Si sono addestrati per quasi due anni. Lo scopo era quello di imparare a difendere le loro comunità, ma non hanno mai escluso di partecipare alle operazioni di riconquista delle terre strappate dallo Stato Islamico. Adesso per le milizie cristiane della piana di Ninive, Nord dell’Iraq, è arrivato il momento di passare all’attacco e di cacciare il Califfato dalle terre intorno a Mosul, antica città assira, simbolo della civilizzazione mesopotamica e della convivenza tra culture (nel 2010 in Iraq abitavano, secondo alcune stime, 400.000 cristiani e buona parte di loro risiedeva in quella provincia).
La battaglia per la reconquista di Mosul, annunciata dal premier iracheno al-Abadi, è iniziata da un paio di settimane, e alcuni comandanti dell’esercito iracheno, che guidano l’assalto da Sud, si lasciano andare a previsioni di facile trionfo. Matthew VanDyke, un giovane americano di Baltimora innamorato del mondo arabo che, dopo avere partecipato alla campagna dei ribelli libici contro Gheddafi, ha deciso di addestrare, dove necessario, milizie popolari che intendono proteggersi dalla tirannia, non è così convinto che Mosul cederà rapidamente. I soldati che Matthew ha formato grazie agli istruttori di SOLI – Sons of Liberty International, l’ong che ha fondato nel 2014, “il primo contractor di sicurezza no profit”, che si base unicamente sulle donazioni – stanno partecipando alle operazioni dirette verso la capitale irachena del Califfato, come spiega in un colloquio con Eastonline: “A partire dal dicembre 2014 abbiamo formato milizie di cristiani assiri, le Nineveh Plain Protection Units (NPU). Poi siamo passati ad addestrare un altro gruppo, le Nineveh Plains Forces (NPF). Sia le NPU che le NPF stanno prendendo parte alla liberazione delle aree della piana di Ninive, a Nord e ad Est di Mosul. Sinora abbiamo addestrato circa 400 soldati cristiani iracheni. In sostanza, quasi tutti i cristiani assiri che in questo momento partecipano all’offensiva”.
Nell’agosto 2014, dopo che l’esercito iracheno si era sciolto di fronte all’avanzata dell’Isis, 120.000 cristiani fuggirono dalla piana di Ninive. Adesso, grazie all’azione combinata di peshmerga curdi, milizie cristiane ed esercito regolare iracheno, i villaggi intorno a Mosul vengono progressivamente strappati al Califfato: Bartella, Karmles, Qaraqosh, Teleskof, Baqofa, Batnaya. I rapporti tra cristiani e curdi, però, spiega VanDyke, non sono così lineari: “Le NPU partecipano alla campagna assieme all’esercito del governo centrale iracheno. Le NPF, invece, sono allineate ai peshmerga, che dipendono dal governo regionale del Kurdistan. Cristiani iracheni e curdi cooperano a vari livelli nella lotta contro lo Stato Islamico, ma ci sono stati ritardi e difficoltà nell’addestramento delle milizie assire e nell’espansione delle loro attività. Infatti, per tutto quello che vogliono fare con le loro forze, i cristiani devono ottenere il permesso dei curdi”.
Il fondatore di SOLI chiarisce un punto: “Le forze cristiane irachene non hanno intenzione di combattere all’interno di Mosul. Vogliono solo liberare le terre assire della piana di Ninive che si trovano intorno alla grande città. Non è chiaro se SOLI parteciperà alle operazioni all’interno di Mosul con un ruolo di consigliere militare per le milizie non assire. In alternativa, potremmo re-indirizzare la nostra attenzione e le nostre risorse a un’altra regione o a un altro Paese, dove le forze locali hanno bisogno del nostro supporto”. VanDyke non condivide l’entusiasmo di chi ritiene la conquista di Mosul una faccenda semplice, addirittura di settimane: “Le operazioni che abbiamo iniziato per liberare le aree intorno a Mosul si concluderanno entro alcuni mesi. Per la riconquista completa della città, però, ci vorrà almeno un anno, credo”.
Il difficile, comunque, arriverà dopo, quando il Califfato verrà cacciato dal Nord dell’Iraq e tornerà, probabilmente, alle tattiche della guerriglia che contraddistinsero la sua attività prima del 2014. Bisognerà ricostruire legami etnici e comunitari recisi da anni di guerra e trovare un modello di governo per un’area a maggioranza sunnita, ma storicamente e culturalmente cosmopolita. VanDyke sostiene che il suo impegno è un altro, addestrare le milizie popolari, come un Che Guevara del mondo arabo, e che nessun piano per il governo di Mosul è stato mai discusso con loro: “Né SOLI né le forze assire con cui lavoriamo hanno intenzione di controllare o governare Mosul, assieme alle altre forze combattenti. Né Mosul, né parti della città”.
Si sono addestrati per quasi due anni. Lo scopo era quello di imparare a difendere le loro comunità, ma non hanno mai escluso di partecipare alle operazioni di riconquista delle terre strappate dallo Stato Islamico. Adesso per le milizie cristiane della piana di Ninive, Nord dell’Iraq, è arrivato il momento di passare all’attacco e di cacciare il Califfato dalle terre intorno a Mosul, antica città assira, simbolo della civilizzazione mesopotamica e della convivenza tra culture (nel 2010 in Iraq abitavano, secondo alcune stime, 400.000 cristiani e buona parte di loro risiedeva in quella provincia).