Dopo vent’anni di dispute insanabili, Il prossimo 12 agosto i cinque Stati che si affacciano sul Caspio dovrebbero firmare un accordo sul suo status legale. Dall’Iran alla Russia, vincitori e vinti di una partita geopolitica ed energetica cruciale
Dopo vent’anni di dispute, di tensioni e di reciproche incomprensioni, apparse spesso insanabili, i cinque Stati che si affacciano sul mar Caspio potrebbero trovarsi sul punto di accordarsi sullo status legale da assegnargli, ponendo termine a un processo negoziale che dura da un quarto di secolo.
Il Caspio, considerato il più grande lago al mondo, è incastonato tra Europa e Asia, tra est e ovest e bagna le coste di Russia, Kazakhstan, Iran, Azerbaijan e Turkmenistan. Considerando la ricchezza delle sue risorse naturali e gli enormi interessi generati dal loro sfruttamento, il fatto che si trovi al centro di dispute ventennali non può certo stupire: nelle sue acque, il Caspio racchiude 50 miliardi di barili di petrolio e un’enorme quantità di gas naturale, circa 300 trilioni di piedi cubi di gas.
Ciò che resta da decidere, in definitiva, è se considerarlo un mare o un lago, una scelta che potrebbe comportare serie conseguenze geopolitiche per l’intera regione del Caspio e per i mercati energetici tra Asia ed Europa. Negli scorsi giorni, il governo russo ha pubblicato una bozza di accordo, un documento che – secondo le previsioni più ottimistiche – dovrebbe essere ufficialmente sottoscritto dai cinque Stati costieri il prossimo 12 agosto, ad Aktau, una città portuale del Kazakhstan.
In caso di approvazione, il Caspio finirebbe con l’essere considerato a tutti gli effetti un mare e il controllo dei suoi fondali sarebbe determinato dalla legge della “linea mediana”: la frontiera dei fondali controllati, secondo questo principio, sarebbe formata da tutti i punti equidistanti dodici miglia nautiche dalle coste. Secondo il trattato di Montego Bay, infatti, gli Stati rivieraschi possono controllare una porzione di fondale marino compresa entro dodici miglia nautiche dalle proprie coste, con la possibilità di sfruttare una zona economica esclusiva molto più ampia.
Una soluzione di questo genere penalizzerebbe soprattutto l’Iran, che si ritroverebbe a governare soltanto un’area pari al 14% del Caspio. Per questo motivo, Teheran ha sempre insistito per un’eguale ripartizione del fondo marino, che si tradurrebbe in un controllo del 20% dei fondali per ogni Stato.
Oltre a consentire il controllo di dodici miglia nautiche dalla costa, la bozza di accordo – qualora venisse approvata – concederebbe diritti di pesca esclusivi per altre dieci miglia nautiche e proibirebbe la presenza militare nell’area del Caspio a tutti quegli Stati che non vi si affacciano. L’accordo prevede anche la possibilità, da parte degli Stati costieri, di costruire gasdotti sottomarini senza chiedere il permesso ai Paesi non attraversati dalle infrastrutture, il che – teoricamente – spianerebbe la strada per la costruzione del gasdotto transcaspico tra il Turkmenistan e l’Europa, un progetto che ha sempre incontrato l’avversione di Russia e Iran, ansiose di salvaguardare le proprie fette di mercato energetico.
Storicamente, la Russia ha sempre lasciato intendere di voler considerare il Caspio come un lago, in modo tale da preservare la propria posizione dominante nella regione. È sostanzialmente la stessa linea dell’Iran, che prima del crollo dell’Urss condivideva il controllo del mar Caspio insieme alla Russia sovietica. Sul fronte opposto, tra chi sostiene che il Caspio sia da considerare un mare, vi sono gli altri tre Stati rivieraschi, Azerbaijan, Kazakhstan e Turkmenistan, interessati soprattutto alla costruzione di gasdotti e allo sfruttamento delle proprie risorse energetiche.
La posizione più complicata, in ogni caso, resta quella della Russia. Apparentemente, Mosca non avrebbe nulla da guadagnare dalla costruzione di nuovi gasdotti nel Caspio, anzi: il gasdotto transcaspico tra Turkmenistan ed Europa, oltre a bypassare il territorio russo, sottrarrebbe una fetta consistente delle forniture energetiche russe all’Europa, generando un danno evidente per Mosca.
Per la Russia, in effetti, la parte più interessante dell’accordo sembra essere quella relativa alla presenza militare: impedendo ai militari di Stati non rivieraschi di accedere al Caspio, infatti, l’accordo escluderebbe di fatto la presenza militare degli Stati Uniti e di altri Paesi dall’area del Caspio, permettendo alla Russia di rafforzare il suo potere nel Caucaso. I timori russi legati a un’eventuale costruzione del gasdotto transcaspico, inoltre, potrebbero essere mitigati dall’imminente lancio del Nord Stream 2, che garantirebbe il trasporto del gas russo in Europa.
Affinché l’accordo venga approvato, in ogni caso, servirà anche il pieno consenso dell’Iran, il che è tutt’altro che scontato. Oltre a dover accettare il principio utilizzato per la suddivisione del Caspio, che lo penalizzerebbe, l’Iran dovrà anche trovare una soluzione alle annose dispute con il Turkmenistan e l’Azerbaijan per la delimitazione dei fondali meridionali del Caspio: in passato, per evitare l’esplorazione dei giacimenti di gas e petrolio da parte dei vicini, questi tre Stati erano arrivati a minacciarsi apertamente, sfiorando addirittura il confronto militare.
Ma la recente collaborazione tra Iran e Azerbaijan, che hanno discusso a più riprese di progetti energetici condivisi, come l’esplorazione di alcuni giacimenti offshore del Caspio, potrebbe indurre l’Iran ad approvare il documento durante l’incontro di Aktau, ponendo fine alle dispute con Baku e Ashgabat.
Un’eventuale approvazione dell’accordo ad Aktau, il prossimo 12 agosto, potrebbe mutare sensibilmente la geografia energetica del Caspio e di tutta la regione caucasica, dando la possibilità al Turkmenistan di costruire un nuovo corridoio per il gas verso l’Europa.
Una delle partite energetiche più importanti al mondo, ancora una volta, sta per concludersi sulle rive del Caspio, a metà strada tra Europa e Asia, dove interessi geopolitici ed economici continuano a mescolarsi con regolarità, ininterrottamente.
@Cassarian
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