Nascere in Africa sub-sahariana o in Europa non è la stessa cosa.
Un bambino liberiano, ad esempio, rischia 16 volte più di uno italiano di morire prima dei 5 anni. La World Health Organization dipinge una realtà che continua a essere tristemente squilibrata tra chi ha la fortuna di nascere in Paesi “sviluppati” e chi no.

Anche l’ultimo rapporto dell’ong Save the children, il Mothers’ Index, si sofferma a raccontare quanto sia più difficile essere bambini in Paesi “non occidentali”.
Se la povertà incide notevolmente sulle aspettative di vita dei bambini, a rischio sono soprattutto quelli che hanno la sfortuna di nascere in zone di conflitto: più di 250 milioni di bambini sotto i 5 anni vivono in Paesi con conflitti in corso e il 56% delle morti infantili, nonché da parto, avvengono in zone “fragili”, dove per fragili si intendono regioni piegate dai conflitti e dalla povertà.
Le cause di morte, dopo il primo mese di vita, esclusi gli effetti delle guerre, sono per lo più curabili e prevenibili, se solo i Paesi avessero i mezzi , le risorse e, a volte, l’interesse, per farlo. Polmonite, diarrea, malaria, morbillo, sono le malattie che fanno più vittime tra i bambini nati nei Paesi in “via di sviluppo”. Potrebbero essere salvati se gli ospedali non fossero troppo lontani dai villaggi, se le spese mediche non fossero troppo alte, e invece continuano a morire.
Perché mancano le infrastrutture, certamente, perché manca il personale medico, sicuro, perché mancano le risorse, non vi è dubbio, ma anche perché manca totalmente una politica sanitaria che pensi a prevenire prima che a curare, che possa formare infermieri e medici locali.
Nascere in Africa sub-sahariana, ad esempio, vuol dire, nella maggior parte dei casi, soffrire fame e malnutrizione e vedere compromesso, fin dai primi giorni di vita, e senza alcuna colpa, il proprio futuro. Ed è questo che fa più male, pensare che siano sempre i bambini le prime vittime: della guerra, della politica, della mancanza di risorse.
Nascere in Italia o in Liberia non è la stessa cosa, ed è questa disparità di fondo che va sconfitta, con tutti i mezzi. E forse quelli messi in campo finora, dalle ong e dalle organizzazioni internazionali, non sono sufficienti.
Nascere in Africa sub-sahariana o in Europa non è la stessa cosa.
Un bambino liberiano, ad esempio, rischia 16 volte più di uno italiano di morire prima dei 5 anni. La World Health Organization dipinge una realtà che continua a essere tristemente squilibrata tra chi ha la fortuna di nascere in Paesi “sviluppati” e chi no.