«Da quando siamo stati promossi al rango di funzionari – avrebbe dichiarato un quadro di Partito dell’Hebei alla Xinhua, l’agenzia di stampa ufficiale in Cina – abbiamo cominciato a sentirci fin troppo bene e ad assumere un atteggiamento arrogante. Abbiamo riempito di lodi e ci siamo dimostrati compiaciuti con chi ci stava attorno». Torna di moda in Cina l’autocritica, sessioni durante le quali vengono ammesse le proprie colpe, con il responsabile, in questo caso il capo, Xi Jinping, a consigliare rettifiche. E’ accaduto nell’Hebei dove per quattro mezze giornate Xi ha ascoltato gli errori dei «compagni funzionari».

Condannato all’ergastolo Bo Xilai, Xi Jinping lo supera a sinistra, recuperando dalla Rivoluzione Culturale le sessioni di autocritica, di cui si sarebbero già resi protagonisti lo scorso giugno i membri del Comitato Centrale. Obiettivo: eliminare i formalismi, la burocrazia, l’edonismo e la stravaganza dal Partito, per ritornare ad esse
re faro della società cinese e non un modello da criticare e contro cui potenzialmente si può aizzare quella parte della popolazione che, dopo anni di «locomotiva economica», comincia a rimpiangere il periodo in cui tutti avevano poco, ma in uguale misura.
Xi Jinping infatti spinge sull’acceleratore della stretta interna al Partito con motivazioni tanto politiche, quanto economiche: in primo luogo ci sono da eliminare quelle mele marce che minano il rispetto del popolo nei confronti del Partito, in secondo luogo c’è da bloccare l’indignazione popolare per l’arricchimento rapido e spesso illegale di tanti funzionari e affaristi vicino alla politica.
Non è un caso se il debito pubblico delle amministrazioni locali è ancora sotto la lente di osservazione del Partito e non solo (ad esempio gli organismi economici internazionali). Il comportamento di molti funzionari teso ad agevolare speculazioni – in primis nell’ambito immobiliare – hanno determinato una situazione di non ritorno per l’economia cinese. Da un lato dunque Li Keqiang sta cercando di equilibrare l’economia, dall’altro Xi Jinping sta mettendo il carico sull’aspetto politico.
Recuperare toni da Rivoluzione Culturale, inoltre, significa anche tendere, ancora una volta, una mano a quella parte della popolazione che vedeva in Bo Xilai un esempio da seguire. La campagna contro le traidi, che secondo molti osservatori avrebbe finito per ripulire e non poco l’ambiente economico di Chongqing (oltre ad avere eliminato molti avversari personali dell’ex leader) veniva considerata da molti cinesi come una valida politica sociale, in grado di colpire le parti più corrotte della vita economica e politica cinese.
«Da quando siamo stati promossi al rango di funzionari – avrebbe dichiarato un quadro di Partito dell’Hebei alla Xinhua, l’agenzia di stampa ufficiale in Cina – abbiamo cominciato a sentirci fin troppo bene e ad assumere un atteggiamento arrogante. Abbiamo riempito di lodi e ci siamo dimostrati compiaciuti con chi ci stava attorno». Torna di moda in Cina l’autocritica, sessioni durante le quali vengono ammesse le proprie colpe, con il responsabile, in questo caso il capo, Xi Jinping, a consigliare rettifiche. E’ accaduto nell’Hebei dove per quattro mezze giornate Xi ha ascoltato gli errori dei «compagni funzionari».