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Le porte si chiudono


Promotrice della cultura del benvenuto, la Merkel ha aperto le porte dell’Unione europea ai rifugiati. L’Austria invece frena con la chiusura del Brennero.

Talvolta un anno può essere un’eternità. Ne sa qualcosa Angela Merkel. Ancora nell’aprile 2015 il suo potere sembrava inossidabile, grazie al consenso trasversale dei cittadini tedeschi che al 75% esprimevano un giudizio positivo sulla loro Cancelliera e che avrebbero rivotato i due partiti di governo, la CDU e la SPD, con il 41 e il 25%: le stesse percentuali delle elezioni del settembre 2013. Oggi la CDU arriverebbe soltanto al 33, la SPD al 20% mentre i populisti di destra della AfD – dati in forte crisi soltanto pochi mesi fa – sono schizzati al 15%. Oggi i giudizi positivi sulla Merkel si fermano al 55% (ma erano addirittura scesi al 49% nel novembre 2015), e malgrado i giudizi positivi ancora prevalenti i Tedeschi si mostrano convinti a larga maggioranza, con il 64%, che la Merkel farebbe bene a non ricandidarsi alle prossime elezioni, nell’ottobre 2017. Ma mentre il suo futuro sembra incerto il suo collega austriaco ce l’ha ormai alle spalle: il 6 maggio 2016 il socialdemocratico Werner Faymann, come la Merkel a capo di una Grosse Koalition, ha rassegnato le dimissioni, reagendo all’esito disastroso del primo turno delle elezioni presi denziali dell’Austria che ha visto primeggiare il candidato populista dei Die Freiheitlichen con il 35%. I candidati del Partito socialdemocratico e dei Popolari invece si sono tutti e due fermati ad un umiliante 11%, rimanendo esclusi dal ballottaggio.

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