
“There are no strangers here, only friends who haven’t met yet”. É una citazione di William Butler Yeats, appesa al muro di un pub irlandese a Bruxelles. I migranti che arrivano in Europa sono invece spesso considerati un pericolo, altro da sé, in una parola: nemici.
Sono persino incolpati dei problemi economici dell’Europa da qualche politico che soffia sul fuoco in cerca di voti. Per frenare questo fenomeno è sceso in campo anche il Parlamento Europeo che riunito a Strasburgo ha chiesto agli stati membri di astenersi dall’istigare paura e odio verso rifugiati e migranti per ottenere vantaggi politici.
A questo proposito, “I migranti rendono l’Europa più forte” è il rapporto della Caritas che invita i paesi Ue a superare le barriere culturali e strutturali che rendono difficile, se non quasi impossibile la piena integrazione di coloro che arrivano in cerca di un lavoro, di una speranza di vita nei Paesi Ue. Percepiti come minaccia dalle comunità ospitanti, i migranti, in realtà, contribuiscono ad un’Europa più forte, più dinamica, sostengono le nostre economie, sono linfa vitale della nostra forza lavoro, ci aiutano a guardare oltre i nostri confini culturali, a volte limitati.
Se barriere e fili spinati impediscono l’integrazione
Barriere strutturali ma anche culturali e socio-economiche, denuncia Caritas Europa, che pongono i migranti ai margini della società, attraverso una comunicazione dei media e social media e una narrazione politica che enfatizzano posizioni populiste e stereotipi anti-immigrati, suscitano paure e timori nella popolazione locale che dovrebbe accoglierli e producono una falsa informazione. Così i migranti finiscono per essere considerati un pericolo e non una risorsa per il paese accogliente, come competitori per i “pochi lavori rimasti” anziché come contribuenti alla crescita economica futura del paese e come risorsa demografica. In questo modo si corre sempre il rischio che le esperienze di vita e le capacità di quanti arrivano nei nostri paesi, non siano valorizzate al fine di poter apportare il proprio contributo alla comunità accogliente, ma anzi vengano rigettate a priori.
Secondo la Caritas tra le cause di questo fenomeno vi è anche la constatazione spesso di realtà difficili che vengono a scontrarsi in un clima di tensione fra i migranti che arrivano e alcuni tra i residenti locali vulnerabili o a rischio povertà che poi si sentono in competizione rispetto agli aiuti e agli interventi sociali. Si dovrebbe investire in sistemi di protezione sociale inclusivi che pongano le basi per un ambiente di coesione che favorisca l’integrazione dei migranti, si raccomanda nel rapporto. Mancano opportunità di incontro tra le comunità residenti e migranti, di conseguenza non si instaura un dialogo tra diversità culturali e religiose e il terreno per mistificazioni della realtà, quali ad esempio l’associazione di fedeli musulmani a potenziali terroristi, rimane purtroppo fertile. Inoltre proprio per garantire la sicurezza dei cittadini residenti ed evitare che giovani e adulti ai margini della società, esclusi ed abbandonati a se stessi, non vedano una speranza di futuro davanti a se e decidano di unirsi a forze fondamentaliste, lo Stato dovrebbe assicurare l’inclusione sociale di tutti coloro che sono in situazione di necessità.
I migranti però incontrano anche difficili barriere strutturali dovute al fatto di non possedere i documenti necessari per risiedere nel Paese ospitante, come il permesso di soggiorno e documenti di identità, senza i quali non possono accedere al mercato del lavoro, all’istruzione, ad alloggi, conti in banca, contratti telefonici o biblioteche. Per dirne alcune. Manca poi un’assistenza sanitaria specializzata che accolga adeguatamente donne e bambini spesso torturati e vittime di violenze durante il viaggio verso l’Europa. Tutto questo aumenta il rischio di sfruttamento e traffico sessuale o di lavoro in nero e senza sicurezze, a causa anche del difficile accesso al mercato del lavoro regolare, dell’eccessiva burocrazia e le lunghe attese. Il tasso di occupazione dei migranti è inferiore rispetto ai residenti (il 53% contro il 65%). Rischiano maggiormente uno stato di povertà o di esclusione sociale (49% contro il 22% della popolazione locale) .
Caritas: Integrazione come un processo dinamico e multidirezionale
L’integrazione dovrebbe essere considerata come un processo dinamico e multidirezionale, nel quale coloro che arrivano in Europa e i residenti dei Paesi ospitanti collaborino intenzionalmente tra loro attraverso un impegno comune per un clima di tolleranza e giustizia al fine di creare una società sicura , ma anche accogliente, vivace e coesa.
È quanto auspica la Caritas che in Italia ha lanciato con un network di diocesi il progetto “Un Rifugiato a Casa Mia” per scavalcare gli ostacoli strutturali dell’integrazione. Le famiglie italiane hanno la possibilità di ospitare rifugiati e migranti nelle proprie case, condividere la propria vita per sei o nove mesi ogni volta. In alcuni casi le famiglie sono accolte anche dalle parrocchie. Questo permette ai migranti di rendersi più velocemente autonomi vivendo con famiglie residenti e dall’altra crea un’opportunità di vivere un’esperienza di solidarietà per i cittadini locali e di dialogo culturale con persone di paesi diversi. Nel 2015 circa 500 persone, tra rifugiati e migranti, sono state ospitate da famiglie italiane. Diversi sono i progetti di questo tipo in tutta Europa.
“There are no strangers here, only friends who haven’t met yet”. É una citazione di William Butler Yeats, appesa al muro di un pub irlandese a Bruxelles. I migranti che arrivano in Europa sono invece spesso considerati un pericolo, altro da sé, in una parola: nemici.