Il Brasile opta per la continuità: Dilma Rousseff, «Partido dos Trabalhadores», è stata rieletta alla Presidenza della Repubblica. La candidata del partito di sinistra si è imposta al ballottaggio, ottenendo il 51,6% dei voti validi (oltre 54 milioni).

Aécio Neves, leader del PSDB (Partido da Social Democracia Brasileira), ha invece ottenuto il 48,4% delle preferenze, corrispondente a 50,8 milioni di voti. Per Dilma Rousseff, Presidente uscente, si tratta del secondo mandato consecutivo: nel 2010 aveva superato José Serra (PSDB) con il 56% rispetto al 44% dei voti.
Per il PT, invece, è il quarto mandato consecutivo di governo. L’ascesa era iniziata nel 2002 con l’ex Presidente Lula, rieletto nel 2006 con il 61% delle preferenze. Questa volta la distanza fra i candidati dei due tradizionali schieramenti è stata la più bassa nella storia della democrazia verde-oro. Neves, protagonista di una grande rimonta nei sondaggi nel primo turno, non è riuscito a confermare le previsioni che lo vedevano in vantaggio nella corsa presidenziale. L’esponente «tucano» ha però condotto il proprio partito al miglior risultato dall’era di Fernando Henrique Cardoso, al governo dal 1994 al 2002. Se Dilma Rousseff dovesse riuscire a concludere la propria legislatura senza problemi, nel 2018 saranno 16 anni consecutivi di governo PT.
Il risultato ha confermato ancora una volta la forte polarizzazione politica e sociale. L’intera campagna elettorale è stata segnata da toni molto aspri da entrambe le parti, che non hanno risparmiato attacchi personali ai candidati alla Presidenza.
Significativa, per quanto prevedibile, la divisione geografica dell’elettorato.
Dilma Rousseff ha vinto nella regione Nord (57% a 43%), dominando anche nel Nordest (72% a 28%). Aécio Neves ha ricevuto maggior consensi nel Centro-Est (57% a 43%); nel Sudest (56% a 44%) e nel Sud (59% a 41%). La contrapposizione fra le scelte elettorali del Sudest, la regione più ricca del paese, e il Nordest, tra le meno sviluppate, ha dato il via a un duro scontro sociale fra gli elettori brasiliani. Consultando, però, i numeri assoluti risulta chiaro come Dilma Rousseff abbia ricevuto il 37,02% dei propri voti nel Nordeste e 36,47% nel Sudest, una differenza di “sole” 303.790 preferenze in numeri assoluti. Nonostante il risultato sia geograficamente più uniforme di quanto possa apparire, non è stato possibile arginare vecchi attriti all’interno della società brasiliana. In molti post sui social network è stata espressa una palese discriminazione nei confronti dell’elettorato del Nordest.
Dilma Rousseff – protagonista di una campagna elettorale al di sopra delle righe, secondo i media locali e l’opposizione – ha però minimizzato le frazioni fra l’elettorato, sostenendo che non si appresta a governare un Paese diviso, mentre Neves ha invitato all’unione nel suo discorso post-elettorale. Il PT si appresta a intraprendere una legislatura difficile, nel corso della quale non potrà non tenere conto dell’esiguo margine ottenuto. Nel corso del proprio intervento post-vittoria, Dilma Rousseff, apparsa al fianco dell’ex Presidente Lula, ha preannunciato una «riforma politica», ma dovrà lottare per contenere l’inflazione, aprire maggiormente i mercati, e avviare una necessaria riforma della sanità pubblica e dell’istruzione.
Le reazioni dei mercati non sono state delle migliori: l’indice BOVESPA, borsa di valori di San Paolo, ha aperto in ribasso, toccando punte del -6%. Pessime anche le azioni della Petrobras – la compagnia petrolifera brasiliana al centro di uno scandalo di corruzione, che secondo l’accusa vede coinvolti anche membri del PT – in ribasso di oltre il 10%. Riforma economica e diminuzione delle differenze sociali: il nuovo mandato comincia con le due sfide più difficili per il Brasile.
Il Brasile opta per la continuità: Dilma Rousseff, «Partido dos Trabalhadores», è stata rieletta alla Presidenza della Repubblica. La candidata del partito di sinistra si è imposta al ballottaggio, ottenendo il 51,6% dei voti validi (oltre 54 milioni).