Ma perché mai i tedeschi dovrebbero votare i socialdemocratici e dunque per Martin Schulz cancelliere? Lui stesso ammette che in Germania le cose vanno benissimo, la disoccupazione è ai minimi storici (in aprile era al 3,9 per cento), l’economia viaggia come un treno. Perché mai dunque cambiare macchinista? “Perché, come diceva Willy Brandt, ‘se vuoi che anche domani le cose vadano bene, devi cominciare a cambiarle oggi’” spiega Schulz nell’intervista televisiva andata in onda domenica 14 agosto sul canale pubblico ZDF.
Mancano sei settimane alle elezioni parlamentari tedesche che si terranno il 24 settembre prossimo. Il tempo stringe per lo sfidante socialdemocratico Martin Schulz e anche se lui insiste nel dirsi sicuro che “sarò il prossimo cancelliere federale”, il quadro è tutt’altro che a suo favore. Secondo un recente sondaggio condotto insieme dalla rivista Stern e dal canale televisivo privato RTL, se fosse possibile eleggere direttamente il capo del governo, solo il 22 per cento dei tedeschi lo voterebbe, mentre il 51 per cento si dichiara a favore della Kanzlerin Angela Merkel. Anche il gradimento da parte dell’elettorato vede l’Unione (cristianodemocratici, CDU, e cristianosociali, CSU) in testa con il 39 per cento delle preferenze, i socialdemocratici sono invece scesi al 23 per cento. Seguono poi la Sinistra con il 9 per cento, mentre Verdi, liberali dell’FDP e i nazionalisti dell’AfD sono all’8 per cento. Quello che è invece aumentato di due punti, attestandosi al 26 per cento, è la quota degli indecisi e di coloro che non intendono andare a votare.
Le prospettive per l’ex presidente del Parlamento Europeo Schulz sono dunque tutt’altro che rosee, vincere ancora la corsa, equivale sempre più a un miracolo. E anche lo sfidante di tanto in tanto al miracolo non crede veramente, visto che in una dichiarazione di qualche settimana fa, si è sbottonato circa i suoi progetti post elezione. Se dovesse perdere, diceva allora, non intende gettare la spugna, ma ricandidarsi alla guida del partito socialdemocratico, SPD. I compagni potrebbero essere anche rassicurati del fatto che non gli toccherà nel giro di poco, cercarsi un nuovo capo, certo è però, che il risultato ottenuto questa primavera, quando il 100 per cento dei delegati l’aveva eletto difficilmente si ripeterà. Il consenso unanime allora era dovuto anche all’incredibile sostegno che aveva ottenuto in gennaio la sua nomina a sfidante di Merkel. L’Spd, dal 20 per cento di consensi che aveva allora, era balzata nel giro di pochissimo al 40 per cento. I delegati al congresso di metà marzo, votandolo compatti, avevano anche voluto seguire e sostenere questo consenso. Ma si era trattato di un fuoco di paglia, come si è dimostrato poco dopo, e la discesa è stata repentina tanto quanto l’ascesa.
Ma anche in caso di sconfitta, Schulz non intende mollare. Nel frattempo avrà magari studiato ancora più a fondo la biografia di Willy Brandt, non solo icona incontrastata dei socialdemocratici (tant’è che non solo la sede a Berlino porta il suo nome, Willy Brandt Haus, ma nella hall al pianterreno c’è anche una grande statua di bronzo del cancelliere che si era molto speso per ristabilire rapporti con la Repubblica Democratica Tedesca, l’Est Europa e l’Urss), ma anche idolo di Schulz, tant’è che ama citarlo ogni volta che si presta l’occasione. Brandt di elezioni parlamentari ne aveva perse due prima di insediarsi come cancelliere della Repubblica Federale Tedesca nel 1969 (fino al 1974).
“L’Spd ha bisogno di una strategia dal fiato più lungo” aveva fatto spiegato qualche settimana fa Schulz, e non avrebbe senso dileguarsi in caso di sconfitta. A suggerirgli questa posizione sono anche alcuni sondaggi mirati. Per esempio la valutazione sul lavoro politico suo e di Merkel. Nonostante Schulz stia girando da mesi la Germania, e il suo programma viene giudicato dai commentatori molto concreto, solo il 35 per cento degli intervistati pensa che lui stia facendo un buon lavoro, mentre per Merkel è stato il 61 per cento.
Certo a molti non è piaciuto l’attacco sferrato a fine giugno da Schulz, quando ha lamentato che “Mentre noi ci esponiamo con le nostre idee, lei schiva ogni dibattito”. Una strategia quella di Merkel che definito un “attentato alla democrazia”. Parole troppo forti, per un elettorato che rifugge da sempre gli eccessi demagogici. Il punto vero è però è un altro. Merkel da dodici anni guida il paese, mentre Schulz a ben vedere è un neofita in politica interna. I prossimi quattro anni potrebbero dunque essere propedeutici. In che ruolo l’ha lasciato trapelare sempre durante l’intervista televisiva. Il giornalista gli aveva chiesto cosa pensa di un titolo post elezioni così concepito: “Non è vero che essere all’opposizione è brutto. L’Spd rifiuta il ruolo di partner di coalizione di minoranza e va all’opposizione”. Schulz aveva risposto: “Merkel se lo ricordi”.
@affaticati