La Corte suprema libica ha sciolto il parlamento filo-Haftar, con sede a Tobruk in Cirenaica. La Corte lo ha definito «incostituzionale», prima di tutto perché non si trova nella capitale, Tripoli. E poi in quanto proprio da Tobruk è partita la richiesta di intervento armato occidentale avanzata dai generali, che hanno spinto per la formazione dell’Assemblea, dopo l’appoggio dei bombardamenti egiziani.

La vita del «parlamento della Cirenaica» non è mai stata facile, costretto a riunioni segrete, su traghetti o in luoghi di fortuna.
Ma la sentenza in un colpo solo ha azzerato anche l’esecutivo vicino ai militari e ai miliziani di Zintan, guidato da Abdullah al-Thinni. E così, con questa decisione, la Corte ha di fatto annullato le elezioni del giugno scorso e ha confermato la legittimità del Congresso nazionale, a maggioranza islamista di Tripoli.
L’esecutivo e il parlamento si erano insediati dopo la tornata elettorale del 25 giugno scorso, boicottata dalla maggioranza dei libici. Le milizie filo-islamiste hanno festeggiato a Tripoli dopo la decisione della Corte. Il premier filo-islamista, Omar al-Hassi, ha poi promesso una nuova tornata elettorale. Lo scopo sarebbe quello di colmare la lacuna di cui soffrono gli islamisti ormai da mesi: la scadenza del mandato parlamentare che ha portato alle dimissioni forzate del premier Ali Zeidan, prima, e dato il via libera al golpe Haftar, poi.
Il ritorno della famiglia Gheddafi
Il verdetto dà un duro colpo all’operazione lanciata nelle ultime settimane da Haftar, e ancora in corso, per riconquistare Bengasi, liberando le basi militari conquistate dai jihadisti di Ansar al Sharia, e marciare verso Tripoli.
Come se non bastasse, Ahmed Gheddafi al-Dam, cugino del colonnello Muhammar Gheddafi, si è detto pronto a tornare in Libia dopo il suo esilio al Cairo, insieme a lui molte figure del vecchio regime sarebbero pronte a fare rientro in patria. Proprio l’appoggio del Cairo ha dato credibilità all’operazione Dignità, lanciata da Haftar la scorsa primavera. Infine, secondo Human Rights Watch, ci sono prove certe che negli scontri dell’aeroporto di Tripoli dello scorso luglio, costato la vita a 200 persone, le bande armate abbiano fatto uso di mine anti-uomo. Non solo, continua la campagna contro i simboli della colonizzazione italiana in Libia. Una statua eretta in memoria dell’eroe nazionale libico Omar al-Mokhtar è stata trafugata a Tripoli. La statua si trovava davanti al consiglio comunale di al-Maya, a ovest di Tripoli. Stessa sorte era toccata pochi giorni prima alla statua di una donna con una gazzella, risalente agli anni della colonizzazione italiana.
La battaglia nel porto di Bengasi
A Bengasi la battaglia non si ferma, dopo la sfilata trionfale di Khalifa Haftar nel centro della seconda città libica la scorsa settimana. I militari vicini all’ex agente Cia hanno lanciato un ultimatum ai miliziani di Ansar al Sharia, responsabili dell’attacco costato la vita all’ambasciatore Usa, Chris Stevens, per lasciare il porto cittadino. Alla vigilia della sua marcia su Bengasi, la città è stata scossa da violente esplosioni. Alcuni razzi Grad sono piovuti anche sui quartieri circostanti il porto e testimoni hanno parlato di raid aerei dell’esercito libico sulle postazioni jihadiste. Non solo, Ibrahim Jathran, che detiene il controllo di vari pozzi petroliferi a est di Bengasi, ha ribadito il suo rifiuto di unirsi alla guerriglia, vicina agli islamisti.
La parte dell’esercito che appoggia Haftar ha chiesto ai residenti del quartiere portuale al-Sabiri di lasciare le loro case prima di dare il via ad una nuova e imponente operazione contro gli islamisti. Nelle ultime settimane, oltre 200 persone sono state uccise nel tentativo di liberare la città dai combattenti jihadisti. Alla vigilia della contro-offensiva, uno dei portavoce dell’esercito libico, Mohammed Hegazi, ha dichiarato che un aereo del Qatar ha portato armi ed equipaggiamenti militari a Misurata, nell’ovest della Libia, controllata dalle milizie islamiste. Hegazi ha confermato che le forze di Haftar controllano il 90% della città. I militari hanno compiuto perquisizioni e arresti sommari a Bengasi. Per questo le famiglie degli uomini della brigata 17 febbraio e di Ansar al Sharia, si sarebbero riparate verso il porto e nell’ovest del paese.
La Corte suprema libica ha sciolto il parlamento filo-Haftar, con sede a Tobruk in Cirenaica. La Corte lo ha definito «incostituzionale», prima di tutto perché non si trova nella capitale, Tripoli. E poi in quanto proprio da Tobruk è partita la richiesta di intervento armato occidentale avanzata dai generali, che hanno spinto per la formazione dell’Assemblea, dopo l’appoggio dei bombardamenti egiziani.