Il ritorno della destra nazionalista cristiana può cambiare il Libano
La trasmissione dinastica del potere genera tensioni nella comunità cristiano maronita. E l’incertezza intorno alla successione di Aoun nel Fpm potrebbe favorire le Forze Libanesi di Geagea, una forza più settaria in crescita, già filo-israeliana e ora vicina all’Arabia Saudita
La trasmissione dinastica del potere genera tensioni nella comunità cristiano maronita. E l’incertezza intorno alla successione di Aoun nel Fpm potrebbe favorire le Forze Libanesi di Geagea, una forza più settaria in crescita, già filo-israeliana e ora vicina all’Arabia Saudita
Beirut – Se quella tra cristiani e musulmani rimane una tensione latente in seno alla società libanese, retaggio di conflitti e diffidenze maturate negli anni della guerra civile, nello scenario politico nazionale le faglie hanno forma diversa.
Il primo è un blocco sciita – Hezbollah e Amal – coeso attorno all’idea di muqawama (resistenza, contro Israele), poi un blocco sunnita indebolito dalla lotta interna – tra gli Hariri, i Mikati, i Rifi – per la rappresentanza esclusiva della comunità e dal declino di Hariri in termini di autorevolezza, dopo la crisi innescata lo scorso anno dalle sue dimissioni temporanee, rassegnate in diretta tv da Riad.
Infine c’è un fronte cristiano maronita, essenzialmente diviso in due: da una parte le forze filo siriane, alleate strategiche di Hezbollah (FPM, Marada), dall’altra quelle che intendono ridimensionare il peso del Partito di Dio – chiedendone il disarmo sancito dagli accordi di Taif – e che contestano la convergenza tra quest’ultimo e una parte dei partiti cristiani, come le Forze Libanesi e i Falangisti, con i primi che si sono avvicinati a Riad, proprio in funzione anti-Hezbollah.
In quest’ultimo campo ricade anche il principale partito druso, quello di Walid Jumblatt, nonostante una storia politica contraddittoria.
Il Partito Socialista Progressista (Psp) è il principale rappresentante della comunità drusa, la cui roccaforte si trova nel distretto dello Chouf. Ha un peso politico molto consistente se messo in relazione ai soli 9 seggi in parlamento e se si considera che quella drusa è una comunità di dimensioni relativamente contenute in Libano (200mila circa).
E’ guidato da Walid Jumblatt, figlio di Kamal, il suo fondatore. Jumblatt rappresenta l’archetipo dello za’im feudale, la cui dinastia è legata a una specifica area geografica in cui detiene terreni, proprietà, e a cui la comunità drusa fa riferimento. È noto soprattutto per il suo trasformismo politico, che gli ha fatto guadagnare il nomignolo di “bandierina”: un tempo alleato di Hafez Al Assad, oggi Jumblatt è capofila del blocco anti-siriano ed è il soggetto politico più ostile ad Hezbollah, insieme alle Forze Libanesi e al partito Futuro del premier Hariri, ma comunque ancora in grado di sfruttare il prestigio e l’eredità del defunto padre presso la comunità sunnita, della quale è ancora il principale protettore.
Jumblatt sta cercando di trasmettere il suo impero al figlio trentaseienne Teymour che, secondo gli ambienti locali, avrebbe poca voglia di intraprendere la carriera politica. Nel 2012 lasciò per un periodo il Libano, dopo aver ricevuto minacce di morte dalla potente famiglia sciita filo-siriana degli Al Mokdad, dotata anche di una vera e propria ala militare. Il Psp in futuro potrebbe veder erosa la propria posizione monopolista in seno alla comunità drusa a seguito della lenta crescita del Partito democratico libanese druso di Talal Arslan, alleato di Hezbollah e del Fpm.
I partiti cristiano-maroniti rappresentano poco meno della metà dell’elettorato libanese e, analogamente a quanto avveniva durante la guerra civile, rimangono politicamente divisi tra loro. Le faglie sono diverse, hanno molto a che fare con i rapporti internazionali e, più nello specifico, con la collocazione nel campo filo-siriano (e filo iraniano) e in quello filo saudita (e filo americano).
La Corrente patriottica libera (Fpm) è il partito cristiano maronita con il maggior numero di seggi in parlamento, fondato nel ’94 dall’attuale Capo di Stato Michel Aoun. Il generale Aoun è forse il politico maronita più popolare anche per il ruolo avuto durante l’occupazione siriana del Libano. Il Fpm gode anche del sostegno riflesso di una parte dei musulmani sciiti, sopratutto a partire dal 2006, quando venne firmato il memorandum d’intesa dallo stesso Aoun e da Hassan Nasrallah, segretario generale di Hezbollah, che ha sancito l’alleanza politica tra i due partiti. Ciò ha avuto effetti ambivalenti: da una parte il rafforzamento politico dell’asse filosiriano, sull’architrave formato da Fpm ed Hezbollah – insieme ad Amal, al Sdnp, Marada, al Tashnaq e ad altre formazioni -, dall’altra l’indebolimento della natura confessionale del partito, con una parte dell’elettorato cristiano del Fpm che non ha valutato positivamente l’alleanza con gli sciiti di Hezbollah.
Il Fpm sta vivendo una sorta di crisi di composizione, dato che alle scorse elezioni di maggio molti suoi candidati non erano membri ufficiali del partito ma esterni ad esso. Per il Fpm la transizione dinastica è un Fpm più che altrove ed è allo stesso tempo la più avviata e la più problematica: dal 2015 il leader del partito è Gebran Bassil, 48 anni, ministro degli Esteri in carica nonché genero di Aoun, avendo sposato una delle sue figlie, Chantal.
La designazione di Bassil è stata tutt’altro che serena: lo stesso presidente è dovuto intervenire per chiedere il ritiro dell’altro concorrente papabile, suo nipote Alain Aoun. Non senza polemiche, visto il carattere impulsivo di Bassil e una condotta politica talvolta sopra le righe, che gli attirano numerose critiche all’interno della comunità cristiana, che lo ha eletto soltanto a maggio, dopo vari tentativi falliti.
Ad aspirare alla guida del partito, c’è poi l’altro genero del presidente: il generale Chamel Roukoz. Sposato con un’altra sua figlia, Claudine, la sua popolarità è in crescita sopratutto da quando ha guidato le Forze armate libanesi nella battaglia di Arsal del 2014 contro Jabhat al Nusra.
Si vocifera che il presidente Aoun, 83 anni, sia malato e tutti gli osservatori ritengono che alla sua morte il Fpm dovrà affrontare un terremoto interno, anche perché i tre aspiranti sono profondamente diversi tra loro. Terremoto che probabilmente avvantaggerà altre formazioni cristiane maronite più settarie, come le Forze Libanesi di Samir Geagea.
Le Forze Libanesi (Lf) sono un partito nazionalista di destra, fondato nel 1976 da Bachir Gemayel, nonché il secondo partito cristiano maronita in Parlamento, i cui seggi sono raddoppiati (da 8 a 15) alle ultime elezioni di maggio. Dal 1986 a capo delle Forze Libanesi c’è Samir Geagea, unico protagonista di alto profilo della guerra civile ad aver pagato per i suoi crimini, con ben 11 anni di isolamento in carcere. Questa detenzione – terminata nel 2005 – gli ha garantito una buona dose di autorevolezza agli occhi di un certo pubblico cristiano, rendendolo quasi immune alle diffuse accuse di corruzione nei confronti dei politici locali, avendo passato in cella gli anni a cavallo tra i millenni.
Geagea è noto per i suoi legami con Israele durante la guerra e per la sua ostilità nei confronti di Hezbollah e di Assad. Posizioni che lo hanno fatto avvicinare di recente anche all’Arabia Saudita – che in lui ha il secondo interlocutore principale nel Paese, dopo Saad Hariri -, con cui condivide l’aperta ostilità all’influenza iraniana nell’area. Le Lf perseguono ovviamente delle istanze a tutela della comunità cristiana e sono in crescita sopratutto tra i giovani cristiano maroniti, come si evince dagli ottimi risultati alle elezioni studentesche nelle università.
Se Geagea è il vero za’im delle Lf e uno dei più influenti nella intera comunità cristiana, a rappresentarlo in parlamento – eletta regolarmente nel distretto di Bsharre – c’è sua moglie, Sethrida Taowk Geagea, che ha di fatto guidato il partito negli anni di detenzione del marito.
Le Lf sono il partito che potrebbe risentire meno dei venti di cambiamento e dei ricambi generazionali nella leadership, anche perché Samir e Sethrida non hanno figli ma molti fedelissimi. La visione politica e religiosa del partito rimarrebbe sostanzialmente immutata, a sostegno di un graduale processo di trasformazione che sta rendendo le Lf un partito sempre più mainstream e che punta molto sulla retorica anti-corruzione e sul primato dello Stato.
Un ricollocamento simile a quello dei Falangisti (Kataeb) guidati da Sami Gemayel che, nonostante abbiano espresso ben tre presidenti del Libano, oggi vivono una traiettoria declinante, con due seggi persi alle ultime elezioni. Dopo aver puntato sul ringiovanimento della leadership, allontanandosi politicamente da due alleati come le Forze Libanesi e il partito Futuro di Hariri, Gemayel ha deciso di fare dei passi indietro, nominando suo consigliere principale Fouad Abou Nader, un leader della vecchia guardia che nel 2007 aveva fondato un suo partito, anche al fine di riallacciare i rapporti in occidente.
Geagea intende presentarsi alle elezioni presidenziali del 2022. L’eventuale sua futura elezione a tale carica potrebbe avere significative ripercussioni sul posizionamento internazionale del Paese, sulla questione dell’arsenale di Hezbollah e sui rapporti con il partito cristiano Marada guidato da Suleiman Franjieh, con il quale recentemente c’è stata una storica riconciliazione – il padre di Franjieh fu infatti ucciso nel 1978 durante il massacro di Ehden, a cui Geagea prese parte -. Il Marada è attualmente alleato di Hezbollah ed ha sempre avuto rapporti stretti con Assad. Il rafforzamento della posizione del regime in Siria gioverebbe al partito fondato a Zgharta, che quest’anno ha fatto eleggere in Parlamento anche il figlio di Suleiman Franjieh, Tony, destinato in futuro a sostituirlo. (2 – segue)
Seconda parte di un’inchiesta dedicata alle grandi dinastie politiche libanesi. Puoi leggere qui la prima parte.
La trasmissione dinastica del potere genera tensioni nella comunità cristiano maronita. E l’incertezza intorno alla successione di Aoun nel Fpm potrebbe favorire le Forze Libanesi di Geagea, una forza più settaria in crescita, già filo-israeliana e ora vicina all’Arabia Saudita
Beirut – Se quella tra cristiani e musulmani rimane una tensione latente in seno alla società libanese, retaggio di conflitti e diffidenze maturate negli anni della guerra civile, nello scenario politico nazionale le faglie hanno forma diversa.
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