Dopo la decisione della Corte Costituzionale, il dibattito non centra l’obiettivo: un Paese civile non può cambiare le regole del gioco prima di ogni match
Il referendum per l’abolizione della quota proporzionale dell’attuale sistema di voto, il cosiddetto “Rosatellum”, non si terrà. La Corte Costituzionale ha deciso, undici voti contro quattro, di dichiarare inammissibile la richiesta perché “eccessivamente manipolativa”. La proposta di referendum era stata avanzata da otto consigli regionali guidati dal centrodestra (Veneto, Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Abruzzo, Basilicata e Liguria).
Le motivazioni della sentenza si conosceranno solo il 10 febbraio. L’ufficio stampa della Corte in una nota spiega che “a conclusione della discussione, la richiesta è stata dichiarata inammissibile, per l’assorbente ragione dell’eccessiva manipolatvità del quesito referendario nella parte che riguarda la delega al Governo”. Il referendum deve produrre una norma “autoapplicativa”, cioè immediatamente applicabile senza ulteriori passaggi parlamentari; una legge uninominale, però, per funzionare ha bisogno che vengano ridisegnati i collegi.
L’eccessiva manipolatività riguarda la parte del quesito referendario relativo a una legge dello scorso anno, che attribuisce al Governo – in seguito al taglio dei parlamentari – una delega per ridefinire i collegi elettorali. Delega che si sarebbe voluto estendere, manipolandola eccessivamente, al ridisegno dei collegi per la legge elettorale.
Nonostante l’esito fosse ampiamente previsto, tutto il centrodestra ha gridato all’attacco alla democrazia. “È una vergogna, è il vecchio sistema che si difende: Pd e 5 Stelle sono e restano attaccati alle poltrone. Ci dispiace che non si lasci decidere il popolo: così è il ritorno alla preistoria della peggiore politica italica” ha sbraitato Matteo Salvini.
Apprezzamenti invece dai pentastellati. Il Ministro per le Riforme e i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, ha dichiarato: “Dopo il pronunciamento della Corte, noi continuiamo ad andare avanti per superare il Rosatellum e dare al Paese una legge elettorale proporzionale con soglia alta che garantisca un sistema politico più coeso, camere più rappresentative e Governi più stabili”.
Francamente, questa retorica della restituzione del potere di scelta al popolo è davvero sconfortante, per la mistificazione del messaggio che contiene. E la storia recente del nostro Paese, che ha visto l’avvicendarsi di tutte le possibili leggi elettorali, è una evidente testimonianza dell’impatto relativo delle regole sull’efficienza della governance.
Il vero problema è invece un altro: nessun Paese può definirsi civile se cambia le regole del gioco prima di ogni partita. Sarà venuto il momento di scegliere una qualsiasi legge elettorale e cristallizzarla nella Costituzione! È davvero il segno della inadeguatezza di questa classe dirigente questa smania di adattare ogni due anni le regole del gioco alla propria convenienza del momento…
@GiuScognamiglio
Dopo la decisione della Corte Costituzionale, il dibattito non centra l’obiettivo: un Paese civile non può cambiare le regole del gioco prima di ogni match