Il Sua act, la legge che l’accusa indiana ha intenzione di utilizzare nel caso dei due marò, è descritta in Italia come una “legge anti terrorismo”, con tutte le conseguenze indignate del caso. Diamoci un’occhiata da vicino.

Il Suppression of Unlawful Acts Against Safety of Maritime Navigation and Fixed Platforms on Continental Shelf del 2002 (Sua act) è la legge anti pirateria che il procuratore indiano Vahanvati ha richiesto di applicare nel procedimento penale contro i fucilieri Latorre e Girone. In Italia se ne è parlato molto e in modo sbrigativo, probabilmente secondo le esigenze giornalistiche di semplificazione e immediatezza, perdendosi per strada alcuni dettagli utili a contestualizzare la posizione indiana.
Iniziamo col dire che il Sua act, tecnicamente, non è una legge anti terrorismo. In tutto il testo infatti, come nota il giurista John Bellish, non c’è nessun riferimento al terrorismo o ai terroristi. Si tratta di una legge varata per contrastare i reati in mare, senza alcuna altra accezione. E, nel caso in questione, tecnicamente appare appropriata.
Il problema “semantico” è che la polizia federale incaricata di indagare sulla vicenda è la National Investigation Agency (Nia), la polizia federale indiana specializzata in anti terrorismo fondata in India subito dopo l’attentato di Mumbai del 2008. Come già ripetuto più volte, la scelta di affidare il caso alla Nia è stata per l’India, a posteriori, un clamoroso autogol, poiché sta dando adito in Italia a speculazioni su una volontà di considerare terroristi i due marò che, da parte indiana, non ha motivo di essere.
Quando la Corte suprema, nella sentenza del 18 gennaio, decise di togliere il caso alle autorità del Kerala – per mancanza di giurisdizione – e trasferirlo a livello federale, il governo di Delhi indicò la Nia come l’organo destinato a riesaminare i faldoni dell’inchiesta poiché l’altra polizia federale indiana (il Central Bureau of Investigation, Cbi) era “oberata di lavoro”.
Si sono creati così i presupposti per uno dei molti aspetti “lost in translation” della vicenda: la polizia federale che indaga i marò è specializzata in terrorismo + chiede di applicare una legge anti pirateria = l’India considera Latorre e Girone dei terroristi.
A mente fredda, sono convinto che l’India non abbia alcuna intenzione di considerare i due marò alla stregua di terroristi – a fronte del regime di detenzione soft del quale hanno potuto godere per due anni e delle dichiarazioni di Salman Khurshid, ministro degli Esteri – ma ad ogni modo, insistendo sul Sua act, voglia mostrarsi intransigente agli occhi dell’opinione pubblica per una serie di motivazioni che ho elencato in un articolo pubblicato stamattina sul Manifesto:
Le motivazioni che hanno spinto l’accusa ad abbracciare una legge così «dura» potrebbero essere molteplici: un eccesso di aderenza alla burocrazia che lega la National Investigation Agency (Nia) all’utilizzo di leggi federali anti terrorismo; la rappresaglia per il mancato rispetto degli impegni presi dall’Italia circa la deposizione degli altri quattro marò, interrogati in via telematica dall’ambasciata indiana a Roma (che si aggiunge all’imbarazzante gestione Terzi del ritorno in India dei marò nel febbraio 2013); mostrare all’elettorato un’India governata dall’Indian National Congress (Inc) dell’«italiana» Sonia Gandhi come un paese intransigente, in vista delle politiche imminenti; creare un precedente intimidatorio, per ituazioni analoghe future che possono coinvolgere terroristi pakistani o le guardie costiere cingalesi e bangladesi, che pattugliano territori contesi.
Sicuramente il clima in aula non deve essere dei più concilianti. Il quotidiano The Hindu riporta infatti uno scambio tra il procuratore Vahanvati e l’avvocato difensore dei marò Rohatgi. Quando Rohatgi ha contestato la decisione dell’accusa di applicare il Sua act, Vahanvati avrebbe replicato: “Hanno ucciso due persone, volete che non vengano incriminati e anzi dovremmo assegnare loro un Padma Bhushan o un Padma Vibhushan (due tra le massime onoreficenze civili della Repubblica indiana, ndr) ?”
Ma dall’aggressività – ampiamente opinabile – dell’India alle accuse di “stato terrorista” mosse all’Italia un po’ ce ne passa.
Il Sua act, la legge che l’accusa indiana ha intenzione di utilizzare nel caso dei due marò, è descritta in Italia come una “legge anti terrorismo”, con tutte le conseguenze indignate del caso. Diamoci un’occhiata da vicino.