Per un dollaro davano 80 rubli, per un euro, più di 100. Quasi il doppio della svalutazione in un anno.

Ieri a Mosca c’è stato il “martedì nero”. Sembrava tutto iniziasse bene. Di notte, dopo il crollo del rublo di lunedì, la Banca Centrale russa ha innalzato il tasso d’interesse principale di 6,5 punti percentuali, dal 10,5% al 17 per cento. Non ricordo che simile cosa sia mai accaduta in Russia, e gli effetti di tale operazione non si potevano prevedere.
Infatti, invece di fermare il mercato valutario, la decisione di Elvira Nabiullina, governatrice della Bank Rossii ed ex ministro dello sviluppo economico, ha sortito l’effetto contrario. Se da un lato ha in parte bloccato la ritirata del rublo, dall’altro, ha spaventato i mercati e l’industria con il rischio di una forte inflazione e un costo del denaro insopportabile per le aziende. E benché i volumi di denaro trattati fossero piuttosto ridotti, si è verificato un autentico shock.
Il rublo ha quindi iniziato a scivolare: 85, 90, 95, 100 rubli per un euro, seminando il panico in borsa e tra la popolazione: la borsa di Mosca ha perso più del 10%; la gente si è radunata in code nelle banche per ritirare i rubli senza sapere se convertirli in euro, in dollari o tenerli tali e quali; le banche han preso a vendere gli euro a 108 rubli. Una situazione (quasi) apocalittica… Vladimir Zhirinovskij, leader del partito liberal-democratico, ha accusato direttamente Nabiullina: “La colpa è della Banca Centrale! In altri paesi, se succede qualcosa del genere, il governatore della Banca Centrale si dimette con le lacrime e le scuse”. Altri invece la difendono.
Quali sono, oltre alla decisione della Banca centrale russa, gli altri fattori che hanno avuto, sommati e moltiplicati fra loro, un effetto di risonanza quasi fatale per l’economia russa? (dove per risonanza intendo quella fisica, quando una serie di lievi oscillazioni arrivano a coincidere provocando grandi distruzioni, come un reggimento di soldati in marcia all’unisono su un ponte rischia di causarne il collasso).
Nello stesso giorno, il prezzo del petrolio, invece di proseguire secondo la tendenza degli ultimi giorni e salire nuovamente (qualcuno prevedeva 70 dollari al barile entro la fine dell’anno) è crollato sotto i 60 dollari. E questo fatto, sensibilissimo al cambio rublo-dollaro, non ha certo rafforzato il rublo. Anzi pare che l’Arabia Saudita abbia detto di poter supportare anche i 40 dollari al barile. E quanto era un bene all’inizio dell’era di Putin (nel 1999 il prezzo medio del petrolio era inferiore ai 20 dollari al barile), non lo è più adesso. Nonostante Igor Sechin, capo di Rosneft, abbia dichiarato (in occasione del forum eurasiatico di Verona del 23-24 ottobre) che il prezzo di estrazione del greggio di Rosneft è tre volte più economico di quello di Eni e migliore di quello di tutte le altre compagnie nel mondo, anche per un colosso come Rosneft il crollo del prezzo di petrolio quest’anno influisce grandemente. Sullo stesso Sechin, su Gazprom e sull’intera economia russa.
In aggiunta, contemporaneamente, il presidente americano Obama ha parlato di nuove sanzioni. A sorpresa, ha dichiarato di voler firmare, entro il fine settimana, ulteriori sanzioni contro la Russia in conseguenza della crisi ucraina, un provvedimento questo che è stato già approvato dal Congresso in disaccordo con la Casa Bianca. Mentre il segretario di Stato americano John Kerry si è dimostrato favorevole alla riduzione delle sanzioni, Obama è stato irremovibile. E anche questo atteggiamento non ha certo aiutato il rublo.
Indubbiamente, si è sommata anche la speculazione finanziaria, un attacco contro il rublo che la Banca centrale non è riuscita a gestire sin dall’inizio. Dopo una riunione straordinaria del governo presieduto da Dmitrij Medvedev, il rublo ha arrestato la sua caduta, fermandosi a 85 unità per un euro e 67 per un dollaro. La gente si è un poco calmata, il governo ha detto che farà di tutto per impedire le speculazioni e la caduta della valuta nazionale.
Che ne sarà domani, quali numeri aspettarsi?
E’ chiaro che se il prezzo del petrolio tornerà a scendere, il rublo gli farà da ombra, se si rafforzerà invece, anche il rublo diventerà più forte. Al momento, il prezzo del greggio per il 2015 è basso, intorno ai 65-70 dollari al barile. Con questi prezzi, il dollaro dovrebbe costare meno di 60 rubli. Se l’inflazione non galoppa, c’è da aspettarsi un leggero rafforzamento del rublo. Stando a guardare altri parametri, quindi non il prezzo del petrolio, ma quello del big mac di McDonald’s, il dollaro in Russia dovrebbe costare solo 20 rubli. Quasi impossibile è credere di arrivare a questi prezzi, ma in ogni caso, al momento, il rublo è sottovalutato. Ciò dovrebbe per forza dare una spinta alla produzione locale e un colpo grosso (negativo) all’Europa e all’Italia.
Quest’anno sono già diminuiti i turisti russi in Italia. Per via dei motivi politici (poco piacevole è sentirsi la causa di tutti mali del mondo, come spesso raccontano tutte le TV europee) o ancora di quelli economici (la svalutazione del rublo). Adesso, con un cambio cosi stratosferico, tanti sceglieranno le mete locali, non certo Sochi (molto cara), ma altre città russe o semplicemente le proprie dacie. A Natale e Capodanno nelle capitali europee si sentirà meno la lingua russa.
Per un dollaro davano 80 rubli, per un euro, più di 100. Quasi il doppio della svalutazione in un anno.