Con l’Agenzia del farmaco e l’Autorità bancaria, se ne vanno indotto e posti di lavoro. È il primo segnale dell’esodo legato all’uscita dalla Ue. “Brexit means Brexit”, ha ricordato Barnier al governo britannico. Ed è solo il preliminare della partita che si giocherà sulla City
Londra – C’è un curioso paradosso sulla stampa internazionale in questi giorni.
Le circostanze dell’assegnazione, rispettivamente, dell’European Medicines Agency, andata ad Amsterdam invece che alla favorita Milano, e della European Banking Authority, che si trasferirà a Parigi invece che alla concorrente Dublino, sono già stati sviscerate dalla stampa italiana ed europea.
Nel Regno Unito, invece, la notizia è stata recepita con relativa indifferenza, e questo dà la preoccupante misura dello scarso realismo che si respira tuttora a Londra, a 17 mesi dal referendum che ha deciso l’uscita del Paese dall’Unione Europea.
Con la parziale eccezione del Guardian, la maggior parte dei quotidiani mainstream britannici si è limitata alla cronaca dei fatti da Bruxelles, come se le due agenzie non stessero per lasciare Londra e come se questo “trasferimento” non fosse il primo segnale tangibile di quel Brexodus di talenti, risorse e interessi che ormai sembra ineluttabile.
Eppure, accaparrarsele aveva richiesto uno grosso sforzo diplomatico, fra l’altro proprio da parte di due governi conservatori.
La European Medicine Agency era arrivata a Londra nel 1995 grazie all’impegno del primo ministro filo-europeista John Major, colui che all’atto del suo insediamento, nel 1993, aveva promesso di mantenere la Gran Bretagna “vicina al cuore dell’Europa” malgrado l’opposizione della corrente euro-scettica del suo partito. Oggi, regola lo sviluppo e la vendita di medicine a 500 milioni di Europei: un’industria da 200 miliardi di sterline.
La European Banking Authority si era invece insediata nel distretto finanziario di Canary Wharf solo nel gennaio 2011, durante il governo di coalizione dei Conservatori con i Lib-Dem, con il mandato di rafforzare regolamentazione e supervisione finanziaria dopo la crisi del 2008: una sorta di insider dell’Unione Europea nel cuore della City di Londra.
Le due agenzie non portavano solo prestigio e centralità politica, ma anche posti di lavoro ed indotto: basti pensare all’Ema, con 900 impiegati e 36mila fra visitatori e ricercatori ogni anno.
Eppure, il Dipartimento for Exiting the European Union, cioè il Ministero per Brexit guidato da David Davis, non ha potuto impedirne l’esodo, né ci risulta alcun comunicato ufficiale su questo sviluppo. Addirittura, nei mesi passati, Davis aveva legato il futuro delle agenzia all’andamento dei negoziati, suscitando a Bruxelles quel misto di incredulità e ilarità che ormai sembra punteggiare i rapporti fra governo britannico e istituzioni europee.
“Che Davis abbia suggerito che il Regno Unito potesse mantenere queste agenzie a Londra dimostra quale limitata comprensione il governo abbia delle possibili conseguenze di Brexit” ha commentato il segretario leader dei Lib-Dem Vince Cable, aggiungendo: “È l’inizio di un jobs Brexodus, di una fuga del lavoro a causa di Brexit. Grosse società private stanno valutando di trasferirsi in Europa e dobbiamo aspettarci che molte lo facciano negli anni a venire”.
Di certo, il negoziatore europeo Michel Barnier non sembra disposto ad aspettare che il governo britannico si svegli dai suoi sogni di un accordo à la carte, tanto da rifare il verso, lunedì, allo slogan con cui Theresa May aveva, molti mesi fa, chiarito la sua posizione sull’uscita: “Brexit means Brexit”, ha ripetuto Barnier. “Proprio quelli che vogliono “liberare” il Regno Unito ora sostengono che dovrebbe conservare un ruolo in alcune delle agenzie europee. […] L’Europa a 27 continuerà a portare avanti il lavoro di queste agenzie, insieme, condividendo i costi di mantenimento. Le nostre imprese continueranno a trarre beneficio dalle competenze create. Il loro lavoro è interamente basato su quei trattati europei che il Regno Unito ha deciso di abbandonare”.
Attenzione, c’è molto di più. La grossa partita dei negoziati si giocherà sui servizi finanziari. Davis ha garantito alla City di Londra che mantenerli è una priorità delle trattative. Ma, anche in questo caso, è molto difficile che i britannici possano avere ciò che sperano. Barnier lo ha chiarito con raggelante lucidità: la “conseguenza legale” di Brexit implica che le banche basate nel Regno Unito perderanno quei “passporting rights” che consentono loro di operare da Londra in tutti i Paesi europei, senza bisogno di autorizzazioni nazionali. Se questo non dovesse accadere, il Brexodus rischia di assumere proporzioni epocali.
@permorgana
Con l’Agenzia del farmaco e l’Autorità bancaria, se ne vanno indotto e posti di lavoro. È il primo segnale dell’esodo legato all’uscita dalla Ue. “Brexit means Brexit”, ha ricordato Barnier al governo britannico. Ed è solo il preliminare della partita che si giocherà sulla City