Nell’arco degli ultimi anni, l’agenda europea concernente la regolamentazione delle istituzioni finanziarie si è arricchita di circa 30 nuovi interventi normativi.
Tante le materie affrontate, due i principali obiettivi: la costruzione di un sistema bancario e finanziario più solido e resistente che sia in grado di fronteggiare eventuali crisi future e la restituzione alle banche del ruolo di traino dell’economia reale.
La forte valenza innovativa di tale processo ha portato benefici notevoli quali il miglioramento degli attivi delle banche, la nascita di una vigilanza integrata a livello europeo, la creazione di un sistema integrato di risoluzione delle crisi bancarie. Riforme che UniCredit – data la sua peculiare struttura – auspicava da tempo.Tra le più importanti, si pensi all’Unione bancaria – della quale – con l’accordo del 20 marzo scorso sul Meccanismo unico di risoluzione- si è varato il secondo pilastro dopo il Meccanismo unico di supervisione – che:
– contribuirà a spezzare il circolo vizioso tra banche e debiti sovrani ed a superare la frammentazione finanziaria in seno al Mercato interno lungo i confini nazionali. L’Unione bancaria ripristinerà il corretto funzionamento del meccanismo di trasmissione della politica monetaria favorendo la convergenza delle condizioni di prestito tra i Paesi europei. Le medium sized corporates, le PMI e la clientela retail (privati e famiglie), non saranno valutati più sulla base della loro posizione geografica, ma sulla base del loro merito creditizio, garantendo così una concorrenza leale e la rimozione di ostacoli al credito particolarmente significative nei paesi in condizione di stress. Ciò favorirà l’integrazione finanziaria, contribuendo e rafforzerà la competitività economica dell’Europa nell’arena globale;
– contribuirà a rassicurare i mercati sulla migliore gestione dei rischi nel settore bancario e sulla sua maggiore solidità, con benefici diretti per la UE e più in generale per l’economia globale.
L’entusiasmo per il significativo passo sulla strada di una maggiore integrazione europea e della rinnovata fiducia sul settore bancario, tuttavia, non ci può esimere dal rilevare gli effetti che invece altre riforme sono in grado di produrre sul profilo reddituale delle banche. Tra le misure legislative che sono state recentemente proposte, vi è ad esempio la proposta della Commissione europea nota come proposta Liikanen volta a vietare che lo stesso istituto bancario svolga al contempo attività di intermediazione creditizia tradizionale e attività di investimento ad alto rischio. Seppur condividendone gli obiettivi di massima riteniamo che una misura strutturale di così ampia portata meriti una valutazione molto attenta. La proposta Liikanen introduce degli obblighi più stringenti rispetto alla corrispondente normativa introdotta negli USA con il rischio di creare un pericoloso svantaggio competitivo per le banche europee e tra queste per quelle prevalentemente retail e commerciali. Mentre la c.d. Volcker rule si limita a vietare lo svolgimento di attività meramente speculative, la proposta europea prevede anche che le banche debbano separare in una entità distinta attività di trading diverse da quelle di trading proprietario qualora superino certe soglie ovvero quando l’autorità di vigilanza lo reputi opportuno per salvaguardare la stabilità finanziaria. Le nostre banche e le banche tendenzialmente commerciali non disporrebbero di volumi di attività sufficienti a creare una entità di trading capace di finanziarsi sul mercato e sarebbero pertanto obbligate a dismettere tali attività a favore di banche con attività di investimento più significative. Ciò andrebbe a pregiudicare significativamente le condizioni di concorrenza sul mercato globale. Ma ancora più significativamente l’obbligo di separazione riguarderebbe attività vitali per la clientela della banche tra le quali la copertura dei rischi dei clienti ed il market making ovvero l’attività con cui la banca si impegna ad acquistare strumenti come le obbligazioni delle società industriali su base continua assicurandone la liquidità. Senza il market making delle banche, diventerebbe proibitivo per le società emettere debito e dunque finanziarsi sul mercato. Un risultato che è in palese conflitto con l’obiettivo dichiarato dallo stesso legislatore europeo di diversificare le fonti di finanziamento per le società e di puntare allo sviluppo di meccanismi di finanziamento a lungo termine. Riteniamo dunque essenziale un’attenta ponderazione degli elementi in gioco per far si che il sistema bancario possa ritornare efficacemente a servizio dell’economia reale. Evidente ci pare ad esempio il messaggio implicito lanciato lo scorso venerdì dalla Banca centrale europea e dalla Banca centrale d’Inghilterra in un documento relativo alle cartolarizzazioni (ABS “Asset Backed Securities”): non ci può essere espansione del credito senza assunzione di rischio. Le riforme già realizzate – in particolare la Banking Union – ed il conseguente salto di qualità nella prevenzione e gestione dei rischi rappresentano terreno fertile per il rilancio del mercato delle cartolarizzazioni. Un messaggio che UniCredit reitera da diversi anni. Fino ad ora, infatti, la regolamentazione ha giustamente scongiurato l’assunzione di rischi eccessivi da parte del sistema finanziario. Tuttavia, questo approccio troppo restrittivo ha finito per penalizzare il mercato delle cartolarizzazioni, soprattutto in Europa dove paradossalmente i tassi di default di ABS in Europa sono bassi in assoluto e significativamente più bassi rispetto a quelli statunitensi. Se il mercato delle cartolarizzazioni ripartisse consentirebbe di sbloccare nuovi prestiti bancari, che sono vitali per importanti settori della economia reale (in particolare le piccole e medie imprese). E adesso, coerentemente con la posizione di UniCredit, le Autorità stanno valutando come promuovere il rilancio di strumenti di cartolarizzazioni di alta qualità che potrebbero beneficiare di un regime “agevolato” e coerente con gli effettivi minori rischi che tali strumenti comportano.
Nell’arco degli ultimi anni, l’agenda europea concernente la regolamentazione delle istituzioni finanziarie si è arricchita di circa 30 nuovi interventi normativi.