Domenica Narendra Modi ha tenuto un atteso comizio a Patna, in Bihar, parte della campagna elettorale per le politiche del 2014. Pochi minuti prima, tra la folla, sono scoppiati sei ordigni rudimentali ad orologeria, causando almeno cinque morti e 90 feriti.

Si tratta chiaramente di un atto terroristico dimostrativo, come lo era stato pochi mesi fa, sempre in Bihar, l’attacco al complesso templare di Bodh Gaya. Oggi come allora, stando alle indagini, i responsabili farebbero parte degli Indian Mujahideen, una cellula terroristica islamica molto attiva nel paese.
La polizia, nel giro di una giornata, pare sia riuscita a risalire agli ideatori e responsabili dell’attacco, tutti residenti a Ranchi, nel vicino stato del Jharkhand. Tutti musulmani.
Al di là della condanna del gesto e delle classiche lamentele di falle nel sistema di sicurezza – pare i servizi segreti avessero lanciato un allarme generico di rischio attentati – si può riflettere su alcuni aspetti della giornata e sul contesto di questi atti terroristici.
È interessante ad esempio che le esplosioni siano avvenute poco prima dell’inizio del comizio e che il team di Narendra Modi abbia deciso di non sospendere l’evento. Radunate davanti al palco c’erano migliaia di persone e, per evitare il mob effect, dagli altoparlanti gli organizzatori hanno rassicurato la folla dicendo che le esplosioni erano semplicemente dei petardi. Una mossa saggia che ha evitato un bilancio delle vittime sicuramente molto più ingente e, allo stesso tempo, ha permesso a Modi di fare il proprio discorso senza stravolgere la scaletta della campagna elettorale.
In Bihar il Bjp è alla disperata ricerca di voti, specie tra i musulmani, e la scelta di candidare Modi alle nazionali aveva avuto come primo esito quello di rompere un’alleanza politica proprio in quello stato: Nitish Kumar, chief minister del Bihar, ha messo alla porta gli alleati del Bjp proprio per evitare di essere bollato come l’amico degli integralisti hindu e ora, con due attentati musulmani nel suo stato nel giro di quattro mesi, è esposto al fuoco di fila dei nazionalisti.
Il Bjp è riuscito molto sapientemente a utilizzare la minaccia terroristica a proprio favore, da un lato denunciando la mancanza di cooperazione col governo localenel garantire la sicurezza del proprio leader – sottintendendo una volontà di nuocere di Kumar – e dall’altro spingendo i “musulmani moderati” a votare Modi proprio per isolare le posizioni estremiste degli Indian Mujahideen. Al Bjp sanno che senza i voti dei musulmani (quasi 180 milioni di persone) in India le elezioni non si vincono e la grande partita si giocherà proprio su questo: allargare la base del voto a elettori non conformi all’ideologia di supremazia hindu che anima i conservatori, strappandoli al più “laico” Congress, senza però perdere il nocciolo duro dei “fascisti indiani”.
Questa operazione porterà probabilmente a un esacerbarsi delle rivendicazioni dell’estremismo musulmano in India, anche a fronte del comportamento politicamente bipolare che il Bjp conduce giornalmente: Modi si fa immortalare in mezzo a una folla di fedeli musulmani e, parallelamente, gli sgherri del Bjp aizzano violenze interreligiose in altre parti del paese, come successo di recente in Uttar Pradesh.
Solitamente le elezioni nazionali si tengono in tre turni differenti, per rendere il complesso processo del voto il meno caotico possibile. Ma anche, soprattutto, per garantire un dispiegamento di forze che provi a contrastare la minaccia terrorista interna. Nel 2014, visti i presupposti, sarà un’impresa.
Domenica Narendra Modi ha tenuto un atteso comizio a Patna, in Bihar, parte della campagna elettorale per le politiche del 2014. Pochi minuti prima, tra la folla, sono scoppiati sei ordigni rudimentali ad orologeria, causando almeno cinque morti e 90 feriti.