Crescono le partenze dei migranti, anche a causa della crisi in Tunisia: aggressioni, abusi e insostenibili condizioni di vita spingono i migranti subsahariani a tentare la rotta del Mediterraneo. L’aumento dei decessi in mare, invece, è in parte dovuto alle mancanze nei soccorsi da parte degli Stati
Non si fermano le morti in mare. Anzi, secondo le Nazioni Unite il periodo tra gennaio e marzo di quest’anno ha rappresentato il trimestre più mortale dal 2017, per i migranti che attraversano il Mediterraneo nel tentativo di raggiungere le coste europee. In soli tre mesi hanno perso la vita 441 persone, numeri decisamente più alti rispetto a quelli degli scorsi anni ed in linea con il biennio 2015-2016, gli anni della cosiddetta crisi migratoria. La cifra è inferiore soltanto al 2017, appunto, quando nel primo trimestre avevano perso la vita più di 700 persone.
I numeri non bastano ovviamente per raccontare la tragedia, ma ne fanno intuire le dimensioni. Il progetto Missing Migrants dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (IOM) riporta che dal 2014 siano stati 26mila i morti in mare. La gran parte di questi è deceduta a seguito di naufragi al largo delle coste tunisine e libiche. Molti però, mostra la cartina curata dal progetto, hanno perso la vita a poche miglia da Grecia, Spagna, Algeria e Marocco. L’Italia, poi, non è certo esclusa: il naufragio più letale e significativo di quest’anno è stato quello di Cutro, avvenuto nei pressi della costa calabra, in cui sono morti almeno 93 migranti.
L’aumento dei decessi in mare è almeno in parte dovuto alle mancanze nei soccorsi da parte degli stati. L’IOM riporta come la gran parte delle morti sia infatti da attribuire ai ritardi nelle operazioni di salvataggio o addirittura all’assenza di un intervento da parte dei singoli Paesi. “Gli stati hanno l’obbligo legale di salvare le vite in mare – osserva il direttore generale dell’IOM, Antonio Vitorino – Abbiamo bisogno di un coordinamento proattivo e guidato dagli stati, negli sforzi di ricerca e di salvataggio. Invitiamo gli stati a collaborare per ridurre le perdite di vite umane lungo le rotte migratorie, guidati dallo spirito di condivisione delle responsabilità e di solidarietà”. Vitorino si dice timoroso che i decessi in mare siano stati ormai normalizzati. E per far sì che questi diminuiscano, invita gli stati a cooperare con le organizzazioni non governative e a cessare la criminalizzazione e l’ostruzionismo verso quegli attori impegnati nel salvataggio dei migranti. “È intollerabile che nel Mediterraneo centrale persista una crisi umanitaria”.
I governi nazionali hanno certamente una responsabilità nel picco dei decessi, ma i numeri record sono infatti dovuti anche all’aumento esponenziale dei tentativi di attraversare il Mediterraneo, registrato nei primi mesi di quest’anno. Tra gennaio e marzo sarebbero state circa 28 mila le persone partite dal Nord Africa e dirette verso l’Europa, secondo le stime di Frontex: una cifra tre volte superiore rispetto a quella registrata lo scorso anno nello stesso periodo.
La crescita del fenomeno migratorio può essere almeno in parte spiegata dalla situazione interna tunisina. Negli ultimi mesi, sotto la presidenza di Kais Saied, il Paese nordafricano ha vissuto una veloce regressione autoritaria ed è stato fortemente colpito da una crisi economica. In questo contesto, sono peggiorate le già precarie condizioni di vita delle migliaia di persone subsahariane che vivono qui. Il culmine è stato toccato a fine febbraio, con le dichiarazioni razziste di Saied che ha invocato misure urgenti contro i migranti presenti nel Paese. Ma “aggressioni, abusi ed episodi razzisti risalgono a ben prima del discorso xenofobo del Presidente della Repubblica”, spiega il giornalista ed esperto della politica tunisina Matteo Garavoglia.
Le situazione sempre più tesa e il peggioramento delle proprie condizioni di vita hanno spinto molti dei migranti subsahariani presenti in Tunisia a lasciare il Paese. Alcuni di loro si sono diretti verso sud, cercando di tornare ai propri territori di origine. Molti altri, invece, hanno deciso di tentare la rotta mediterranea, come testimoniano i numeri degli arrivi, ma anche le dichiarazioni delle autorità tunisine: la Guarda nazionale ha infatti sottolineato di aver fermato circa 14 mila persone che volevano imbarcarsi verso le coste europee, nei primi mesi del 2023.