8 gennaio 2018 – – Le notizie della settimana in Italia
In Italia andiamo ad elezioni.
Elezioni: le coalizioni non decollano
Matteo Renzi conferma di non essere naturalmente incline a coinvolgere, a riunire. Pur con una legge elettorale che spinge le forze politiche a creare coalizioni attorno ad un partito guida, il PD sembra disinteressarsi dei destini dei suoi possibili alleati che, dopo alcuni naufragi, potrebbero essere tre: i centristi orfani di Alfano, lasciati nelle mani dell’intraprendente Ministra della Sanità; un pezzo dei post-socialisti di Nencini e la lista +Europa, guidata dal carisma dell’ex Commissario europeo Emma Bonino.
Tutti e tre questi cespugli (i primi due dati tra l’1 e il 2%, +Europa più saldamente verso il 3) paiono avere dei problemi, dei quali il PD non sembra volersi occupare, come se tenere in piedi una coalizione politicamente sana non sia affar loro. Decisivi i prossimi giorni per capire meglio la strategia elettorale renziana, apparentemente oscillante tra uno strisciante populismo al rimorchio dei 5 Stelle e un confronto interno tra i leader, i cui esiti non sono chiari. +Europa non ha ancora deciso l’apparentamento con il PD, dopo aver imbarcato nel progetto di un’Italia a vocazione europea i cattolici di Centro Democratico, che li rende più consistenti e indipendenti.
Non vanno meglio le cose a destra dove, pur sotto la guida di un Berlusconi che ha sempre costruito i suoi successi sulla compatibilità di forze eterogenee, si preannunciano scintille tra il leader leghista Salvini e i generali del Cavaliere, con la destra di Fratelli d’Italia terza forza e un nugolo di cespuglietti che non supereranno l’1/1,5%, secondo le previsioni più accreditate.
In sostanza, ad oggi, entrambi gli schieramenti non sembrano in grado di superare il 30%… Ma molto deve ancora accadere….
M5S: Di Maio fa le prove da Premier
Il M5S procede con le Parlamentarie on line: si manifestano nuovi candidati e parlamentari uscenti, trapelano indiscrezioni su attori, giornalisti e dirigenti di azienda. Intanto, Luigino Di Maio concede una lunga intervista al Mattino, nella quale parla da Premier, spiegando le priorità del suo futuro governo: alcune misure sono tipiche del neo-statalismo grillino, dal reddito di cittadinanza alla tassazione delle aziende energetiche, dall’impossibilità di licenziare i dipendenti pubblici alla creazione di una improbabile banca pubblica fino addirittura all’imposizione di giorni festivi per negozi e centri commerciali (altro che liberalizzazioni) o alla insostenibile cancellazione della riforma delle pensioni (costerebbe 140 miliardi!). Altre proposte meritano approfondimenti, soprattutto quando accenna alla necessità di una autorevole scuola di formazione per la Pubblica Amministrazione o agli investimenti nei tratti ferroviari secondari. Ma anche il metodo 5 Stelle non sembra garantire candidati di qualità sufficiente a rappresentare validamente i cittadini nelle istituzioni, come dimostrano clamorosamente i casi Roma e Torino (più il primo del secondo, per la verità). Anche per i 5 Stelle i sondaggi li confermano sotto il 30%.
Un giovane su due non voterà
Secondo l’Istituto di ricerca Demòpolis, circa il 50% degli elettori tra i 18 e i 29 anni non intende votare alle politiche del 4 marzo. Non si sentono interpellati né consultati. La parola “giovani” compare solo 4 volte nel manifesto “Italia 2020” del PD e nel programma sul lavoro del M5S, mai nella “Carta dei Valori” della Lega. Pochi cenni ai giovani anche fra le priorità dichiarate con più frequenza da Forza Italia, sul cui sito campeggiano un annuncio sulle pensioni («Pensioni minime a 1000 euro al mese») e contro il disegno di legge dello Ius soli («Una legge sbagliata al momento sbagliato»).
Eppure dovrebbero essere loro i principali destinatari del Paese del futuro, loro i protagonisti stessi della campagna elettorale che ci apprestiamo a vivere. Riformare profondamente il modello di istruzione in Italia non può non essere una priorità, sia nella scuola superiore che nelle Università. Riformare i programmi di insegnamento, rendendoli più vicini al mondo del lavoro, più moderni, meno nozionistici, più adatti a formare le personalità dei nostri ragazzi (sul modello delle migliori scuole anglo-americane), meno noiosi, deve essere parte del programma di un partito che si presenta alle prossime elezioni. Nella misura in cui ciò avverrà, vedremo ridotte queste preoccupanti percentuali di astensionismo giovanile.
La cyber sicurezza minacciata
Apple ammette per la prima volta una preoccupante falla nell’hardware, spiegando che tutti i dispositivi Mac e iOs (dunque iPhone, iPod, iPad, MacBook e iMac) sono a rischio: dopo che il “bug” dei processori è diventato di pubblico dominio, il titolo Intel ha chiuso in Borsa con un calo dell’1,83%, in controtendenza rispetto ai record di Wall Street e all’andamento positivo delle “cugine” Amd e Nvidia.
È noto, infatti, come le piattaforme Apple siano storicamente rimaste abbastanza lontane da problemi legati alla sicurezza informatica. Un po’ per una ragione di software (Apple utilizza sistemi molto chiusi, e quindi meno accessibili rispetto a quelli dei competitori), un po’ per un fatto di mercato (il mondo dei malware è orientato verso sistemi Windows e Android per un fatto di percentuali di diffusione). Stavolta che le vulnerabilità sono legate alla componente hardware, però, anche Apple è finita nel cerchio.
Miliardi di computer e smartphone, dunque, risultano esposti ai cybercriminali.
Intanto Google, che tramite i suoi ricercatori di Project Zero ha scoperto le due vulnerabilità, ha fatto sapere di aver già introdotto i fix in tutti i server che gestiscono la gamma di prodotti e servizi forniti: da Gmail a Chrome a YouTube. Problema mitigato, insomma, e senza cali di performance. Anche alla luce dell’ultima nota diffusa da Intel, l’accorgimento più importante – lato utente – rimane quello di tenere il sistema sempre aggiornato. Oggi più che mai, che siate utenti Apple o Microsoft non importa, il suggerimento è quello di installare al più presto gli aggiornamenti di sistema rilasciati, controllando di operare su quello più recente.
Alla vigilia della campagna elettorale in Italia, non ricomincerei con le ossessioni di influenze esterne sull’esito del voto, sottolineando al contrario come probabilmente molti voti – forse in modo decisivo – saranno spostati da un uso corretto e moderno del web, sugli esempi di Obama e di Macron.