
La città è sovrappopolata, la rete ferroviaria inadeguata e ogni giorno dieci persone muoiono schiacciate dalla calca. Con una densità di dodici persone per metro quadro nelle ore di punta, il viaggio per andare a lavoro può essere fatale.
Venerdì scorso alla stazione ferroviaria di Elphinstone Road a Mumbai si è consumata una tragedia – l’ennesima – che di norma si direbbe assurda, se l’assurdità di morire schiacciati dalla calca non fosse letteralmente la norma per i 22 milioni di abitanti della capitale economica indiana. Secondo le ricostruzioni, per ripararsi dalle piogge monsoniche centinaia di persone si erano ammassate sotto la tettoia della sopraelevata pedonale che, come nel resto delle stazioni ferroviarie indiane, collega i vari binari. Si tratta di strutture di metallo e lamiera francamente non molto rassicuranti e di certo piuttosto datate, in gran parte installate negli anni Settanta.
L’Indian Express, dando gli ultimi aggiornamenti delle indagini, racconta che un venditore di fiori, strattonato dalla folla, a un certo punto abbia urlato «phool gir gaya» («[mi] sono caduti i fiori», in hindi), lamentela che la gente ha interpretato invece come «pul gir gaya» («il ponte è caduto»), spingendo ancora di più nel tentativo di mettersi in salvo dal crollo della sopraelevata. Nel panico, durato appena dieci minuti, 23 persone sono morte e quasi quaranta hanno riscontrato ferite schiacciati dalla folla impazzita. Vittime dell’assurdità di una città di una megalopoli dove una consuetudine giornaliera può essere fatale.
Purtroppo, non si tratta di sensazionalismo a buon mercato. Ogni giorno, secondo le ultime statistiche riportate da Kavita Iyer sempre su Indian Express, tra le nove e le dieci persone perdono la vita mentre prendono il treno nella rete ferroviaria della megalopoli: cifra che esclude gli incidenti fra treni e conteggia esclusivamente l’esito drammatico della convivenza giornaliera con una calca letteralmente disumana. Decostruendo la presunta «poesia» di una Mumbai sovrappopolata plasticamente rappresentata dalla classica foto di treni locali straripanti, Iyer scrive: «Il sovraffollamento dei treni oscilla tra il 100 per cento e il 130 per cento. La densità dei passeggeri durante le ore di punta tocca le 12 persone per metro quadro. I passeggeri rischiano la propria vita per andare a lavoro non per una particolare ragione sentimentale che vede i cittadini di Mumbai pronti a superare le avversità quotidiane fischiettando “Yeh Hai Mumbai Meri Jaan” [“Questa è Mumbai mia cara”, una super hit di Bollywood anni Sessanta, ndt]. Risse sui treni, bande di bulli a bordo, borseggi, assenza di bagni puliti nelle stazioni e scarafaggi negli scompartimenti sono così normali, parte del tran tran, da non meritare nemmeno più rimostranze verso le autorità ferroviarie».
La tragedia di Elphinstone Road arriva dopo giorni d’inferno per i cittadini di Mumbai, reduci da piogge torrenziali che hanno letteralmente paralizzato diversi quartieri – per non dire del traffico, con migliaia di persone bloccate per strada – e dal crollo di un palazzo vecchio di cent’anni nella zona di Dongri, che ha causato la morte di altre 30 persone.
Non si tratta di un improvviso cedimento strutturale diffuso. La sfida amministrativa di una megalopoli geograficamente impervia – una lingua di terra circondata dal mare senza più spazio dove espandersi – è stata sistematicamente persa dalle diverse giunte al potere, secondo quanto dichiarato a Bbc da due intervistati autorevoli, entrambi cittadini di Mumbai: l’urbanista Chandrashekhar Prabhu («Tutto è andato per il peggio. I politici o non capiscono o non gliene importa nulla. Mumbai paga le tasse federali senza ricevere niente in cambio») e lo scrittore Naresh Fernandes («A Mumbai sono suonati molti campanelli d’allarme ma sembra che cose del genere continuino a tirarci a fondo. Prendi le terribili inondazioni del 2005, la gente era furiosa ma i funzionari locali hanno continuato a far passare norme che non hanno fatto altro che esacerbare la situazione, come se nulla fosse».
Senza andare troppo lontano nel tempo, basti pensare ai 14 milioni di euro stanziati per la realizzazione del Shivaji Chatrapati Memorial al largo della costa cittadina, un monumento allo storico generale marathi simbolo dell’orgoglio ultrahindu locale o, a livello nazionale, ai 3,2 miliardi di dollari presi in prestito dal Giappone a tasso d’interesse dello 0,1 per cento per realizzare il primo treno superveloce indiano Ahmedabad – Mumbai. Un progetto ambizioso che, secondo il Ministero delle ferrovie indiano, rispecchia «il desiderio e la volontà di ogni indiano».
Non la pensa così Naresh Kamble, sopravvissuto alla strage di Elphinstone Road con una gamba rotta e una frattura alla caviglia. In un’intervista rilasciata al The Hindu, descrivendo la sua Mumbai come una città ormai «invivibile», si è limitato a desiderare che l’amministrazione locale permetta ai pendolari come lui di «viaggiare come degli esseri umani».
@majunteo
La città è sovrappopolata, la rete ferroviaria inadeguata e ogni giorno dieci persone muoiono schiacciate dalla calca. Con una densità di dodici persone per metro quadro nelle ore di punta, il viaggio per andare a lavoro può essere fatale.