LIBANO – Sidone è tappezzata di manifesti, il ricordo di Rafiq Hariri riecheggia tra le strade affollate e nei vicoli del Suk. L’intera città mostra con orgoglio i natali di Rafiq.
Imprenditore miliardario, padre della nazione, fondatore del partito Movimento Futuro e alfiere dei sauditi in Libano, Rafiq Hariri fu ucciso da un’autobomba nel febbraio del 2005 mentre passava con la sua scorta davanti all’hotel Saint George a Beirut. Accuse e guerre tra fazioni, l’attentato fu attribuito, anche se mai in modo ufficiale e definitivo, ad Hezbollah. A giurare “vendetta” politica fu il secondogenito di Rafiq, Saad Hariri. Lo stesso Saad a cui Michel Aoun, neo Presidente della Repubblica, ha dato mandato di formare il Governo.
Le tessere del puzzle si ricompongono, gli accordi che hanno portato alla nomina dell’ex Generale cristiano maronita sono gli stessi che adesso vedono Saad Hariri ricoprire la carica di capo dell’esecutivo dello Stato libanese. Compromessi e giuramenti spezzati, l’attuale leader del Movimento Futuro, facente parte della coalizione del 14 marzo e quindi della maggioranza, è riuscito a ottenere la nomina a Primo Ministro solo grazie ad uno scambio. I 30 deputati del partito sunnita, sotto il diktat di Saad Hariri, hanno votato a favore della nomina di Aoun al fine di ottenere la possibilità di organizzare un nuovo esecutivo.
Ma il Governo che nascerà, sarà influenzato da correnti e visioni opposte. Il leader del Movimento Futuro ha infatti accettato di “donare” alcuni ministeri ai partiti della minoranza. Un nuovo Governo di unità nazionale si prospetta all’orizzonte, un esecutivo costretto nelle maglie del compromesso e quindi frutto di una continua contrattazione. Allo stato attuale, le massime cariche del Libano pendono a favore della coalizione di minoranza. Stature politiche di diverso peso, il Movimento Futuro scricchiola.
I massimi esponenti del partito non sembrano contenti dell’operato di Hariri. Nel luglio del 2016 i media nazionali libanesi hanno dato risalto alla disputa interna al Movimento Futuro tra l’attuale Premier e il Ministro della giustizia Ashraf Rifi. Corruzione finanziaria e dipendenza saudita, dallo scontro Hariri ha visto la propria leadership intaccata. Problemi che si sommano ad altri problemi, la società di famiglia, operante nel mercato energetico, edilizio e finanziario, sembra adesso essere in difficoltà. Sono ormai numerose le proteste dei lavoratori, circa 35000, contro l’operato dell’azienda, spesso incapace di far fede ai salari. L’idea stessa di self-made man con cui Rafiq Hariri ha costruito la sua fortuna politica è ora in bilico, un macigno sulla credibilità di Saad Hariri.
Il Primo Ministro minimizza, “problemi passeggeri”, ma le difficoltà intaccano anche un altro legame indissolubile fino ad ora: la relazione tra la famiglia Hariri e Riad. L’Arabia Saudita, paese originario di Saad Hariri, ha da sempre avuto uno stretto legame con Rafiq, prima, e con Saad, poi. Gli Hariri sono di fatto gli alfieri di Riad in Libano, gli unici capaci di contrastare politicamente Hezbollah, sponsorizzato dalla Repubblica islamica dell’Iran. Ma l’Arabia Saudita ha deciso di cambiare il modo di interporsi con i suoi interlocutori regionali. La morte del re Abd Allah nel gennaio 2015 è stata uno spartiacque. Re Salman, attuale sovrano dello Stato Mediorientale, ha deciso di virare rotta economicamente e politicamente.
La guerra del petrolio, con il prezzo al barile mantenuto basso ad hoc per svantaggiare l’Iran, sta mietendo “vittime” in Arabia Saudita. Le aziende operanti nel mercato di estrazione sono in difficoltà. Tra queste c’è la Saudi Oger, di proprietà di Saad Hariri. Venti di guerra che influenzano gli antichi rapporti di partnership. L’Arabia Saudita ha deciso di mutare atteggiamento anche nei confronti dell’esercito libanese, considerato in passato da Riad come l’unico interlocutore capace di confrontarsi militarmente con lo strapotere di Hezbollah. Riad è da sempre sponsor e mittente di numerosi carichi di armi destinati alle forze armate libanesi, ma qualcosa si è incrinato.
La decisione dell’Arabia Saudita di chiudere i rubinetti verso l’esercito libanese è stata interpretata da molti analisti come l’estrema presa di coscienza del cambiamento dei tempi. Le forze armate libanesi non sono più affidabili, troppa penetrazione di ufficiali sciiti all’interno. Il nodo che legava la famiglia Hariri a Riad si allenta, ma non si slaccia. La stessa società libanese, fondata su famiglie e sfere di influenza sedimentate nel tempo, è una possibile garanzia. Saad Hariri è al centro di una tempesta e l’accordo con Aoun potrebbe essere il tentativo di costruire una diga alle numerose difficoltà attuali.
@LemmiDavide