Dopo sei mesi senza governo, la Spagna torna alle urne tre giorni dopo Brexit. Monarchia parlamentare come il Regno Unito, politicamente la Spagna presenta, tuttavia, una serie di anomalie rispetto al resto dell’Europa.
Non ha un’estrema destra come Francia, Italia e Germania. Anche qui è in crisi la socialdemocrazia, ma la principale formazione che le ruba voti non è populistica nel modo in cui lo sono altre in Europa e non si tira indietro a dichiararsi di sinistra e addirittura socialdemocratica se serve. Il desiderio di indipendentismo in alcune regioni ha reso gli elettori infedeli: non solo è finito il bipartitismo, ma il loro voto va a un partito o l’altro secondo il tipo di elezione o la questione in ballo.
Il Partito popolare del premier ad interim Mariano Rajoy guida nei sondaggi con il 29%, grazie anche alla l’anomalia dell’assenza di un’estrema destra. Copre una fascia politica enorme che va dalla estrema destra, anche quella xenofoba e fascista, al centro dove incontra direttamente Ciudadanos e lo Psoe.
È lo spazio politico nel quale si rifugiano i conservatori, i neoliberali, i cattolici tradizionalisti e di centro, la destra estrema e chi ha paura della sinistra, “del caos”, delle soluzioni politiche ignote, dei movimenti, del partito viola (Podemos) che ha buoni “rapporti con il regime venezuelano”, ecc.
Per il Pp è stata una campagna relativamente semplice: insistere sulle paure e sui progressi economici della Spagna durante i governi Rajoy, un “compito da completarsi”: 2 milioni di posti di lavoro in 2014-2015 (dal centrosinistra e da sinistra se ne contesta la qualità); aver evitato i salvataggi delle banche (ma per molti è una questione di terminologia); avere ottenuto con le riforme la crescita più dinamica dell’Europa.
Il Pp inciampa sugli scandali di corruzione, la seconda preoccupazione degli spagnoli. Ciudadanos di Albert Rivera non raccoglie, tuttavia, questa insoddisfazione perché pur moderato e centrista, non se ne conoscono le intenzioni per le alleanze post voto. Il punto importante qui è i seggi di Ciudadanos non basteranno al Pp per formare un governo.
Nella dinamica tra Pp e la sua opposizione interviene l’altra anomalia spagnola che è la distribuzione degli elettori nei partiti per età, un gap generazionale che si è visto già alle elezioni del 20 dicembre i cui risultati hanno reso impossibile un governo. L’età media degli elettori del Pp è di 64 anni, quella dello Psoe di 59 anni, quella di Ciudadanos di 49 e quella di Podemos di 45.
In Spagna, tuttavia, gli elettori over 60 sono più numerosi e per questo motivo si prevede che il Pp che vinca con un certo margine, 29% rispetto al 24-25% della formazione seguente, l’alleanza tra Podemos e Sinistra unita, Unidos Podemos (Uniti possiamo – Up) che ha alterato tutti gli scenari.
A sinistra dello Psoe, Up potrebbe raccogliere più voti di quelli della somma algebrica tra i due partiti di partenza. In alcune regioni, come la Navarra, la confluenza ha incoraggiato travasi molto superiori a quelli previsti.
Ecco servito il “sorpasso“, come è chiamato, in italiano, il superamento da parte di Up del Partito socialista (24-25% su 21%) che non convince più come unica opzione di opposizione al Pp. Up potrebbe così guadagnare ulteriori volti perché chi non vuole più governi popolari – austerità, corruzione, diktat della Troika, occupazione del potere – potrebbe votare Up per le sue maggiori probabilità di vincere.
A tagliare le ali allo Psoe, è stata anche un’altra tattica di Pablo Iglesias, il leader di Podemos, che non ha esitato a definire la sua forza politica “patriottica e plurinazionale” e “il nuovo spazio della socialdemocrazia”.
Alla domanda su come si sentono i suoi alleati della sinistra, tra cui l’ex Partito comunista, Iglesias ha risposto candidamente che Marx ed Engels “erano dei socialdemocratici” e che “essere socialdemocratici nel secolo XXI implica un agire “completamente ridefinito”. Quella di Iglesias non è solo di retorica.
Up (Unidos Podemos), che aspira a diventare “la principale alternativa di governo al Pp” ma non avrà la maggioranza assoluta, dovrà accordarsi con la “vecchia socialdemocrazia”, leggasi Psoe, nonostante per sei mesi l’abbia logorata rifiutandosi di sostenere un governo del leader socialista Pedro Sanchez.
L’altra anomalia spagnola che aiuterà Up nel sorpasso, se si confermerà, è la forte presenza dell’indipendentismo. Molte delle alleanze locali che includono Podemos hanno rassicurato l’elettorato sull’impegno a difendere le spinte regionali in Valencia, Galizia e Paesi Baschi, e la richiesta di un referendum in Catalogna.
“Mi dirigo alla nazione catalana (…) che non vogliamo che se ne vada”, ha detto Iglesias sotto l’Arco del Trionfo a Barcellona, impegnandosi a costruire “una plurinazionalità” nello Stato spagnolo. Né Pp né Ciudadanos né Psoe possono seguire Up su questi ragionamenti, e questo sarà uno dei primi ostacoli anche solo per ipotizzare un governo al risveglio il lunedì 27 giugno.
Iglesias sta facendo di tutto per presentarsi papabile per il governo. Dopo aver detto addirittura che la sua è “la forza politica della legge, dell’ordine e della democrazia”, potrebbe anche mettersi la cravatta, si maligna. Per costringere Sanchez ad appoggiare un suo governo se ci sarà il sorpasso, lo stuzzica tessendo le lodi di José Luis Zapatero, “il miglior presidente della nostra democrazia”.
Quella di Podemos “È una mano tesa allo Psoe senza ipoteche”, ha detto il portavoce per l’economia di Podemos, Nacho Álvarez.
Comunque sia, il gioco delle alleanze è più aperto che mai.
Per due monarchie costituzionale europee, quella del 23 e del 26 giugno sarà una settimana decisiva, e la parola è forse riduttiva. Entrambe hanno diverse caratteristiche in comune, dal sistema territoriale al modello produttivo (un importante peso delle banche), ad Autonomie/Nazioni con grandi specificità culturali.
Podemos ha addirittura spedito un membro della sua direzione a fare campagna a favore del restare nella Ue, pur avendo nella sua alleanza l’ex Pc che è a favore dell’uscita.
L’esito del referendum del Regno Unito avrà in ogni caso un impatto sulle elezioni spagnole, tra l’altro, se spingesse la Scozia a nuove iniziative indipendentiste. Sarà una settimana di passione, non c’è che dire.
@GuiomarParada
Dopo sei mesi senza governo, la Spagna torna alle urne tre giorni dopo Brexit. Monarchia parlamentare come il Regno Unito, politicamente la Spagna presenta, tuttavia, una serie di anomalie rispetto al resto dell’Europa.
Non ha un’estrema destra come Francia, Italia e Germania. Anche qui è in crisi la socialdemocrazia, ma la principale formazione che le ruba voti non è populistica nel modo in cui lo sono altre in Europa e non si tira indietro a dichiararsi di sinistra e addirittura socialdemocratica se serve. Il desiderio di indipendentismo in alcune regioni ha reso gli elettori infedeli: non solo è finito il bipartitismo, ma il loro voto va a un partito o l’altro secondo il tipo di elezione o la questione in ballo.