Dopo il fallito colpo di stato dello scorso luglio in Turchia il giro di vite voluto dal Presidente Recep Erdogan non accenna a fermarsi. La guida autoritaria imposta al Paese piace a molti turchi e preoccupa gli alleati occidentali.
Le foto dello skyline di Istanbul o di Ankara ci mostrano città completamente drappeggiate dalle bandiere nazionali. Grandi vessilli rossi con mezzaluna e stella bianca sventolano dai monumenti, dai ponti, dagli edifici pubblici e da quelli privati.
Il nazionalismo è sempre stato una caratteristica del popolo turco, ma dopo il fallito colpo di stato di luglio il presidente Recep Tayyip Erdogan ha pescato a piene mani nel repertorio sciovinista e revanscista per cercare di rimodellare la Turchia a sua immagine.
Di fronte a questa deviazione nazionalista alleati e nemici del Sultano turco sono costretti a porsi alcune domande. Quale Turchia vuole Erdogan, e quali misure vuole prendere per realizzare il suo progetto?
Questioni che hanno implicazioni che riguardano non solo il futuro della Turchia, ma i futuri equilibri regionali e mondiali. La Turchia, infatti, è lo stato musulmano più importante all’interno della NATO e dispone del secondo esercito dell’alleanza. Istanbul per l’Occidente è uno dei maggiori alleati nella lotta a ISIS e per l’Europa è l’unico argine alla temuta invasione di migranti. A questo quadro si devono aggiungere le tensioni, più o meno in via di risoluzione, con lo Zar Putin.
Oggi gli obiettivi di Erdogan sembrano molto chiari. Chiunque avesse collegamenti, veri o presunti, con Fethullah Gülen, che Erdogan accusa di essere la mente del golpe, è un bersaglio della repressione.
Nei tre mesi trascorsi dal tentativo di colpo di stato più di 30.000 avversari sono state arrestati, circa 100.000 persone tra magistrati, docenti, poliziotti e militari sono stati rimossi dal loro incarico. Il 5% delle forze di polizia è stato rimosso dal servizio e interi dipartimenti ministeriali sono stati chiusi. Solo nei giorni scorsi 109 giudici militari sono stati mandati via.
Alcuni alleati occidentali temono questa deriva autoritaria e il sorgere di uno Stato costruito intorno a un leader forte e a un partito unico privo di contrappesi. Questa Turchia che sta nascendo preoccupa perché è una potenza militare e per la sua posizione strategica tra l’Europa, il Medio Oriente e l’Asia .
Sul fronte opposto i sostenitori e gli alleati di Erdogan lo vedono come il campione delle masse popolari, capace di forgiare una nazione indipendente, non sottomessa alle potenze straniere. Una visione rafforzata dai continui successi elettorali del Presidente, prima come capo del governo con il partito AKP, poi nella prima elezione presidenziale della Turchia nel 2014.
Le ambizioni di Erdogan, probabilmente, vanno oltre. Anche se il sessantaduenne Presidente non può immaginare di ricostruire l’Impero Ottomano, attinge comunque a quella mistica di grandezza nel tentativo di costruire una Turchia rispettata e forse un po’ temuta dai suoi vicini .
Nei suoi discorsi, prima e dopo il fallito colpo di stato, Erdogan fa costantemente riferimento al periodo ottomano, quando la Turchia occupava un territorio che si estendeva dal sud-est europeo al Caucaso, dal Nord Africa all’Iraq. Quasi a suggerire che solo lui è in grado di ripristinare il passato glorioso della sua nazione.
“Quello a cui stiamo assistendo in Turchia è basato sul desiderio di recuperare l’eredità dell’Impero Ottomano, che era un’entità multietnica e poliglotta.” Ha detto Bulent Aliriza, del Centro Studi Strategici di Washington. “In quasi tutti i discorsi di Erdogan ci sono questi temi: si può essere orgogliosi di essere turchi, orgogliosi di essere musulmani, abbiamo influenza nella nostra regione e oltre. L’espressione ‘Grande Turchia’ è utilizzata continuamente.”
Durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, lo scorso settembre, Erdogan si è soffermato su due dei suoi argomenti preferiti: la Turchia aiuta gli oppressi ed è un modello nel mondo musulmano; è una potenza tenuta troppo in disparte.
“Il mondo è più grande di cinque nazioni – ha detto, riferendosi ai cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU – un Consiglio di Sicurezza che non rappresenta il mondo intero non può servire per ristabilire la pace e la giustizia in tutto il mondo.”
Dal 2013, quando Erdogan sale al potere come Primo Ministro, la Turchia ha vissuto un periodo di rapido sviluppo economico e una crescente influenza politica e militare nella regione. Oggi la Turchia ha truppe nel nord della Siria e milizie in Iraq e punta a diventare un hub energetico regionale, crocevia tra la Russia, l’Iran e il Mediterraneo orientale.
“La Turchia sta cercando di esercitare la sua influenza nella regione grazie alla sua potente economia e alla sua pretesa di essere una potenza islamica – ha detto James Jeffrey, del Washington Institute – c’è il desiderio di tornare all’epoca ottomana e del dominio turco sulla regione accompagnata dal sogno di un’alternativa più islamica in Occidente.”
Questa è una formula che piace ai suoi concittadini. Secondo un sondaggio di fine luglio, due settimane dopo il tentativo di golpe, Erdogan ha l’appoggio dei 2/3 dei 78 milioni di cittadini turchi, il suo risultato migliore.
La politica autoritaria del Sultano ha avuto come effetto collaterale tensioni crescenti con l’Unione Europea e gli altri paesi occidentali, preoccupati del suo autoritarismo e della svolta islamista che sta dando al Paese.
Questo nonostante gran parte dei 720 miliardi di dollari, che fanno la potenza dell’economia turca, arrivi da scambi commerciali con l’Europa. Inoltre, nel paese la settimana lavorativa va dal Lunedì al Venerdì, per allinearsi con le borse di Londra e New York, diversamente dal resto del mondo musulmano. La Turchia, poi, è sempre intenzionata a far parte dell’Unione Europea e ha un ruolo centrale nella NATO.
Nonostante i sogni di grandezza del suo Presidente il Paese non può permettersi di rompere con l’Occidente. Negli ultimi anni il tasso di crescita è sceso dal 5% al 3% l’anno, e c’è bisogno di un rilancio per combattere la disoccupazione che inizia a dilagare, soprattutto tra i giovani.
Andrew Duff, un ex membro del Parlamento Europeo, che è stato vice presidente della commissione parlamentare mista Turchia – Unione Europea, descrive Erdogan come “del tutto volubile”per quanto riguarda l’Europa. È concentrato sulla costruzione di una potenza islamica. Ho paura che questo potrà solo peggiorare. Sono sicuro che l’obiettivo di Erdogan è restare al potere almeno fino al 2023, il centenario della fondazione della Repubblica Turca.”
Intanto, l’Europa, la NATO e l’Occidente si ritrovano con un partner politico difficile e un alleato militare che potrebbe diventare pericoloso.