La Bulgaria detta le condizioni, la Francia media, Skopje valuta se accettare le modifiche costituzionali
Il percorso d’ingresso, lungo e accidentato, della Macedonia del Nord nell’Unione europea non finisce di sorprendere, con novità sui vari fronti che lasciano intendere ulteriori problematiche sull’allargamento a Skopje. Infatti, la complessa situazione deve fare i conti non solo con le incertezze sull’accettazione, o meno, della nuova proposta francese che accontenta, in larga misura, il principale ostacolo per la Macedonia del Nord, ossia la Bulgaria; a questa, si aggiunge l’incertezza politica in entrambi i Paesi, tra maggioranze ballerine e difficoltà di convincimento delle opposizioni.
Andiamo per ordine. La Macedonia del Nord è in discussioni per far parte della famiglia europea dal 2005, anni nei quali sono stati fatti passi avanti — vedi l’accordo con la Grecia sul cambio di nome del Paese e l’ingresso di Skopje nella Nato— ma anche decisivi rallentamenti, che hanno portato allo stallo attuale. A maggio 2021 nuovo stop per via della posizione della Bulgaria, che chiedeva l’inserimento in Costituzione del riconoscimento per la minoranza bulgara, nonché di indicare le origini bulgare della Macedonia del Nord.
Ad oggi, la questione è leggermente cambiata grazie alla proposta francese di mediazione che, d’altro canto, va ad accontentare principalmente Sofia, sostanzialmente obbligando Skopje a una scelta: scendere a compromessi e accettare pur di entrare in Ue, o temporeggiare ulteriormente ribadendo la propria identità. Una scelta complicata, che si è vista negli atteggiamenti del Primo Ministro nord macedone, il social democratico Dimitar Kovacevski.
Prima scettico, poi compiaciuto, Kovacevski ora appoggia la proposta francese e della Commissione Europea guidata da Ursula von der Leyen che, nei giorni scorsi, era in visita nel Paese. Per il leader nord macedone, il deal non è motivo di preoccupazione di sicurezza nazionale, né mina l’identità della nazione. E per von der Leyen è giunto, dunque, il momento per allargare le porte a Skopje: “Vi vogliamo nell’Ue e non ci sono dubbi: il macedone è la vostra lingua”.
Ma l’opposizione incalza e per accettare la proposta è fondamentale apportare le modifiche richieste alla Costituzione, con la necessità di una maggioranza qualificata. Un ostacolo non di poco conto per un Paese che sta assistendo a numerose proteste popolari e della coalizione VMRO-DPMNE: l’esponente Hristijan Mickoski dice che la proposta francese è una vergogna. “Potrà anche passare la farsa in Parlamento, ma non ci sarà la modifica della Costituzione”, ha dichiaro Mickoski. La maggioranza è ristretta: l’ok all’accordo potrà essere votato, ma il successivo passo sarà quello per il cambio del preambolo della carta fondamentale macedone, non assicurato.
In Bulgaria, il Primo Ministro, ormai uscente, Kiril Petkov vive una situazione non dissimile, ma all’opposto: proprio sul caso allargamento Ue alla Macedonia del Nord, e su altre questioni economiche, il Governo ha subito un voto di sfiducia lo scorso 22 giugno. Un grave colpo all’esecutivo in carica da soli 6 mesi, con motivazioni forti che danno il senso di una diatriba che pare allungarsi ulteriormente. Sono ora previste nuove elezioni e probabilmente si dovrà attendere un quadro politico più chiaro prima di comprendere quali saranno le sorti per le aspirazioni di Skopje nell’Ue.
Andiamo per ordine. La Macedonia del Nord è in discussioni per far parte della famiglia europea dal 2005, anni nei quali sono stati fatti passi avanti — vedi l’accordo con la Grecia sul cambio di nome del Paese e l’ingresso di Skopje nella Nato— ma anche decisivi rallentamenti, che hanno portato allo stallo attuale. A maggio 2021 nuovo stop per via della posizione della Bulgaria, che chiedeva l’inserimento in Costituzione del riconoscimento per la minoranza bulgara, nonché di indicare le origini bulgare della Macedonia del Nord.