Intervista con la giornalista iraniana Negar Mortazavi che vive a New York.

Qual è la sua opinione sui fatti di Charlie Hebdo?
Il concetto di libertà d’espressione è un concetto scivoloso e chiunque affermi che dev’essere assoluta è staccato dalla realtà. La libertà d’espressione deve essere definita dalla legge ed in effetti lo è in Occidente ma io credo si debba tener conto anche della sensibilità di tutte le parti della società in cui viviamo. Una sensibilità che dovrebbe forse spingere scrittori, giornalisti, artisti a non oltrepassare certi limiti ed urtare i sentimenti di una porzione delle società in cui vivono. Le ragioni poi sono estremamente importanti. Perché farlo? Si sta cercando di mettere a fuoco qualcosa? Si sta criticando l’autorità? Si sta denunciando la corruzione? Oppure si sta semplicemente offendendo per il gusto di offendere? Tutti questi sono elementi importanti che andrebbero considerati.
C’è dunque una linea che la libertà di espressione non dovrebbe superare?
E’ molto difficile tracciare una linea, chi può dire cosa si può fare e cosa no? Da dove cominciare? Non vivo in Francia ma se ci vivi come giornalista, come fumettista e non tieni conto della sensibilità di tutte le parti che compongono la società in cui vivi questo a mio avviso vuol dire essere insensibile ed anche irresponsabile. Credo che spesso Charlie Hebdo abbia superato questo limite. E’ un’ottima pubblicazione, molti colleghi ne sono fan in quanto ridicolzza l’autorità, il potere, è una pubblicazione molto politica. Nondimeno credo che quando colpisce in modo così diretto la comunità musulmana francese pecchi, dal punto di vista culturale, d’insensibilità.
In quanto giornalista iraniana, con radici musulmane, quali sono i suoi sentimenti a riguardo?
Non sono religiosa quindo sono staccata da questo sentimento d’offesa che sentono molti musulmani. Io credo che chiedere che in Francia non si disegni il Profeta sia eccessivo. Ricordo quando Charbonnier disse: “Vivo sotto la legge francese non la legge coranica”. Aveva ragione. E’ troppo aspettarsi dalla Francia, un paese laico, che non si disegnino caricature del Profeta. Il mio problema però è culturale. E cioé il fatto di ritrarre il Profeta non è importante in quanto anche se è sacro per l’Islam il Profeta oramai non c’è più. Piuttosto attraverso quella caricatura si sta facendo in realtà un ritratto dei musulmani di Francia che sono nella maggioranza dei casi marginalizzati ed appartengono alle porzioni più povere della società francese. Questo è a mio avviso, dal punto di vista culturale, una mancanza di sensibilità.
Crede che Charlie Hebdo fosse islamofobico?
No, per nulla. L’ultima copertina col Profeta che piange ad esempio non era per nulla offensiva. Occorre però ricordare che Charlie Hebdo ha pubblicato fumetti erotici e pornografici con il Profeta, fumetti in cui figuravano corpi nudi. Ciò credo, prima che da un punto meramente religioso, sia dal punto di vista culturale un gesto di scarsa sensibilità nei confronti del mondo musulmano. Se si combinano tutti questi elementi (religione, blasfemia, nudità) allora si capisce perché molte persone si siano sentite offese. Non sono religiosa ma quando vedo quelle immagini pornografiche mi sento, per il mio background musulmano, culturalmente offesa. Come giornalista (perché mi sento prima giornalista e poi cittadina iraniana) m’identifico certamente con la libertà di espressione di Charlie Hebdo perché al di là di ciò che tu abbia pubblicato la violenza non è certo la risposta. Se non ti paice ciò che viene pubblicato, scrivici, protesta, intenta un processo contro la pubblicazione ma non commetti atti barbari. La violenza è sempre sbagliata. Molti musulmani, pur non condividendo la linea editoriale di Charlie Hebdo, rispettano la loro libertà d’espressione. Soprattutto noi difendiamo il loro diritto a vivere. In quella redazione avrebbe potuto esserci uno di noi giornalisti. Da questo punto di vista io simpatizzo con loro. Ma non per i loro contenuti che trovo manchino di sensibilità.
Non trova paradossale che durante la manifestazione di Parigi abbiano sfilato capi di stato e politici che nei loro rispettivi paesi sono i peggiorni nemici della stampa libera?
Sì è vero che hanno sfilato molti leader che non sono certo paladini della libera stampa. Io però continuo a vedere lati positivi in questo. Basti pensare che alcuni dei leader più conservatori e radicali del mondo musulmano hanno condannato gli attacchi. Ad esempio l’ex presidente iraniano Khatami o il leader di Hezbollah Nasrallah. Uno di loro ha detto: “Questo attacco ha causato all’Islam più danno delle caricature”. E’ un’affermazione importante. Poi il fatto che leader giordani, palestinesi, sauditi abbiano sfilato uniti contro la violenza è anche un fatto importante. A mio avviso anche altri ambasciatori e politici del mondo musulmano avrebbero dovuto partecipare, l’Iran ad esempio, ma sfortunatamente non l’ha fatto.
@marco_cesario
Intervista con la giornalista iraniana Negar Mortazavi che vive a New York.