Non si ferma la battaglia in Libia tra forze filo-Haftar e gruppi islamisti. I miliziani di Zintan, vicini all’ex agente Cia Khalifa Haftar, autore del tentativo di colpo di stato del maggio scorso, sono in marcia verso la capitale Tripoli.

Mentre l’aviazione dell’ex generale sta bombardando alcune delle basi delle forze speciali, prese dagli islamisti, nel capoluogo della Cirenaica Bengasi. I gruppi jihadisti avevano infatti riconquistato, dall’inizio di agosto, l’aeroporto di Tripoli e la città di Bengasi.
Ma è anche scontro istituzionale. La Libia ha ora due parlamenti: il primo filo-islamista a Tripoli (Congresso generale nazionale), il secondo filo-golpisti a Tobruk (Camera dei rappresentanti libica). E due premier: il filo-Fratelli musulmani, Omar al-Hassi, e il filo-Haftar, Abdullah al-Thinni. Il governo di al-Thinni ha però rassegnato le dimissioni in attesa della nomina del nuovo esecutivo da parte del parlamento di Tobruk.
I raid su Tripoli e la reazione internazionale
E così sono bastati due raid aerei, che hanno causato trenta vittime, la scorsa settimana, per far precipitare il conflitto. Secondo il New York Times, gli attacchi su Tripoli sono stati perpetrati da Egitto ed Emirati Arabi Uniti (Uae). L’Egitto avrebbe fornito le basi per i raid, mentre gli Emirati avrebbero concesso piloti, aerei e il rifornimento in volo. «Non ci sono aerei militari egiziani impegnati in Libia e l’aviazione non ha partecipato ad un’azione militare nel Paese», ha tuonato il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi per calmare le acque. Sisi, che appoggia la validità del parlamento di Haftar, ha anche annunciato che presenterà un piano per la Libia al Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite.
I miliziani islamisti, del cartello denominato «Operazione Alba» avevano conquistato lo scorso sabato l’aeroporto della capitale. Lo scalo è chiuso dal 13 luglio ed è andato completamente distrutto negli scontri che oppongono jihadisti e miliziani pro-Haftar. Gli islamisti hanno sferrato anche un attacco al premier in pectore al-Thinni, devastandone l’ufficio e dando alle fiamme la sua abitazione. I miliziani hanno lanciato poi un appello alle ambasciate occidentali a riaprire i battenti dopo l’evacuazione di massa delle scorse settimane. Questi miliziani si sono detti lontani dalla galassia di organizzazioni radicali, unitesi sotto l’ombrello di Ansar al-Sharia, e attive in Libia. In realtà, i legami tra islamisti moderati e milizie radicali è quanto mai ambiguo. Proprio lunedì gli islamisti radicali, Ansar al-Sharia, hanno chiamato i gruppi presenti in Libia ad unirsi sotto l’ombrello del movimento, inserito da Washington nella lista delle organizzazioni terroristiche.
Gli Stati Uniti hanno condannato i raid dello scorso sabato, dicendosi «sorpresi». Anche il nuovo inviato delle Nazioni unite in Libia, Bernardino Leon, sembra accordare il suo sostegno ad un «processo politico», avallando le elezioni dello scorso giugno. Così fanno pure Italia, Francia, Germania e Regno Unito che hanno condannato l’escalation degli scontri e delle violenze a Tripoli, Bengasi e in tutta la Libia.
In Libia è in corso una guerra per procura
In verità, i bombardamenti su Tripoli hanno segnato una nuova pagina dello scontro tra autocrati arabi e movimenti islamisti che tentano di rovesciare i vecchi regimi. Dopo il colpo di stato militare in Egitto che ha mandato a casa il primo presidente eletto della storia al Cairo, il nuovo governo, insieme ad Arabia Saudita ed Emirati, ha lanciato una campagna nella regione (diplomatica, mediatica e militare, armando le milizie controllate) per il ritorno o il consolidamento dei generali.
Dal canto loro, gli Emirati arabi non hanno né confermato né smentito la paternità negli attacchi sui cieli di Tripoli. Secondo molti diplomatici occidentali in Medio oriente, gli Emirati sono impegnati ancor più dell’Arabia saudita nella guerra agli islamisti. Durante le rivolte (2011-2012), Qatar ed Emirati hanno entrambi giocato un ruolo centrale in Libia favorendo i loro clienti nel Paese. Già allora Uae sosteneva i miliziani di Zintan, mentre il Qatar si appoggiava a miliziani e leader tribali di Misurata. Era il prodromo dell’attuale scontro tra islamisti e generali, ma ancora di più era l’inizio di una guerra per procura tra Emirati arabi (ora con l’Egitto) e Qatar in Libia.
Non si ferma la battaglia in Libia tra forze filo-Haftar e gruppi islamisti. I miliziani di Zintan, vicini all’ex agente Cia Khalifa Haftar, autore del tentativo di colpo di stato del maggio scorso, sono in marcia verso la capitale Tripoli.