23 aprile 2018 – Le notizie della settimana dal mondo
Cuba ha un nuovo presidente: comincia l’era post Castro
Questa settimana, a Cuba, Miguel Diaz-Canel è stato eletto presidente del Consiglio di Stato e del Consiglio dei ministri dall’Assemblea Nazionale cubana. Diaz-Canel, il primo capo di Stato cubano dalla Rivoluzione del 1959 che non porta il cognome Castro ed è nato dopo la Rivoluzione stessa, era l’unico candidato ed è stato eletto da 603 dei 604 deputati del parlamento unicamerale dell’Avana presenti. Diaz-Canel ha reso omaggio al suo predecessore, Raul Castro, assicurando che resterà «a capo dell’avanguardia rivoluzionaria e prenderà le principali decisioni per il presente e per il futuro».
I principali temi trattati dal presidente neo eletto, nel suo primo discorso, sono stati: 1) l’attualizzazione del modello economico e sociale di Cuba: Diaz-Canel ha detto che è necessario «perfezionarne l’applicazione e correggerne gli errori, che spesso irritano la popolazione e seminano cinismo ed insoddisfazione», senza entrare nei dettagli; 2) politica estera: il nuovo leader cubano ha assicurato che resterà «inalterabile», in un «contesto internazionale segnato da un ordine mondiale ingiusto», perché «Cuba non fa concessioni: mai cederemo i nostri principi in base a pressioni o minacce. Siamo sempre disposti a dialogare con tutti, a partire dal rispetto, dall’essere trattati come uguali», ha indicato Diaz-Canel, prima di aggiungere che «la Rivoluzione è viva e va avanti», continuando a svilupparsi «senza timori e senza passi indietro».
Ad affiancare Diaz-Canel, come vice presidente, sarà il veterano Salvador Valdes Mesa. Il gruppo di cinque vicepresidenti sarà integrato dallo “storico” Ramiro Valdes; dal ministro della Salute Roberto Morales; dal segretario generale Gladys Bejerano; dal direttore dell’istituto di risorse idrauliche di Cuba, Ines Maria Chapman e dal presidente dell’assemblea provinciale di Santiago de Cuba, Beatriz Johnson. Il consiglio di Stato è composto anche da altri 23 membri e un segretario.
UNIONE EUROPEA – Macron alla Plenaria di Strasburgo: la democrazia europea!
Questa settimana, a Strasburgo, si e svolta la seduta plenaria del parlamento europeo, dove e’ intervenuto anche il presidente francese Emmanuel Macron: «La risposta non è la democrazia autoritaria, ma l’autorità della democrazia», ha detto, sfidando i populisti e gli euroscettici presenti nell’emiciclo e delimitando altresì il campo dello scontro politico che si consumerà da qui alle prossime elezioni europee (primavera 2019). «Non possiamo far finta di essere in un tempo normale, c’è un dubbio sull’Europa che attraversa i nostri Paesi, sta emergendo una sorta di guerra civile europea ma non dobbiamo cedere al fascino dei sistemi illiberali e degli egoismi nazionali».
Per Macron l’unica risposta è sposare ancora la «democrazia liberale» e i suoi valori, rilanciare il progetto europeo «che non è datato, ma certamente fragile». «Appartengo a una generazione – afferma – che non ha conosciuto la guerra, a una generazione che si sta permettendo il lusso di dimenticare: ma io non voglio appartenere a una generazione di sonnambuli che ha dimenticato il proprio passato e non vede i tormenti del proprio presente». Identificato il campo di battaglia, Macron offre le armi per combatterla a chi ancora crede nella democrazia e nell’Europa. Ribalta il concetto di sovranità, cavallo di battaglia di populisti e destra xenofoba, accostandolo all’identità positiva che l’Europa deve saper incarnare nei prossimi mesi. «Dobbiamo combattere per difendere la sovranità europea dalle pulsioni autoritarie di chi ha dimenticato il passato, ci siamo battuti per averla e non dobbiamo cedere».
Cita infine alcuni temi sui quali Bruxelles e i governi devono correre per recuperare la fiducia dei cittadini, per reinventare il concetto di sovranità Ue: 1) sicurezza e difesa; 2) sfida climatica e ai giganti del web; 3) salute alimentare e dimensione sociale. Il tutto restando uniti di fronte alle sfide imposte dalla Russia o dagli Usa sul commercio. Dopo tre ore di dibattito sull’Europa, Macron viene congedato dall’aula con un fragoroso applauso e standing ovation.
Tributo a dire il vero concesso da metà dell’emiciclo. L’altra metà, quella occupata dagli euroscettici, resta in silenzio. Una stoccata arriva anche dal presidente della commissione europea Jean-Claude Juncker: «Non dimentichiamo – dice – che l’Europa non è solo franco-tedesca. Siamo 28, domani 27: serve anche, perché il motore possa funzionare, l’apporto degli altri Stati», che può forse suonare anche come stimolo a quei Paesi assenti, come Italia e Spagna…
@GiuScognamiglio