9 luglio 2018 – Le notizie della settimana in Italia
In Italia assistiamo ai provvedimenti del nuovo Governo, di scarso impatto, ci pare…
Dai ‘rimpatri’ a ‘spiagge sicure’. Progetti sempre più micro…
L’ultima progettualità del Ministero dell’Interno si prende cura della villeggiatura degli italiani sotto l’ombrellone e lancia una battaglia contro i venditori abusivi sulle spiagge, proponendosi di utilizzare i soldi sequestrati alla mafia per ingaggiare squadre di poliziotti da spiaggia addetti a sequestrare e confiscare i beni dei venditori abusivi, che turbano le vacanze degli italiani proponendo collanine, frutta fresca, massaggi….
Per i migranti che devono ancora sbarcare, Matteo Salvini ha annunciato lo spostamento di 42 milioni di euro dall’accoglienza degli immigrati al capitolo rimpatri, annunciando anche una ‘azione riorganizzativa’ delle domande di asilo, che prevede la restrizione della quota dei richiedenti che ottengono il permesso di soggiorno per ‘motivi umanitari’, concentrando l’attenzione su quanto avviene in particolare per i flussi provenienti unicamente dalla Libia. La norma sulla protezione umanitaria è stata introdotta nel 1998 e viene concessa inizialmente per due anni e poi rivalutata, anche sulla base della capacità di integrazione. I beneficiari della protezione umanitaria sono individui in precario stato di salute, in maternità, minori, con un vissuto personale tragico. Dunque il Ministro dell’Interno ha deciso di spostare questi 42 milioni di euro su rimpatri, respingimenti, restrizione di quote e aiuti – anche militari – alla Libia, alla quale intendiamo affidare il coordinamento dei soccorsi in mare e il rafforzamento dei centri di detenzione.
Ma, se allarghiamo il punto di vista e ragioniamo sui grandi scenari, forse abbiamo un quadro completamente diverso: l’agenzia Onu per i rifugiati non considera la Libia un porto sicuro di sbarco né un affidabile esecutore di operazioni di salvataggio e segnala l’aumento del numero dei morti nel Mediterraneo: nel 2017, 1 vittima ogni 38 persone che si avventurano in mare; nel 2018, 1 vittima ogni 7.
Anche il Vaticano ragiona in termini globali. Bergoglio puntualizza: «La politica giusta è quella che sa guardare al bene del proprio Paese, tenendo conto anche di quello degli altri Paesi, in un mondo sempre più interconnesso». E mette in guardia contro la ‘cultura dello scarto’.
Il Governo italiano sembra soffrire “una crisi di nervi più che di numeri”, secondo Tito Boeri, aggiungendo che i numeri sono la risposta migliore e non si lasciano intimidire: gli ingressi dei migranti in Europa rappresentano lo 0,07% di tutti i flussi migratori che esistono al mondo, e il numero di stranieri in Italia rappresenta l’8% della popolazione (fondamentale per il sistema pensionistico), mentre i rifugiati ancora meno, 3 ogni mille abitanti.
‘Non c’è crisi migratoria ma crisi politica alle spalle dei migranti’, taglia corto da Bruxelles il capogruppo dell’Alleanza dei Liberali e Democratici per l’Europa, Guy Verhofstadt, che accusa Matteo Salvini di sfruttare i migranti per opportunismo politico.
Quanto impiegherà la pubblica opinione del nostro paese a leggere i numeri (che pubblichiamo nel dettaglio nel numero di eastwest in edicola) e non ascoltare solo pedissequamente le dichiarazioni del Ministro dell’Interno? Non possiamo non usare il cervello al punto da non capire che restringendo progressivamente gli obiettivi delle politiche nazionali, finiremo per occuparci delle riunioni di condominio, ad alto impatto emotivo ma di nessuna efficacia collettiva…
Economia e lavoro: segnali preoccupanti
La politica interna italiana, secondo l’agenzia di rating S&P, è il principale rischio dell’incertezza che pesa sull’Italia e che ha prodotto un taglio delle stime di crescita nel 2018, da 1,5% a 1,3%. L’indice sull’andamento dell’economia dell’Istat conferma la decelerazione. Non si avvistano all’orizzonte le riforme strutturali per sostenere la produttività né la volontà del governo di proseguire nel consolidamento fiscale.
Il ‘decreto dignità’, approvato la prima settimana di luglio, smonta in dodici articoli gran parte della flessibilità nelle regole del lavoro introdotta dal precedente governo. Non credo che l’impatto sarà drammatico, vista la portata limitata dei nuovi provvedimenti, ma il segnale di tendenza è più che preoccupante. Se si proseguirà in questa direzione, sarà impossibile recuperare competitività, rispetto ai nostri competitor.
‘Non siamo contro le imprese’, si sente in dovere di dichiarare il Presidente del Consiglio agli industriali, commercianti, esercenti e artigiani, che considerano il decreto una ‘retromarcia’ che avrà l’effetto di ‘avere meno lavoro, non meno precarietà’. Confindustria è lapidaria: ‘il decreto è un segnale molto negativo per il mondo delle imprese.’ Neanche l’ex presidente del Consiglio Gentiloni ha molti dubbi: ‘non favorisce gli investimenti né il lavoro di qualità. Introduce ostacoli’.
La stretta sui contratti a termine e il ritorno a regole rigide nei contratti di lavoro rischia comunque di creare più contenziosi e maggiori oneri per le imprese grandi e piccole. È significativo che sempre più contratti di finanziamento o di acquisizioni includano la clausola di garanzia contro ‘Italexit’, per garantirsi da un’eventuale e disastrosa uscita dell’Italia dall’Europa.
Anche il contratto che a Torino stanno preparando per Cristiano Ronaldo includerebbe questa clausola…