tutti gli immigrati clandestini? O pensi che in realtà non si preoccupano di questo, se come dici la cosa principale è proprio la rivolta contro il sistema?
AZ: Beh, è una miscela delle varie cose. Voglio dire, tredici milioni di persone hanno votato per Donald Trump. Non ho parlato con tutte loro e non potrei parlare per tutte. Non voglio sostituire uno stereotipo con un altro. Ma c’è sicuramente più consapevolezza e pensiero critico nell’elettore medio di Trump di quanto mi aspettassi. Molti di loro, in particolare i più vicini al confine, ridono quando si parla del muro. Sanno quanto sia assurdo, e pensano che Trump non poteva essere serio nel proporlo, e se era serio, una volta eletto un consulente gli spiegherà che in realtà c’è bisogno semplicemente di più pattuglie vicino al confine effettivo invece che a un miglio o due sulla strada principale.
Tutti hanno pensieri molto pratici su cose come il muro e le deportazioni di massa. Non ho incontrato molte persone che pensano sia una buona idea o un’idea morale o anche che si tratti di un progetto realizzabile.
Quindi penso che ci sia una consapevolezza generale che considera la buffoneria e le dichiarazioni da cartoon di Trump, soprattutto nelle prime fasi della campagna, se non proprio come metafore, come una sorta di dichiarazione d’indipendenza, un modo di dire me ne frego, voglio farvi arrabbiare e superare il limite, come una parte della sua ribellione contro la correttezza politica: ha voglia di dire queste cose e non gli importa quanto viene preso in giro o condannato dagli autoproclamati guardiani della cultura.
Penso che sia un elemento di ciò che sta succedendo, ci sono persone che non hanno preso letteralmente Trump, capiscono che è un intrattenitore, hanno guardato i suoi spettacoli in TV, sanno che appartiene al World Wrestling Hall of Fame qui negli Stati Uniti. Voglio dire, la gente sa questo e prende le sue dichiarazioni politiche con molto grano salis.
CL: Hai scritto su molti altri argomenti, ma con i due libri sulla politica di destra americana, sembra che stai diventando un esperto su questo. Ti vedi andare in quella direzione?
AZ: Sì! E qui negli USA è certamente più interessante per me che scrivere di sinistra, della quale mi considero parte. C’è anche una sorprendente mancanza d’interesse a mettere a fuoco la destra. Tanti scrivono blog e articoli sul movimento conservatore da opinionisti, ma io esco e vado realmente a parlare con la gente e raccolgo le loro voci, come faccio in questo libro: una raccolta d’interviste secondo il modello di Studs Terkel, il grande storico di Chicago famoso per la raccolta delle storie di tutti i giorni degli americani meni.
CL: E’ un momento rivoluzionario. Credo che Trump ha infatti già rivoluzionato la politica americana. Questa settimana non sembra così probabile che in realtà riesca a vincere, ma tutto ciò che è accaduto ha rivoluzionato il partito repubblicano e ha rivoluzionato gli elettori. Ha dimostrato che è possibile un diverso modo di fare. Ti faccio un’ultima domanda, alla quale probabilmente preferiresti non rispondere: chi vincerà? Trump o Hillary?
AZ: Ci dovrebbero alcune enormi sorprese in questa nuova ondata di e-mail appena rilasciata per Trump perchè possa recuperare la sua posizione. Voglio dire che sarebbe necessario un massiccio attacco terroristico simile a 9/11 o un enorme scandalo tipo Watergate perchè Trump possa tornare in gara. Sta perdendo su tutta la linea, sta perdendo stati rossi, anche la Carolina del Sud era in ballo l’ultima volta che ho controllato. Lo fermano ovunque.
Sarebbe interessante vedere quanti dei suoi sostenitori che ho intervistato per il libro hanno poi rinunciato, perché ha commesso un errore dopo l’altro, a volte quasi come se lui stesso non volesse vincere . Per esempio, chiedere più volte il motivo per cui non è possibile utilizzare le armi nucleari? E un metodo perfetto per spaventare tutti quanti, compresi i suoi sostenitori.
Quindi non so cosa stia succedendo con la campagna, ma diventa piuttosto triste per lui.
CL: Bene, spero che tutti andiate a leggere il libro di Alexander Zaitchik, ‘The Gilded Cage’, disponibile adesso sui migliore siti web. Ti ringrazio molto per i tuoi interessanti spunti di riflessione e per avermi dedicato il tuo tempo.
AZ: Grazie Chris e Ciao!
L’intervista completa in inglese:
Christopher Lord ha vissuto in nove paesi e parla sette lingue. Tra i suoi libri sono Politics e Parallel Cultures, e il suo giornalismo è stato pubblicato in tutto il mondo.
Alexander Zaitchik è un giornalista indipendente americano il cui lavoro appare in Rolling Stone, Foreign Policy, Slate, e altre pubblicazioni di alto profilo negli Stati Uniti e a livello internazionale. Il suo ultimo libro, The Gilded Rage (La rabbia dorata), è stato appena pubblicato.
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