Come se non bastasse la Senna. Oltre all’acqua, a minacciare Parigi, e la Francia intera, ci pensano gli scioperi. E non ci sono dubbi, quando in Francia si sciopera, lo si fa sul serio. Non si pensi solo a strade colorate, a striscioni e canzoni amarcord. Qui si scende in piazza neanche fosse un istinto naturale, e si spinge fino in fondo, come accaduto a Place de la Nation a Parigi la scorsa settimana, e come continua a succedere giorno dopo giorno, in uno sciopero ad oltranza capace di bloccare mezza Francia colpendo trasporti, energia e stazioni di servizio.
Andiamo con ordine. Il cuore pulsante delle proteste è a Place de la République, nell’XI arrondissement parigino. Sulla vasta lastricata che circonda la monumentale statue de la Républiquesi incontrano attivisti, rappresentanti sindacali, clochard, curiosi e semplici cittadini alla ricerca di un po’ di spazio per una partitella a calcio, o qualche evoluzione sullo skate. L’appuntamento è per l’indomani pomeriggio a Bastiglia. “On partira à deux heures”, ‘si parte alle 2’ assicura Milo, ragazzo sui 25 anni che rivedremo a Place de la Nation, il giorno della protesta, sfrecciare sui pattini fendendo il fumo dei lacrimogeni. Viso dipinto come un clown e fasciato in una tuta bianca, con lo smartphone in modalità video stretto nel
la mano destra, e una action camera fissata al supporto da polso. “Voglio essere sicuro di riprendere quanto accade” spiega in un momento di quiete, mentre la polizia si prepara a rispondere agli attacchi dei casseur, troppi, che lungo rue du Fauburg Saint-Antoine, tra Bastiglia e Place de la Nation, hanno lasciato segni tangibili di una rabbia che va ben oltre il rifiuto alla loi travail, la legge sul lavoro che il governo del socialista François Hollande vorrebbe imporre. Milo coordina e contribuisce a due gruppi su telegram, uno aperto ai reporter, l’altro a chi si muove sul campo, dove ogni giorno finiscono centinaia, se non migliaia di aggiornamenti, immagini, video e pubblicazioni sulle proteste in corso.
Poi ci sono i profili Twitter con quasi due milioni di condivisioni. “Grève générale”, ‘sciopero generale’ ripetono a gran voce i venti o trenta mila di Parigi, scesi in piazza in contemporanea ai lavoratori di Marsiglia, Tolosa, Bordeaux e di tante altre città francesi. Protestano contro le modifiche alla legge di Hollande e del premier Manuel Valls, destinata secondo la coalizione ad introdurre “miglioramenti” e più flessibilità, favorendo così la ripresa economica. Diversa la posizione di moltissimi manifestanti, schierati con i colori dei principali gruppi sindacali in particolare CGT, ma anche Force Ouvrière, SUD, UNSA e CFDT, che vedono nella loi travail la tomba dei diritti dei lavoratori, e uno strumento per facilitare i licenziamenti. Del resto la Francia sta attraversando uno dei momenti più difficili per il mercato del lavoro, soprattutto giovanile, con un tasso di disoccupazione del 24% tra i 18 e i 24 anni, e del 46% per i lavoratori più giovani, senza professionalità e alla rice
rca di prima occupazione. In questo contesto, liberalizzare la legge sul lavoro significherebbe facilitare le assunzioni, al pari dei licenziamenti, rischiando però di produrre generazioni di precari sottopagati. Pertanto, in Francia sembra preferibile la disoccupazione di massa al cappio del precariato prospettato dalla loi.
Ma la grève francese va ben oltre le proteste di piazza. L’azione nazionale coordinata dai sindacati ha di fatto congelato il paese. Metà dei trasporti ferroviari sono stati bloccati e rischiano di restarlo a lungo, al pari dei servizi portuali e dell’aviazione civile (sciopero quest’ultimo promesso per domani e dopodomani ma rientrato nelle ultime ore). Ben cinque raffinerie su otto presenti nel paese sono inattive, di conseguenza un terzo delle pompe di benzina francesi è a corto di carburante, tanto da costringere il governo a sfruttare le riserve di emergenza. Stop anche alla produzione energetica. Almeno sedici delle diciannove centrali nucleari operative in Francia sono state bloccate dai manifestanti. Un colpo durissimo per una nazione che dipende per il 75% del proprio fabbisogno energetico proprio dalle centrali nucleari. Se non bastasse, nelle principali città francesi sono stati bloccati ponti, autostrade e le principali vie di transito. “Non potete
bloccare una nazione, non potete attaccare gli interessi economici della Francia in questo modo”, ha tuonato Valls intervenendo al senato, additando il CGT come “irresponsabili”. Nell’epoca in cui la curva del gradimento per Hollande e i suoi sembra scesa ai minimi, una mobilitazione popolare del genere, affiancata dal blocco di trasporti e risorse, è destinata a sortire un effetto psicologico destabilizzante, e di certo la loi travail andrà rivista, adattata e smussata. Non può essere altrimenti.
Sull’Eliseo incombe l’ombra di un mese di sciopero ad oltranza, desinato ad intensificarsi tra il 10 giugno e il 10 luglio quando la Francia ospiterà i campionati europei di calcio, per i quali sono attesi circa 2,5 milioni di visitatori. Malgrado la prospettiva del blocco alla giostra calcistica, per Hollande e Valls la prima voce all’ordine del giorno durante France 2016 resta il pericolo attentati, seguita in scia dalla loi travail, la cui impopolarità rimbomba giorno e notte nelle piazze francesi al grido di “grève générale”.
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Foto di Emanuele Confortin











