Gli studenti di Jawaharlal Nehru University (Jnu) in festa a New Delhi per la liberazione su cauzione di tutti i compagni e professori arrestati nelle scorse settimane con l’accusa di sedizione, lo avevano annunciato: la battaglia non è finita, è appena cominciata. E dopo la repressione governativa nell’università della capitale, gli scontri sono tornati a infiammare l’ateneo di Hyderabad dove Rohith Vemula si è suicidato il 17 gennaio scorso.
Martedì 22 marzo il vice chancellor (vc) Appa Rao Podile, ancora indagato per le responsabilità nel suicidio di Vemula, dopo alcune settimane di autosospensione è tornato nel campus della Hyderabad Central University (HcU), riassumendo la posizione che corrisponde a quella del nostro rettore.
Gli studenti dei collettivi di HcU, appresa la notizia, hanno immediatamente organizzato un sit-in di protesta davanti al bungalow di Appa Rao, all’interno del campus, dove però – secondo questa precisissima timeline – hanno trovato già schierati polizia, personale dell’università e attivisti dell’Akhil Bharatiya Vidyarthi Parishad (Abvp), la sigla studentesca legata al Bharatiya Janata Party (Bjp) e all’organizzazione ultrainduista Rashtriya Swayamsevak Sangh (Rss).
Dallo scambio di accuse e cori pro e contro il vc Appa Rao – che i collettivi di sinistra reputano responsabile della morte del loro collega Vemula – si è presto passati alle mani, prima in una scazzottata tra studenti, poi con l’intervento delle forze dell’ordine (compresi reparti d’élite della Rapid Action Force), che secondo quanto riportato dai media indiani, avrebbero caricato studenti e professori che stavano protestando davanti alla residenza di Appa Rao.
Al momento non è chiaro il numero degli arresti, ma ci sarebbero almeno 27 denunce contro studenti colpevoli di aver lanciato pietre contro la casa di Appa Rao e contro la polizia.
Nel frattempo al campus di HcU sono entrate in vigore misure di controllo durissime. La connessione wi-fi del campus è stata staccata, le mense del campus sono state chiuse e nessuno può entrare o uscire dal campus (compreso il leader degli studenti di Jnu Kanhaiya Kumar, che stamattina ha raggiunto Hyderabad per incontrare la madre di Vemula e che è stato bloccato all’entrata di HcU, dove avrebbe dovuto tenere un discorso invitato dai collettivi).
Intorno alla sospensione della mensa circolano notizie allarmanti. Vaikhari Aryat, studentessa di HcU attiva nei collettivi di sinistra, su Facebook ha raccontato che dopo 24 ore di chiusura delle mense – e divieto di uscire o di far entrare cibo all’interno del campus – alcuni studenti hanno iniziato a cucinare all’interno dei locali della mensa «fino a che non finiremo le scorte».
Qualche ora dopo Aryat, sempre su Facebook, ha aggiunto che «almeno 51 studenti» sono stati arrestati dalla polizia, all’interno del campus, colpevoli di aver iniziato a cucinare all’aperto, su «suolo pubblico», infrangendo la legge.
Il campus, al momento, sembrerebbe completamente sotto il controllo della polizia, per interposto vc Appa Rao. Una situazione che in pochi si sarebbero mai immaginati in un’India democratica. E invece.
@majunteo
Gli studenti di Jawaharlal Nehru University (Jnu) in festa a New Delhi per la liberazione su cauzione di tutti i compagni e professori arrestati nelle scorse settimane con l’accusa di sedizione, lo avevano annunciato: la battaglia non è finita, è appena cominciata. E dopo la repressione governativa nell’università della capitale, gli scontri sono tornati a infiammare l’ateneo di Hyderabad dove Rohith Vemula si è suicidato il 17 gennaio scorso.