Aveva promesso che avrebbe sconfitto Boko Haram entro la fine del 2015. Il termine è passato e in Nigeria Boko Haram continua a colpire e a uccidere. Il presidente Muhammadu Buhari non pensa di aver fallito, però. Intervistato da Al Jazeera, ha respinto l’idea che la sua battaglia non abbia portato i successi che aveva assicurato: “Non ho fallito” ha detto.
Buhari (ex militare e musulmano) ha fatto della lotta a Boko Haram uno dei pilastri della campagna elettorale che lo ha portato l’anno scorso a diventare presidente della Nigeria. Ha sostituito molti vertici militari e ha promosso insieme a Camerun, Niger, Benin e Chad una coalizione militare portando la guerra nello stato federale del Borno, nordest della Nigeria, storicamente il cuore del territorio sotto il controllo del gruppo islamico radicale. Lo scorso dicembre Buhari dichiarava che Boko Haram poteva considerarsi “tecnicamente sconfitto”.
In realtà, nonostante i successi militari, la battaglia non pare destinata a concludersi presto. A inizio marzo, 76 membri del gruppo estremista si sono arresi e si sono consegnati ai militari non lontano da Maiduguri, capitale dello stato di Borno. Episodi simili erano già accaduti l’anno scorso. Boko Haram “si sta ritirando” ha dichiarato il ministro della Difesa nigeriano. Più probabile, invece, è che Boko Haram sia in fase di riorganizzazione.
In Nigeria, alcune voci cantano fuori dal coro e affermano ad esempio che una buona metà del Borno è ancora nelle mani del gruppo. Quel che è certo è che Boko Haram sa ancora fare strage. A fine gennaio, oltre 80 persone sono state uccise nei pressi di Maiduguri. I testimoni hanno raccontato di bambini bruciati vivi. Altre trenta vittime a metà febbraio nei villaggi di Kachifa e Yakhari.
Boko Haram sta tornando all’antico nelle tecniche di guerriglia: non più alla conquista di nuovi territori, semina sangue con gli attentati. Dal giugno 2014 ha usato circa un centinaio di donne kamikaze: ma non si tratta di una novità per la Nigeria. Anche molte bambine sono state usate come bombe umane. In un’operazione militare condotta sul finire di febbraio a Kumshe, città lungo il confine tra Nigeria e Camerun, le truppe della coalizione africana hanno affermato di aver trovato molte bambine addestrate proprio per farsi saltare in aria. L’incubo che da anni sconvolge la Nigeria non ha insomma le sembianze di un nemico ormai sconfitto.
Boko Haram significa “l’educazione occidentale è peccato”. Nasce ufficialmente nel 2002 con l’obiettivo di istituire un califfato in Nigeria. È a partire dal 2009 che comincia a seminare terrore. Durante gli anni della presidenza di Goodluck Jonathan, politico di religione cristiana di etnia Ijaw, Boko Haram ha infilato una vittoria dietro l’altra su un esercito nigeriano male attrezzato e male guidato. Attacchi contro chiese, stazioni di polizia e moschee hanno provocato oltre 17.000 vittime e hanno costretto un milione e mezzo di persone a fuggire dalle proprie case. Un migliaio di scuole sono state distrutte.
Goodluck Jonathan ha affrontato il problema soprattutto sul piano militare. Poco è stato fatto invece per estirpare le radici che hanno permesso a Boko Haram di rafforzarsi nel nord-est del paese. Negli corso degli ultimi anni, al contrario, è riuscito ad allargare il proprio raggio d’azione in Cameron, Ciad e Niger, paesi che confinano con la Nigeria. Si finanzia con le rapine, le estorsioni e con una serie di altre attività criminali: dal narcotraffico alla vendita illegale di avorio passando per la tratta di esseri umani. Inoltre Boko Haram non è isolato: a marzo dell’anno scorso ha dichiarato pubblicamente la volontà di allearsi con lo Stato Islamico e tiene contatti con le fazioni di al Qaida che operano nel Maghreb.
Boko Haram non è un fenomeno solo religioso: all’origine non ci sono soltanto le tensioni tra cristiani del sud e musulmani del nord. Nella sua ideologia, ad esempio, un ruolo decisivo lo gioca la lotta al governo centrale che agli occhi degli estremisti è colpevole di perseguitare i musulmani e opprimere le popolazioni. Ma la battaglia ruota anche intorno alle immense ricchezze che la Nigeria ha nel sottosuolo, a cominciare da petrolio e gas. Grazie alla presenza dei giacimenti petroliferi, infatti, le regioni meridionali sono più ricche di quelle settentrionali. La povertà in cui vivono ampi settori della popolazione nigeriana facilita il reclutamento da parte di Boko Haram: nello stato del Borno è diffusa una ideologia islamica radicale ma a fare la differenza è soprattutto la difficilissima condizione socio-economica. L’inadeguatezza e la corruzione degli amministratori non fermano la radicalizzazione: al contrario, finiscono per alimentarla.
Estremismo religioso, povertà, uno stato debole, confini porosi, capacità di fare soldi in vario modo: Boko Haram è nato ed è diventato forte sfruttando le debolezze e le contraddizioni del suo avversario. Allo stesso modo, resiste.
@antonio_scafati