3 settembre 2018 – Le notizie della settimana dal mondo
Riprendiamo dopo la pausa estiva, riposati ma non sollevati da una situazione globale le cui crisi non sembrano avere nella comunità internazionale il tradizionale ancoraggio. I casi Turchia e Argentina, due paesi che conosco bene, ne sono una testimonianza evidente. Nel caso turco, addirittura, l’irresponsabilità trumpiana stava rischiando di far collassare un paese, già alle prese con le sue difficoltà a ritrovare un equilibrio democratico.
Caos Argentina: una questione di classe dirigente
L’Argentina è sempre più nel caos. La crisi economica e valutaria che ha portato il paese a chiedere aiuto nei mesi scorsi al Fondo Monetario Internazionale non accenna a placarsi. Il peso argentino, da mesi in caduta libera, si è deprezzato ulteriormente, registrando una flessione dell’11% nei confronti del dollaro. Il cambio USD/ARS è arrivato a scambiare a 38 pesos. La banca centrale Argentina, nel tentativo di correre ai ripari, ha ritoccato il costo del denaro di 15 punti percentuali alzandolo fino al 60% e portando il livello dei tassi al più alto al mondo. Solo 20 giorni fa l’istituto argentino si era impegnato a non toccare i tassi fino almeno ad ottobre. Il Presidente Macri, sempre più in difficoltà, ha chiesto al Fondo Monetario Internazionale di accelerare l’invio di finanziamenti previsti nel bailout da 50 miliardi di dollari siglato lo scorso giugno. Christine Lagarde si è detta disponibile a rivedere la tempistica dell’intervento. Ovviamente la crisi finanziaria si riverbera sulla situazione politica e sociale del paese e il clima generale, anche in vista delle elezioni presidenziali del 2019, si sta surriscaldando. Macri, che al momento della sua elezione aveva fissato tra i suoi obiettivi principali la riduzione dell’inflazione, che oggi è invece vicina al 30%, sta perdendo la fiducia degli elettori e dei mercati. Un altro default sembra per ora improbabile, ma la svalutazione galoppante e la recessione preoccupano gli argentini, esausti dopo anni di altalene tra periodi di crescita e improvvisi baratri, che una volta ancora li hanno portati a un passo dal precipizio. Questo paese sconta anche una inadeguatezza strutturale della sua classe dirigente, culturalmente poco incline alla tutela della cosa pubblica, depauperata dal drastico impoverimento della classe media.
UNIONE EUROPEA – Brexit: la deriva continua anche nello spazio…
Dopo l’uscita dall’Unione Europea, la Gran Bretagna rischia di essere esclusa, per questioni di sicurezza, da Galileo, il programma di navigazione satellitare europeo destinato a superare il GPS americano, in un campo che negli ultimi anni ha offerto nuove opportunità strategiche ed economiche. Galileo, che sarà a regime nel 2020, fornirà informazioni accurate su posizione, navigazione e tempistiche ai cittadini, alle industrie e ovviamente anche ai governi. Londra che è stata già esclusa da alcuni decisioni importanti, perché come “stato straniero” non può accedere alle informazioni sensibili riguardanti la sicurezza, promette battaglia.
Theresa May si dice pronta a investire 92 milioni di sterline per sviluppare il proprio costoso “sistema sovrano”, sfruttando le tecnologie britanniche già messe a punto per il programma europeo e il grande numero di esperti inglesi che negli ultimi anni si sono dedicati al progetto. Bruscolini, se si considera che creare un sistema di posizionamento satellitare ex novo costerebbe una cifra tra i 3 e i 5 miliardi di sterline. Il Regno Unito, che ha contribuito al budget del progetto per circa il 12% , ha dichiarato che tenterà di recuperare i soldi già versati, sebbene nell’ultimo annuncio non vi fosse alcun riferimento a minacce legali, una chiara indicazione che la Gran Bretagna preferirebbe risolvere la controversia amichevolmente e rientrare nel progetto. Nello spazio, da soli non si va lontano.
@GiuScognamiglio