Al momento i candidati non sono usciti allo scoperto, ma entro Natale i nomi dovranno essere abbastanza ufficiali. È molto probabile che il successore di Jens Stoltenberg sarà una donna
A 51 anni dalla segreteria Nato affidata a Manlio Brosio, l’Italia ci riprova a candidarsi alla guida dell’Alleanza Atlantica. Lo fa con passi felpati ma con un handicap di fondo: la rosa dei possibili candidati è molto ristretta, soprattutto se – come sembra – il nuovo capo dell’Alleanza dovrà essere una donna. In un incontro informale di pochi giorni fa il Ministro della Difesa Lorenzo Guerini non è stato di grande aiuto nel decifrare le future mosse del Governo italiano.
È però un fatto che entro Natale il nome del successore del norvegese Jens Stoltenberg (che lascerà esattamente tra un anno, il 1° ottobre 2022) dovrà cominciare a circolare in maniera abbastanza ufficiale per essere poi incoronato formalmente dal vertice dei capi di Sato e di Governo dell’Alleanza che si terrà a Madrid nel giugno 2022. Come è noto non esiste una procedura chiara e definita per arrivare alla nomina. Fu proprio quello l’errore principale dell’ex Ministro e vicepresidente della Commissione Ue, Franco Frattini, che si presentò come candidato ufficiale dell’Italia alla Nato. In realtà il processo decisionale è frutto di un processo informale di consenso tra i capi di Stato e di Governo.
A favore dell’Italia c’è il fatto che dopo due mandati affidati a Paesi scandinavi (il danese Rasmussen e il norvegese Stoltenberg) sarebbe ora il turno di un Paese del Sud soprattutto se, come nel caso dell’Italia, può vantare un contribuito importante alle missioni Nato (in alcuni casi, ad esempio, in Kosovo abbiamo anche il comando della missione) e si è sempre distinto per essere un fedele alleato degli Stati Uniti.
Probabili candidature
Durante il G7 inglese in Cornovaglia il premier italiano Mario Draghi a una precisa domanda sulla Nato chiarì che l’Italia non ha un candidato per quella posizione. Infatti non è ancora uscito allo scoperto un candidato forte mentre voci si rincorrono sui possibili nomi spendibili. Dagli ex premier come Enrico Letta e Matteo Renzi a personalità come Piero Fassino, Presidente della commissione Esteri della Camera. Sembra che anche l’attuale commissario Ue agli Affari economici ed ex premier, Paolo Gentiloni, si sia informato recentemente su temi e modalità per la nomina per successore di Stoltenberg. Chi è invece uscito allo scoperto e con un candidato forte è il Regno Unito che punta su una donna ed ex premier come Theresa May.
La mossa inglese, che verrebbe sostenuta ovviamente dagli Stati Uniti, è tesa a mantenere una posizione aperta a Bruxelles dopo la Brexit e utile anche per sviluppare future sinergie con le industrie della difesa degli altri Paesi Ue. La candidatura inglese è vista con una certa ostilità da parte francese. Sarebbe proprio il Governo di Parigi il nostro migliore alleato ora che Draghi e Macron entro Natale stanno finalizzando tutti gli articoli del mega accordo di cooperazione italo-francese anche nel settore della sicurezza e della difesa, noto come Trattato del Quirinale.
La candidatura della May ha spostato di fatto i riflettori sulle altre possibili candidate donne alla guida della Nato. Oltre alla May, quella poltrona rientra nella sfera di interesse di Kolinda Grabar-Kitarović, già Presidente della Croazia dal 2015 al 2020, dopo essere stata Ministro degli Esteri e responsabile della Public Diplomacy della stessa Nato. Tra i nomi di donne italiane spendibili c’è quello di Federica Mogherini, già Ministra degli Esteri e poi Alto rappresentante della politica estera e di difesa europea, attualmente a capo del College d’Europe di Bruges. L’altro nome è quello di Roberta Pinotti, già Ministro della Difesa e Presidente della Commissione Difesa del Senato.
Un ruolo non secondario nella partita per il dopo Stoltenberg potrebbe giocarlo il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Potrebbe essere infatti proprio lui a ricordare al Presidente americano Joe Biden – che arriverà a Roma il 30 ottobre per il vertice G20 (direttamente o tramite il premier Draghi) – che l’Italia ha un credito da esigere dagli americani perché nel 2014 il suo predecessore Obama assicurò a Napolitano che il sostegno Usa a Rasmussen non era in chiave anti-italiana e anzi che Washington avrebbe aiutato in futuro una candidatura italiana. Vedremo ora se quelle promesse verranno mantenute.
A 51 anni dalla segreteria Nato affidata a Manlio Brosio, l’Italia ci riprova a candidarsi alla guida dell’Alleanza Atlantica. Lo fa con passi felpati ma con un handicap di fondo: la rosa dei possibili candidati è molto ristretta, soprattutto se – come sembra – il nuovo capo dell’Alleanza dovrà essere una donna. In un incontro informale di pochi giorni fa il Ministro della Difesa Lorenzo Guerini non è stato di grande aiuto nel decifrare le future mosse del Governo italiano.